Roberto Capezzuolil, ཿIl Sole-24 Ore 12/5/2009;, 12 maggio 2009
RINCARI IN VISTA PER IL CAFF AL BAR
«L’esperienza suggerisce che in situazioni di recessione – dice Sanjay Seth, capo del Dubai Trading Center – la gente a casa beve più tè per calmarsi i nervi». L’andamento dei prezzi sembra dargli ragione. Anzi, se si guarda al mercato italiano, l’affermazione è da estendere al caffè, poco adatto forse a rilassarsi, ma utile per tenere i riflessi pronti a ogni esigenza.
In Medio Oriente la domanda di tè è segnalata in continua crescita, nonostante i ribassi del petrolio abbiano alleggerito le finanze di tutta l’area. E nemmeno in Gran Bretagna, India e Pakistan, grandi consumatori, si assiste a un rallentamento, benchè i prezzi a Mombasa, uno dei principali centri d’asta mondiali, siano saliti del 34,9% da inizio anno. Nemmeno il contemporaneo rincaro dello zucchero ha frenato la richiesta degli estimatori nei giardini di Kenia, Sri Lanka, India o Cina.
Nel caso del caffè invece qualche riflesso sulla domanda si comincia ad avvertire, a livello internazionale. I rincari hanno colpito in particolare le varietà più pregiate, perché in Colombia il clima avverso e il rinnovamento delle piante di caffè (quelle giovani inizieranno a produrre tra due o tre anni) hanno nettamente ridimensionato la disponibilità. Bogotà è il terzo esportatore mondiale dopo il Brasile e il Vietnam, ma è l’origine di una qualità eccellente, capofila dei cosiddetti "arabica lavati", che sono proprio la varietà scambiata sul mercato a termine di New York.
Anche in Italia il rincaro si avverte, pur se la Fipe (pubblici esercizi) sta contenendo i prezzi della tazzina. Una correzione dei listini di vendita ai bar e alle famiglie, nel caso di miscele di alta qualità, sarà difficile da evitare. A soffrirne forse saranno soprattutto i piccoli torrefattori, che al costo maggiore vedono accompagnarsi la rarefazione dei clienti nei bar, cioè nel loro sbocco naturale.
Se la grande catena di caffetterie Starbucks ha da poco annunciato la chiusura di un migliaio di coffee shop in giro per il mondo, in Italia si assiste a un rallentamento del giro d’affari di molti esercizi pubblici, mentre i consumi in famiglia sono ancora sostenuti. Tutto il sistema- caffè in Italia sembra sottoposto a una sorta di stress test: a parte le chiusure di bar storici, come il romano Euclide, ai Parioli, si registra una minor crescita delle esportazioni di caffè tostato: nel 2008 le vendite all’estero hanno superato 101,6 milioni di kg, per un valore di quasi 594 milioni di euro, mentre l’anno prima i numeri erano di 98,45 milioni di kg e di 554 milioni di euro. Ma la crescita a due cifre percentuali degli anni precedenti è solo un ricordo.
Per Andrea Illy c’è il rischio di una esplosione dei prezzi. A gettare acqua sul fuoco è Mario Cerutti, direttore della Supply chain di Lavazza, la società che si avvia a chiudere i conti 2008 con un fatturato di circa 1,125 miliardi e con un volume di caffè verde trasformato per 2,2 milioni di sacchi da 60 kg. Il rincaro è di natura tecnica, nota Cerutti, e riflette il problema colombiano, che si è poi riversato sulle qualità simili centroamericane. Ma l’ultimo raccolto record in Brasile (52-55 milioni di sacchi) e la prossima produzione, sempre dal Brasile, di 40-42 milioni, costituiscono una sicurezza dal punto di vista dei rifornimenti. Chi usa caffè di buona qualità quindi lo pagherà di più, ma non dovrà temere una vera situazione di carenza.