Moisés Naím, ཿIl Sole-24 Ore 12/5/2009;, 12 maggio 2009
SESSO, CLOONEY O BERLUSCONI
Nicholas Kristoff, editorialista del The New York Times, ha intitolato uno dei suoi articoli «In viaggio con George Clooney» promettendo di rivelare aneddoti piccanti sulle avventure romantiche dell’attore hollywoodiano durante un viaggio che i due hanno fatto insieme. Nel corso dell’articolo, Kristoff rivelava di essere stato in Darfur con Clooney, per spiegare nelle ultime righe che non c’era più spazio per raccontare aneddoti sull’attore. Confessò anzi che si era trattato di un trucco: se avesse rivelato sin dall’inizio che l’articolo parlava del Darfur,l’avrebbero letto in pochi. Nominare Clooney nel titolo è stato l’espediente utilizzato da Kristoff per attirare migliaia di lettori che altrimenti non sarebbero mai venuti a conoscenza dello sterminio dei bambini durante un conflitto terribile che a tutt’oggi è durato più della Seconda Guerra mondiale. Questa volta ho deciso di usare lo stesso espediente di Kristoff. Quest’articolo non parla né di sesso, né di Silvio Berlusconi, né di George Clooney. Riguarda il Pakistan. «Non sappiamo come fare per sensibilizzare l’opinione pubblica europea e ricorda che questo problema riguarda tanto l’Europa quanto gli Stati Uniti», mi ha rivelato un alto funzionario del governo statunitense che si occupa della faccenda e che, per ovvi motivi,desidera restare nell’anonimato.
«Se il Pakistan resterà preda di una guerra civile lunga e sovversiva, tale violenza si diffonderà in Europa ancor prima che da noi. La violenza originata in Pakistan ha già mietuto molte più vittime nelle città europee che da noi. E questo è solo l’inizio», ha aggiunto. «Adesso però l’emergenza,il vero problema nonè l’apatia europea; l’emergenza è il Pakistan. Tutte le possibili conseguenze sono a dir poco spaventose », ha concluso.
Occorre ricordare di cosa si sta parlando. Il Pakistan è un paese grande quanto la Francia e l’Inghilterra messe insieme. Con i suoi 170 milioni di abitanti è il sesto paese più popolato del mondo e dopo l’Indonesia è la nazione in cui vive il maggior numero di musulmani. Inoltre, le forze armate sono composte da quasi un milione di soldati che rendono il Pakistan la settima potenza militare del mondo. E ovviamente, possiede la bomba atomica. Fin qui, nulla di nuovo. La novità è che da qualche settimana il Pakistan dispone - a un centinaio di chilometri dalla capitale - di un esercito di talebani decisi a rovesciare il governo, a impadronirsi del potere e a imporre un regime come quello che soggiogò l’Afghanistan fino al 2001. Solo che in questo caso i talebani diventerebbero una potenza nucleare. Interessante, vero? La buona notizia è che i talebani non sconfiggeranno l’esercito pachistano. La cattiva è che nemmeno l’esercito pachistano riuscirà a sconfiggere i talebani. Il Pakistan sta per avviarsi verso un lungo periodo di insurrezioni armate, atti terroristicie maggiore instabilità di quanto abbia conosciuto finora. Tutti fattori che andranno a indebolire più ulteriormente le sue già fra-gili istituzioni, la sua economia e ad alimentare lo stato di povertà che affligge il paese.
Che fare? La prima cosa è riconoscere che i problemi del Pakistan possono risolverli soltanto i pachistani. Ma dopo aver riconosciuto questo, occorre anche ammettere che i pachistani non hanno saputo gestire la cosa: l’instabilità politica, i conflitti sociali, etnici e religiosi sono aumentati. Dopo un periodo di boom economico, ora il paese è in bancarotta e la povertà dilaga. Come se non bastasse, c’è il problema dei militari.
Si dice che mentre i paesi normali possiedono un esercito, in Pakistan è l’esercito a possedere il paese. I militari sono l’istituzione più potente del Pakistan e anche quella più avida dal punto di vista economico. Finora i militari pachistani erano più interessati alla politica e agli affari che alla guerra. I militari controllano una fetta consistente dell’economia,principalmente a vantaggio dei propri leader. Solo recentemente e dopo le forti pressioni dell’amministrazione Obama, i generali pachistani hanno deciso di abbandonare la propria reticenza nel combattere i talebani. Ma i soldati sono veramente motivati a farlo? Sapranno come fare? Questi soldati sono stati addestrati e preparati per combattere eserciti stranieri, non per mettersi contro i civili sovversivi che si confondono con la popolazione civile. per questo che gli ultimi attacchi hanno indotto centinaia di migliaia di civili a fuggire. Queste persone si vanno a sommare all’esplosiva situazione politica alimentata dalla furia di milioni di pachistani che incolpano i politici e i militari del caos dilagante.
L’aggravarsi dell’instabilità pachistana è solo all’inizio. Speriamo che in futuro non si ricorra a certi espedienti per leggere ancora delle sue conseguenze .