Alberto Negri, ཿIl Sole-24 Ore 12/5/2009;, 12 maggio 2009
PRIMO SEGNO CONCRETO DI UN DISGELO POSSIBILE - U
scire in pochi mesi dal pesante cancello d’acciaio dell’Hotel Evin,dopo essere già stati condannati a otto anni, non è un’impresa facile. Le porte di Evin si richiudono inesorabilmente per molto meno. Nel 2003 la giornalista iraniano-canadese Zhara Kazemi venne arrestata e bastonata a morte soltanto perché aveva scattato una foto del carcere di Teheran. La vicenda di Roxana Saberi,giornalista americana ma con origini persiane, quindi è in qualche modo eccezionale. Ridotta al minimo la pena per aver esercitato la professione senza permesso, è stata liberata in appello con una sentenza che definisce gli Stati Uniti «Paese non ostile». Lo stesso Ahmadinejad è intervenuto sulla magistratura in seguito alle richieste di revisione del processo avanzate dal segretario di Stato Hillary Clinton: questo è, se vogliamo, il primo segnale concreto di un possibile negoziato tra Stati Uniti e Iran dopo l’ascesaalla Casa Bianca di Obama e l’apertura al dialogo con la Repubblica islamica.
L’abilità diplomatica degli Stati Uniti, rappresentati in Iran dall’ambasciata svizzera in quanto le relazioni sono interrotte dal ’79,è stata rimarchevole:non hanno chiesto bruscamente il rilascio della giornalista, nata nel Nord Dakota, ma un nuovo processo. Hanno dunque riconosciuto che la Saberi è anche cittadina iraniana, con un passaporto della Repubblica islamica - solitamente rilasciato a tutti coloro con almeno il padre persiano- insistendo sugli aspetti legali del caso, condotto violando alcune regole del codice locale. In un certo senso questo processo è stato una sorta di prova generale di come potrebbe essere avviato un negoziato politico che riconosca reciprocamente, anche se con qualche inevitabile ipocrisia, le esigenze americane e quelle iraniane. Per Teheran la Saberi è iranianaa tutti gli effetti e l’Iran avrebbe potuto respingere le richieste Usa come un’«ingerenza negli affari interni», la formula di rito in casi come questi.
Si è invece verificato un altro evento unico da quando nel ’79, dopo la rivoluzione di Khomeini, ci fu l’occupazione dell’ambasciata Usa e il sequestro degli ostaggi.
In primo grado la giornalista era stata ritenuta colpevole,in sostanza, di spionaggio a favore degli Stati Uniti,reato per il quale si finisce al tribunale dei pasdaran. In appello la Saberi, secondo il suo avvocato, è stata condannata genericamente per la diffusione di informazioni «atte a minacciare la sicurezza», in quanto gli Stati Uniti «non sono riconosciuti come uno Stato ostile ».
Roxana, tornata da Evin in auto con i genitori, ieri avrà sicuramente sollevato lo sguardo ai palazzi affacciati su Vali Asr, la strada che taglia per 15 chilometri da Nord a Sud tutta Teheran, dove su molti edifici campeggia a caratteri cubitali la scritta Marg bar Amrika, Morte all’America.Insieme alla liberazione, quella di appartenere a un Paese che non è più considerato ostile deve esserle apparso un’altra piacevole e inattesa sorpresa.Ma forse soltanto dopo le presidenziali in Iran capiremo se il " caso Saberi" entrerà nella storia come una svolta o resterà un episodio relegato in un voluminoso faldone negli archivi della magistratura islamica.