Riccardo Sorrentino, ཿIl Sole-24 Ore 12/5/2009;, 12 maggio 2009
LETTONIA, SVANISCE UN TERZO DEL PIL
Lo ricordate, vero? Solo qualche mese fa la Lettonia era una delle tante Tigri che popolava l’economia mondiale, la sua economia cresceva a ritmi superiori al 10% ed era riuscita in pochi anni, dopo il crollo dell’Urss, a triplicare il suo Prodotto interno lordo.
Oggi la recessione globale si è trasformata, a Riga, in una catastrofe: il Pil si è contratto nel primo trimestre 2009 del 18% rispetto a marzo 2008 ( e del 28,7% nel confronto, molto volatile in Lettonia, con il trimestre precedente). La produzione manifatturiera è scesa del 22%, le vendite al dettaglio del 25.
«La situazione economica è molto seria», ha detto il primo ministro Valdis Dombrovskis confermando l’impegno a contenere le spese pubbliche, ma anche a difendere quel cambio fisso del lat che si è rivelato costosissimo, come fu quello dell’Argentina anni fa. Chi poi non ha, come invece i politici, l’obbligo di mantenere toni tranquilli, è brusco: «L’economia della Lettonia - ha aggiunto l’economista Ralf Weigert della Ihs Global Insight - sta affrontando una recessione comparabile, per la sua durezza, solo a quella sperimentata dopo la caduta del sistema di pianificazione centrale dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica del ’91».
Ora comincerà quello che gli americani chiameranno il blame game. « colpa dei mercati, di quelli finanziari in particolare, che hanno spinto i lettoni ad acquisire la mentalità del "compra oggi, paga quando puoi"», diranno alcuni. «No, è colpa delle scelte politiche: i deficit fiscali, il cambio fisso mal gestito, gli aumenti dei salari pubblici», risponderanno i difensori del laissez faire. E le polemiche torneranno indietro nella storia: « l’esito della shock therapy che, nei paesi ex comunisti, ha introdotto bruscamente i mercati senza le istituzioni adeguate a governarli». «No, se avessimo perso tempo, gli avversari delle riforme avrebbero bloccato tutto, e oggi la situazione sarebbe anche peggiore».
Si continuerà all’infinito, o almeno fino a quando la retorica e l’ideologia avranno la meglio sull’analisi della realtà. Nessuno però dica che la crisi non era prevista. L’economia della Lettonia-come quella dell’Estonia, della Lituania- aveva,in modo evidente,i piedi d’argilla: troppe le importazioni, eccessivi i mutui contratti in corone svedesi, debole la gestione del cambio fisso, scollegati dalla produttività gli aumenti salariali, elevato il deficit pubblico.Tutti sapevano, e ciascuno - privato o "pubblico" - ha sperato che una mano miracolosa salvasse il paese. Non è andata così.