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 2009  maggio 12 Martedì calendario

LETTONIA, SVANISCE UN TERZO DEL PIL

Lo ricordate, vero? Solo qualche mese fa la Lettonia era una delle tante Tigri che popolava l’economia mondiale, la sua economia cresceva a ritmi superiori al 10% ed era riuscita in pochi anni, dopo il crollo dell’Urss, a triplicare il suo Prodotto interno lordo.
Oggi la recessione globale si è trasformata, a Riga, in una catastrofe: il Pil si è contratto nel primo trimestre 2009 del 18% rispetto a marzo 2008 ( e del 28,7% nel confronto, molto volatile in Lettonia, con il trimestre precedente). La produzione manifatturiera è scesa del 22%, le vendite al dettaglio del 25.
«La situazione economica è molto seria», ha detto il primo ministro Valdis Dombrovskis confermando l’impegno a contenere le spese pubbliche, ma anche a difendere quel cambio fisso del lat che si è rivelato costosissimo, come fu quello dell’Argentina anni fa. Chi poi non ha, come invece i politici, l’obbligo di mantenere toni tranquilli, è brusco: «L’economia della Lettonia - ha aggiunto l’economista Ralf Weigert della Ihs Global Insight - sta affrontando una recessione comparabile, per la sua durezza, solo a quella sperimentata dopo la caduta del sistema di pianificazione centrale dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica del ’91».
Ora comincerà quello che gli americani chiameranno il blame game. « colpa dei mercati, di quelli finanziari in particolare, che hanno spinto i lettoni ad acquisire la mentalità del "compra oggi, paga quando puoi"», diranno alcuni. «No, è colpa delle scelte politiche: i deficit fiscali, il cambio fisso mal gestito, gli aumenti dei salari pubblici», risponderanno i difensori del laissez faire. E le polemiche torneranno indietro nella storia: « l’esito della shock therapy che, nei paesi ex comunisti, ha introdotto bruscamente i mercati senza le istituzioni adeguate a governarli». «No, se avessimo perso tempo, gli avversari delle riforme avrebbero bloccato tutto, e oggi la situazione sarebbe anche peggiore».
Si continuerà all’infinito, o almeno fino a quando la retorica e l’ideologia avranno la meglio sull’analisi della realtà. Nessuno però dica che la crisi non era prevista. L’economia della Lettonia-come quella dell’Estonia, della Lituania- aveva,in modo evidente,i piedi d’argilla: troppe le importazioni, eccessivi i mutui contratti in corone svedesi, debole la gestione del cambio fisso, scollegati dalla produttività gli aumenti salariali, elevato il deficit pubblico.Tutti sapevano, e ciascuno - privato o "pubblico" - ha sperato che una mano miracolosa salvasse il paese. Non è andata così.