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 2009  maggio 12 Martedì calendario

BOND, RESTANO DUE BANCHE - A

distanza di quasi due mesi dalla raffica di annunci sull’emissione di una decina di miliardi di Tremonti bond da parte delle prime cinque banche italiane, al solo scopo di rafforzare la base patrimoniale a vantaggio del credito concesso alle piccole e medie imprese e alle famiglie che hanno contratto mutui, di queste speciali obbligazioni sottoscritte dal ministero dell’Economia non se ne vede traccia. Due finora le banche che hanno fatto seguire i fatti alle parole e hanno formalizzato la richiesta al Mef: Banco Popolare e Monte dei Paschi di Siena. Solo la prima però ha ottenuto l’ok del Mef per 1,45 miliardi richiesti lo scorso 26 marzo e se tutto andrà bene (decreto di copertura alla firma) saranno questi i primi Tremonti bond a vedere la luce, al massimo entro il 26 maggio.
Che l’Italia stia procedendo con il contagocce nel rafforzamento del capitale di vigilanza delle banche a carico dei contribuenti (si veda il Sole 24 Ore del 10 maggio sulla solidità del sistema) è un lusso di questi tempi. La lentezza dell’operazione, rispetto agli interventi- lampo realizzati nel resto dell’Europa e negli Usa, trova una prima spiegazione nel fatto che le banche italiane hanno sofferto poco o nulla per l’epidemia da titoli tossici e per la crisi di liquidità e non sono minate dallo scoppio di bolle speculative immobiliari. I tempi lunghi tuttavia dipendono anche dal metodo scelto dal Mef: invece di imporre dall’alto le ricapitalizzazioni con procedure standardizzate, come ha fatto la Francia, il Tesoro procede caso per caso, con operazioni intagliate su misura e a richiesta delle singole banche.
Questo spiega perché Intesa Sanpaolo, il cui comitato di gestione ha deciso lo scorso 20 marzo di avviare la procedura per l’emissione di 4 miliardi di questi speciali strumenti ibridi di patrimonializzazione, stia ancora riflettendo e negoziando i dettagli, soprattutto per quanto riguarda le modalità di allentamento del credito alle Pmi. La Banca popolare di Milano, contattata dal Sole 24 Ore, non ha voluto confermare né smentire la formalizzazione della sua richiesta per 500 milioni: i recenti cambiamenti al vertice hanno sicuramente rallentato un processo che però non dovrebbe comunque registrare deviazioni. Anche il caso del gruppo Unicredit fa storia a parte: avendo la possibilità di attingere al sostegno di denaro pubblico tanto in Italia quanto in Austria, sta valutando la convenienza delle due operazioni fino a 4 miliardi complessivi che dovrebbero aumentare il capitale di vigilanza Core Tier1 dal 6,5 al 7,2 per cento. In Austria, per esempio, questi speciali strumenti di capitale hanno una cedola pari al 9,3% per i primi cinque anni (più alta dell’8,5% dei primi quattro anni in Italia) per poi salire fino a un massimo di Euribor + 10%: nel caso in cui l’emissione venisse sottoscritta per almeno il 30% da investitori terzi, il costo iniziale scenderebbe all’8% (una facoltà simile è concessa anche dal Mef).
Per le Pmi e le famiglie che sperano da marzo di trarre beneficio dai Tremonti bond, la sala di attesa resta affollata: servono tra i 45 e i 60 giorni a partire dall’autorizzazione formale di Mef e Banca d’Italia. Fors’anche per questo tutte le banche che hanno annunciato il ricorso a questi strumenti ibridi stanno ora anticipando agevolazioni per imprese e famiglie colpite più duramente dalla crisi. Le misure sono a macchia di leopardo. Ma un fatto è certo: solo chi andrà in cassa integrazione o perderà il posto di lavoro dopo l’emissione dei singoli Tremonti bond sarà certo, per un automatismo, di ottenere la sospensione della rata del mutuo residenziale per almeno 12 mesi.