Varie, 11 maggio 2009
RONDELLI Bobo
RONDELLI Bobo (Roberto) Livorno 18 marzo 1963. Cantautore • « il principe delle case del popolo, il re delle sagre, il pirata dei circoli anarchici. il gatto selvatico della notte, l’eroe popolare di una città. Bobo Rondelli, L’uomo che aveva picchiato la testa, come lo chiama Paolo Virzì nel bel film documentario che a lui ha dedicato. Ritratto di un cantautore anomalo, poeta dei perdenti, sbeffeggiatore dei potenti. [...] ”Un solitario dal carattere infame e il carisma istintivo. Una calamita per occhi e orecchie – lo definisce Virzì ”. Subito adorato da tutti per quella sua malinconica spavalderia, la vocazione alla sconfitta, la voglia di andare sempre in c... a tutti, soprattutto a quelli del ’palazzo’. Insomma Bobo riassume tutti i tratti antropologici dei livornesi: orgogliosi, irriverenti, fierissimi della loro identità, con un attaccamento per la loro città un po’ folle, che li fa guardare con commiserazione a gli ”altri’, a quelli che abitano a Parigi o New York”. ”Bobo è un global-local”, lo definisce David Riondino, amico di Rondelli come il jazzista Stefano Bollani, come Nada... [...] ”Lui è il cantastorie che potrebbe conquistare il mondo solo se volesse”, prosegue Virzì. Un nuovo De André? ”De André era più sofisticato, meno ironico. Il tono di Bobo, fortemente tragicomico, mi fa più pensare a Tom Waits, Ce entano, Jannacci... O anche, per tratti poetici disperati, a Piero Ciampi. Un altro livornese eccessivo e geniale. L’idolo di Bobo insieme con Gianmaria Testa”. A dichiarare subito il suo grano di follia, la scelta del nome del gruppo di Rondelli, Ottavo Padiglione, come il reparto psichiatrico dell’ospedale di Livorno. Titolo dell’album che li fa conoscere: Ho picchiato la testa. Un buon successo, Bobo sembrava pronto a sfondare. Perché non sia successo resta un mistero che, azzarda Virzì, forse si può spiegare proprio con quel non voler staccarsi dalle origini, da una tribù di cui ti senti il paladino. Un accartocciarsi su di sé qua si a voler snobbare una fama e un consenso più estesi. [...]» (Giuseppina Manin, ”Corriere della Sera” 11/5/2009).