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 2009  maggio 11 Lunedì calendario

LA CARTE SEGRETA DI STRONACH L’ANTI-MARCHIONNE DI MAGNA


Nato in Europa da una famiglia senza grandi mezzi economici, emigrato giovanissimo in Canada, ambizioso e tenace, guida un colosso internazionale del settore auto e vuole approfittare della crisi per rafforzare il potere del suo gruppo.
Di chi si tratta? Sembrano i tratti biografici di Sergio Marchionne, ma in realtà si riferiscono al più temuto avversario dell’amministratore delegato della Fiat: Frank Stronach, 76 anni, fondatore di Magna. Magna International e la terza società mondiale di componentistica auto dopo Denso e Bosch, e ha presentato una proposta sulla Opel in alternativa a quella di Torino e finanziata anche con capitali russi.
"Gli uomini politici tedeschi", ha spiegato Stronach in una intervista al quotidiano canadese Globe and Mail, "sapendo che siamo tra i maggiori fornitori dell’industria dell’auto e che costruiamo già molte vetture, sono interessatissimi alla nostra offerta". Di sicuro ci sono molti in Germania, tra sindacalisti, politici e soprattutto imprenditori di case concorrenti, che considerano la Magna meno pericolosa della Fiat.
Da Oberwaltersdorf, una cittadina austriaca dove è tornato da tempo e dove ha messo il suo quartiere generale europeo, Stronach cerca di far leva su queste paure servendosi di connection ad alti livelli, a cominciare dall’excancelliere Gerahrd Schroeder, e lanciando messaggi tranquillizzanti sulle prospettive occupazionali. Ma è sul serio un rivale credibile per la Fiat di Marchionne?
Anche se la Magna ha 84mila dipendenti, 240 centri di produzione in 24 paesi del mondo, 26 miliardi di dollari di fatturato nel 2007, non è conosciuta dal largo pubblico. La ragione? Non vende nulla con il proprio marchio, ma si limita a fornire alle case automobilistiche, a cominciare da quelle di Detroit, ma anche a Volkswagen, Bmv e Toyota, molti "pezzi" – piccoli e grandi, elementari e sofisticati – che servono per la costruzione di una vettura.
Attraverso la sua succursale europea, Magna Steyr, si occupa anche di assemblare 200mila auto all’anno per conto terzi. E’ dai suoi impianti, ad esempio, che escono le Jeep Grand Cherokee e i minivan Voyager che la Chrysler vende sul mercato europeo. Sempre da lì vengono spedite ai concessionari le Suv X3 della Bmw e il gruppo ha già contratti per montare le Porsche Boxster e Cayman.
Stronach ha costruito questa immensa realtà industriale cominciando quasi dal nulla e aiutato dalla tendenza delle case automobilistiche a concentrarsi sulla progettazione e sul marketing dei loro modelli, affidando invece a terzi fasi importanti della produzione in modo da ridurre i costi e la pressione sindacale.
Nato nel 1932 a Kleinsemmering, in Austria, da una famiglia umile, Stronach è emigrato nel 1954 vivendo prima a Montreal poi nello stato nell’Ontario. Lì due anni dopo ha avviato la prima società, Multimatic, che poi ha fuso con la Magna prendendone il nome. E ha allargato, senza mai darsi pace, le produzioni di componenti auto, il numero di stabilimenti e i contratti con le maggiori case, combattendo una battaglia frontale contro i sindacati che ha sempre estromesso dalle sue fabbriche.
Adesso Stronach ha una certa età, coltiva la sua vecchia passione per il calcio e, almeno formalmente, non ha un ruolo istituzionale nella Magna International, che è quotata in Borsa, ha sede a Aurora, nell’Ontario, ed è affidata con il ruolo di cochief executive a Siegfried Wolf e a Donald Walker, l’exmarito di sua figlia Belinda. Ma a dispetto di questi assetti Stronach continua a controllare il gruppo attraverso una serie di trust e a ispirarne le mosse strategiche. E’ stato lui, ad esempio, a tentare l’acquisizione della Aston Martin (poi finita a un consorzio britannico), sempre lui a fare delle avances nel 2007 per la Chrysler (rilevata poi da Cerberus Capital). E adesso punta alla Opel, offrendo al governo tedesco di entrare nel capitale della consociata europea della Gm.
Ma il piano di Stronach per l’Opel presenta molte incognite. Innanzitutto non è chiaro come il ruolo della Magna nell’appaltare produzioni per le case automobilistiche e spesso nell’assemblare le loro vetture possa conciliarsi con una concorrenza diretta sul mercato. Come è possibile – si chiedono molti analisti, come Peter Sklar della Bmo Capital Markets – che continui a sfornare le Jeep della ChryslerFiat e a rimanerne il maggiore fornitore mondiale, se impedirà a Marchionne di costruire il suo "polo"?
C’è poi l’aspetto inquietante della partecipazione russa. Nella cordata della Magna per la Opel dovrebbero entrare la Gaz, seconda società autombolistica russa, controllata dell’oligarca dell’alluminio Oleg Deripaska, e la finanziaria Oao Sberbank di proprietà del governo di Mosca. Ma su Deripaska ci sono sospetti di connivenze con la malavita organizzata, tanto che il dipartimento di Stato gli ha sospeso il visto di ingresso per gli Stati Uniti.
Per superare questi problemi di immagine e sbarrare la strada alla Fiat, Stronach fa leva sui suoi rapporti ad alto livello con il mondo politico. L’imprenditore austrocanadese ha sempre avuto il pallino della politica: nel 1988 si è candidato lui stesso per il Parlamento in Canada nelle file del partito liberale (ma è stato sconfitto) e ha poi appoggiato l’elezione della figlia Belinda (l’altro figlio, Andrew, si occupa invece di golf e cavalli da corsa). Stronach ha anche forti legami con la politica europea: l’exministro delle finanze di Vienna KarlHeinz Grasser ha lavorato per la Magna e lo stesso Schroeder, il predecessore di Angela Merkel diventato uomo d’affari e paladino dei rapporti con Mosca, è molto attivo in questi giorni nel sostenere l’offensiva Opel della Magna.