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 2009  maggio 14 Giovedì calendario

EDMONDO BERSELLI PER L’ESPRESSO 14 MAGGIO 2009

Super Silvio show Ci mancava il divorzio del Capo nel circo di Berluscolandia. Il clou di quello che è diventato il reality più amato dagli italiani. Che ha per protagonista assoluto il premier. E come spettatori un intero paese

Finisce, se poi finisce davvero, la storia estrema del berlusconismo punto 1: il computer italiano si resetta, e il nuovo codice di Matrix, opportunamente ’reloaded’, proietta sulla Penisola un nuovo pirotecnico game show patrimoniale. Cioè il "sultanato", "la peggiore delle corti", come illustra nell’ultimo libro Giovanni Sartori, il politologo che dal canto suo si sarebbe accontentato di scorticare l’homo videns, cioè il golem sociale creato da Berlusconi. E una sorta di nuovo ’Truman Show’ per la vittima designata, Veronica Lario, messa al centro di un reality lapidatorio. Platee immense e irriflesse per una Weltanschauung televisiva fatta di curve e Wonderbra, cioè più prosaicamente tette e culi, come ebbe a riscontrare nel 1994 lo scrittore cattolico Vittorio Messori a proposito delle reti Fininvest,’per cui Dio non è neanche un’ipotesi’.
Dietro questo epos scatenatosi nella politica e nella società post-italiana, c’è una narrazione totale, un’opera mondo che non è diventata romanzo autentico, rispecchiamento totale e ottocentesco di un’epoca, perché esisteva bensì il protagonista, figurarsi, addirittura il deus ex machina, ma non il narratore. C’era il balzacchismo, ma non c’è Balzac. I ’Demoni’ senza Dostoëvskij. Proust senza madeleine e le nevi d’antan. E da anni nemmeno l’anarchismo borghese di Indro Montanelli, cronista ed esorcista di Sua Emittenza.
Il circo di Berluscolandia ha frullato dentro di sé ogni lembo di pelle della creati vità secolarizzata; e magari la sorpresa è che la Cei se ne sia accorta con quindici anni di ritardo, dopo le mille evoluzioni del pensiero "mettiamolo alla prova", fra i progettini culturali di Camillo Ruini e gli interessi di una gerarchia a storia azzerata, piena di unzione per l’Unto, e convinta di trarne benefici, sui soldi, sulle scuole cattoliche, addirittura sull’"etica" e i "valori". Adesso ’Avvenire’ reclama sobrietà, cioè più o meno chiudere gli studi tv a vacche scappate. E il Cavaliere si preoccupa delle ricadute elettorali, perché un divorzio molto d’autore, spettacolare e mediatico, potrebbe scalfire il fantastico 75 per cento di popolarità, "tre italiani su quattro che mi approvano", e si identificano con la sua italianità al cubo.
’Non perderò il voto dei cattolici alle europee’, giura a dispetto di tremolanti sondaggi laici e malumori vaticani, e per questo deve trascinare "la signora" in una pochade disordinata, in uno scambio di slealtà politiche e morali, dentro una macchinazione ordita da ’la Repubblica’, e via alla caccia al "sobillatore", nonché dalla stampa di sinistra che non regge il suo trionfo travolgente. Lei, l’unicum Veronica, era emersa splendente 15 anni fa nella notte della reggia di Caserta, allorché Silvio ammicca alla luna, e a Bill e a Hillary Clinton, "attenzione che qui si aumenta la prole": la steineriana, la pacifista, la pannelliana, l’irenica, l’appenninica, la ragazza di sinistra, l’epicentro new age di un circuito femminile molto attento al ’genere’ e ai suoi riti culturali, poteva soltanto inorridire davanti alla volgarità del piccoletto superdotato al meeting in formato ’world’ (naturalmente non era ancora nato il Sarkoberlusconismo, con gli amori da Eliseo fra il leader francese e la diva Carlà, e un circuito erotico mondano assai più chic delle feste sarde, finti vulcani rinascimentali compresi).
D’altronde, era prevedibile che un tipo con l’energia mentale di Berlusconi fosse chiamato a squinternare un intero mondo. La ’robba’ alle spalle, gli affari al sicuro a dispetto delle vecchie irrisioni di D’Alema, il tutor Confalonieri a presidiare il trust, e il Parlamento a tutelare il conflitto d’interessi. Davanti a sé una politica da inventare giorno per giorno, prima con i professori d’area, come i Pera, i Melograni, e poi con l’invenzione quotidiana e siderale, il cortocircuito postfascista, lo scoperchiamento del vaso di Pandora dell’anticomunismo, a comunismo liquidato, il meno tasse per tutti, il tremontismo, il brunettismo, i "socialisti di Forza Italia", il predellino in San Babila, il filo egemonico del 51 per cento per il Popolo della libertà. Già, ma non c’era traccia della Camelot di Kennedy e Jacqueline, fra Macherio e Arcore.
C’erano storie brianzole e napoleoniche di mausolei di famiglia: "Indro, vuoi favorire? Per me sarebbe un onore" (rapida toccata tombale di zebedei dell’altissimo giornalista), gli attentati carineria dello stalliere Mangano, "dal suo punto di vista un eroe", s’intende per i silenzi. E soprattutto divagazioni virili come lo storico jogging alle Bermuda, con la squadra di Dell’Utri e di Gianni Letta tutta schierata in ordine di corsa, e a Roma l’altro eroe Cesare Previti e i giudici sotto pressione, i circoli, l’Aniene, i Canottieri, via del Plebiscito, via dell’Anima, le vie di un potere che si fa metafisica. In questa realtà politica privatizzata, "la signora’, forse già allora sventurata vittima di cattivi consigli e furbizie da sinistra, faticava a trovare una funzione. Non first lady, non Second Life, non interprete intellettuale, se non quando scrive di pace per ’Micro- Mega’, e fino a quando si infuria e invade il giornale nemico ’la Repubblica’ con la sua lettera lamento per essere divenuta "la metà di niente". ”Tendenza Veronica’, scrive la sua amica Maria Latella, affidandola idealmente a un vettore di reincarnazioni, insomma un karma politico-esistenziale, che la seconda moglie del Cavaliere non sembra in grado di seguire, schiacciata dalle trovate mozzafiato di un vecchio istrione, che dopo i mignottismi con le starlet le si presenta in Marocco, bardato da beduino, a farsi perdonare con il brillante donato nel corso di una ondeggiante danza berbera, genere Silviò le Mokò.
Perché nel frattempo il marito, quello delle zie suore, il cattolico che si disanima perché la Chiesa non gli lascerebbe fare la comunione e partecipare all’Ecclesia, è decollato, ha dato del kapò a Martin Schultz all’Europarlamento, fra i "turisti della democrazia’, ha inflitto le corna allo spagnolo nella photo opportunity, offende le ministre straniere a pranzo ghignando "ma perché non parliamo un po’ di calcio e di donne?", e affonda: "Comincia tu, Schröder, che di matrimoni ne hai avuti".
L’impostatissimo cancelliere tedesco vacilla, così come aveva barcollato ignaro il Rasmussen eletto a miglior rivale di Massimo Cacciari, professione amante filosofico di Veronica ("Sapete quel che si dice, no, povera donna?"); così come aveva piegato il ginocchio la premier finlandese, ’corteggiata’ per l’autorità alimentare europea, e quante proteste dallo staff di Helsinki, gente fredda, gente povera di spirito. Forse un tratto di umanità familiare e domestica poteva in effetti venire fuori dagli incontri internazionali di loisir, con Tony e Cherie Blair dopo il trapianto a Ferrara e con la bandana da ’Pirati’ di Roman Polansky. Ma oltre alla filibusta si era profilato lo spettro della guerra in Iraq, con Wojtyla che gli aveva inveito contro. E non era stato di gran classe l’incontro con l’amico Putin e il Bagaglino reclutato per l’occasione, non la visione delle sequenze del ’Caimano’ di Nanni Moretti ("Un film orrendo") con gli ultimi incendi che bruciano i resti di una democrazia istituzionalmente scalcagnata e ormai, nell’allegoria cinematografica, visibilmente eversiva.L’ultima curvatura della tendenza Veronica, a parte le faccende di avvocati e di soldi, consiste nel suo rifiuto a rivelarsi per quello che il Cavaliere ha confessato con i gesti da tempo: ossia che Lui evidentemente si credeva di avere la moglie giovane, e si è ritrovato fra le ville una suocera, inselvatichita dal risentimento, insofferente delle zingarate notturne ed elettorali del vecchio complice. Figurarsi, lui due ore in discoteca alle tre di notte per dimostrare ai giovani di essere in tiro. L’irruzione nella vecchia sezione romana ex Pci per vedere dal vivo le mummie del comunismo capitolino diventate democratiche.
Il "ciarpame senza pudore" delle candidature velinonze alle elezioni europee, secondo’la solita trappola della sinistra e lei c’è cascata, e adesso dovrà ammettere l’errore’. La nottata a Casoria di ’Papi’ con Noemi, "sia chiaro che non frequento minorenni’, però fra un raid e l’altro nel sottosviluppo metropolitano, con relativa dispersione psicologica negli ambigui hinterland del consenso? Ma era già successo tutto già da qualche settimana, e da qualche anno: il mondo di Berlusconi era esploso in un fuoco artificiale di quelli da festa a Porto Cervo. Dopo il tragico esordio del G8 di Genova, più tardi la sindrome diplomatica di Pratica di Mare, ballon d’essai della politica estera fatta con il compensato, era diventata ammirazione compunta per i muscoletti afro di Condoleezza Rice e i bianchi glutei palestrati di George Bush. Il suo consigliere Giuliano Ferrara, con il giornale finanziato da Veronica, ha sempre sostenuto che Berlusconi è un singolare misto di buonsenso esplosivo e di esasperazioni pop. Che sia un’icona a scoppio, è indubbio.
Che Veronica abbia avuto la desolante sensazione di essere ormai fuori dalla realtà vivibile, nello spazio esterno dominato dalle cyberpassioni di un misirizzi atomico, l’atletico sciancato di Vicenza, il tarantolato del sisma, il "tumorato di Dio" come lo chiamò Gianni Baget Bozzo, il ’teghnico’ del Milan a due punte, anche questa è una certezza. E ci mancava, dopo il presidente operaio, e il presidente spazzino a Napoli, ci mancava, per lo sfondamento finale, il terremoto e il presidente partigiano, con le insegne della brigata Maiella. Ma no, neppure questo bastava: si era dovuta vedere la scena da italiano vero con Angela Merkel, l’indice puntato sul cellulare per segnalare la telefonata ultimativa al premier turco Erdogan, fino alla stoccata vociante al cospetto della regina Elisabetta,’Mr Obamaaa? I’m Mr Berlusconi?".
Adesso succederà l’inevitabile, come annunciato nelle intervistine confidenziali del premier ai direttori del ’Corriere’ e della ’Stampa’, Ferruccio de Bortoli e Mario Calabresi, con storielle e moniti che attengono al campo delle solidarietà virili e alle avvocatesche minacciosità matrimoniali, ribadite a Bruno Vespa. "Veronica dovrà chiedere scusa".
Va da sé che questa Dynasty incattivita non terminerà come nella ’Guerra dei Roses’. Ma comunque finisca, c’è poco da fare, il Berlusconi-Lario ’reloaded’, storia privata esposta clamorosamente in pubblico con tecniche da Partido rivolucionario institucional, ha tutta l’aria di avere fatto girare random il software nazionale e l’aria italiana, facendo risuonare nei cieli armoniche e amori di contrabbando: in un clima da faccia triste dell’America, di uno strazio firmato Enzo Jannacci che inevitabilmente si chiama e si chiamerà per sempre, nel nome di un kitsch tutto latino e casinista, ’Messico e nuvole’.