Filippo Ceccarelli, la Repubblica 9/5/2009, 9 maggio 2009
A 84 anni se n´è andato don Gianni Baget Bozzo che nella sua lunga vita, e intensa di incontri, avventure intellettuali e ardenti messianismi della storia e dello spirito, è stato davvero tante cose: giovanissimo partigiano, promessa della politica, infaticabile fondatore di giornali e riviste, prete tardivo e problematico, dotto teologo anti-conciliare, mistico in odore di eresia progressista, eurodeputato craxiano, anima del berlusconismo trascendentale
A 84 anni se n´è andato don Gianni Baget Bozzo che nella sua lunga vita, e intensa di incontri, avventure intellettuali e ardenti messianismi della storia e dello spirito, è stato davvero tante cose: giovanissimo partigiano, promessa della politica, infaticabile fondatore di giornali e riviste, prete tardivo e problematico, dotto teologo anti-conciliare, mistico in odore di eresia progressista, eurodeputato craxiano, anima del berlusconismo trascendentale. Negli ultimi anni il grande pubblico lo riconosceva quale personaggio da talk-show, smagliante maschera televisiva. Come tutte le persone molto intelligenti, don Gianni aveva la tendenza a spararle grosse, bucando lo schermo con il suo imperterrito farfugliare; e come tutti i puri di cuore ogni volta finiva per sorprendersi della sua stessa rutilante, fantasmagorica ingenuità: «Me le vado a cercare». Eccentrico, distratto, torrenziale: una tipica figura da cartone animato, però di immensa cultura e altrettanto onnivora curiosità. Nel corso della sua esistenza ha sempre impetuosamente cercato qualcuno o qualcosa cui attaccarsi. Un padre, un´autorità, una verità assoluta, ma terrena. A parte quell´altra Verità soprannaturale, Dio, che dal 1956 - come raccontato nel bellissimo Vocazione (Rizzoli, 1982) - lo ispirava in forma di Voce interiore. Quel qualcuno molto mondano cui abbandonarsi, dopo tante peripezie, lo trovò infine in Berlusconi. Fino all´ultimo, fino a martedì scorso, l´ha lodato e difeso: «La signora Veronica mi sembra che non l´abbia amato abbastanza». Ieri il presidente del consiglio ha ricordato quella specie di cappellano ad honorem del Pdl: «Mi mancherà molto». Baget Bozzo si era convinto che il Cavaliere era un dono che Nostro Signore aveva infallibilmente recato alla presente vicenda italiana. Poche discussioni: era un miracolo, la Provvidenza; per i non credenti un dato storico preterintenzionale, per gli agnostici un concetto teologico secolarizzato. I nemici di Lui (magistrati, comunisti, borghesoni snob, islamici, etc) erano i suoi nemici. Sono cose che a Berlusconi ispirano gratitudine e buon umore. Don Gianni cambiò addirittura le parole a «Fratelli d´Italia» adattandole a Silvio. Questi lo riveriva, lo consultava: al decennale di Forza Italia lo chiamò sul palco per farlo applaudire dalla folla, e come in una scena di Fellini accompagnò l´ascesa: «Faccia attenzione a non perdere i pantaloni... Sapete, è tutta testa». Vero. Don Gianni era tutta testa, ma anche tutto cuore, e fantasia, e dottrina, e ricordi unici per un intellettuale. Anche per questo oggi sarebbe ingiusto dimenticare che prima di approdare con estrema libertà al berlusconismo, non c´è versante della società politica italiana su cui Baget Bozzo non si sia affacciato. E quindi, già alunno del futuro cardinale Siri e con una incerta e contrastata vocazione, ha fatto in tempo a combattere i tedeschi a Genova e a ritrovarsi nella covata dei «professorini», Dossetti, Fanfani, La Pira, Lazzati, inquilino-mascotte della «Comunità del Porcellino» alla Chiesa Nuova. Dopo il primo ritiro dossettiano si rifugia nella dimensione culturale con reduci della sinistra cristiana, cattolici comunisti come Balbo, Sebregondi, Scassellati. Poi, sempre ondeggiando tra politica e spiritualità, il lavoro a Terza Generazione e la maturazione di crescente estraneità verso la Dc; fino a vagheggiare nuovi partiti d´ordine fedeli alle gerarchie, bordeggiando fra Tambroni e pacciardiani e fondando riviste e sodalizi intitolati allo «Spirito Santo e a Maria regina del mondo». Laurea in teologia e ordinazione sacerdotale nel 1967, celebra Siri, presenti in Chiesa don Dossetti, il sindaco santo La Pira e il trionfatore del 18 aprile Luigi Gedda. Nei primi anni 70 scrive la prima storia della Dc, «Il partito cristiano al potere» (Vallecchi, 1973). E di lì a poco incontra i fermenti post-conciliari, i movimenti per la pace e le suggestioni della Pro Civitate di Assisi. Collabora intanto con la neonata Repubblica, incrocia il dialogo con il Pci di Berlinguer, ma arriva a confrontarsi con Marco Pannella. Nel giugno del 1980, come scrivono Claudio Leonardi e Giovanni Tassani nel profilo biografico che chiude un´intervista intitolata «I tempi e l´eterno» (Marietti, 1988), un monitio della Curia di Genova gli vieta ogni attività pubblica. L´anno dopo, per il rifiuto a contrastare l´aborto, viene interdetto dal dire messa e a predicare, se non in un convento di suore. «Un santo mancato» lo definisce De Mita in un congresso. Nel 1985, quando ha scoperto Craxi (durante il caso Moro) ed è stato eletto a Strasburgo per il Psi, viene sospeso a divinis. E´ perdonato e riaccolto ai sacramenti nel 1994: ma per indole, coraggio e gusto della libertà continua a scrivere e a parlare viaggiando sul filo del rasoio. Sereno, eppure sempre intimamente meravigliato dalla vita e dai suoi provvisori abitanti. Luce del sacro, enigma del profano.