Joseph Stiglitz, la Repubblica 9/5/2009, 9 maggio 2009
Con l´arrivo della primavera, gli ottimisti cominciano a vedere i "germogli" di una ripresa dalla recessione e dalla crisi finanziaria
Con l´arrivo della primavera, gli ottimisti cominciano a vedere i "germogli" di una ripresa dalla recessione e dalla crisi finanziaria. Il mondo è cambiato molto dall´ultima primavera, da quando il governo Bush annunciava per l´ennesima volta di stare vedendo "la luce in fondo al tunnel". Sono cambiate le metafore e i governi, eppure, a quanto pare, l´ottimismo è rimasto invariato. La buona notizia è che forse si è arrestata la caduta libera. Il ritmo della discesa economica è rallentato. Il pavimento di questa crisi potrebbe essere vicino, forse attorno alla fine dell´anno. Ciò non significa tuttavia che l´economia mondiale sia posizionata per una ripresa robusta nel breve periodo. Toccare i livelli più bassi non rappresenta un valido motivo per abbandonare le misure energiche adottate per rimettere in piedi l´economia del mondo. Siamo davanti a un declino economico complesso: una crisi economica combinata con una crisi finanziaria. Fino all´avvio della crisi, a fare da motore alla crescita globale erano stati i molto indebitati consumatori americani. Questo modello si è spezzato e non troverà una sostituzione nel breve termine, perché anche se le banche statunitensi fossero sane, la ricchezza delle famiglie è stata devastata. Gli americani hanno continuato ad accendere prestiti e a consumare basandosi sull´assunto che i prezzi delle case sarebbero cresciuti indefinitamente. Il collasso del credito ha poi peggiorato le cose e le aziende, trovandosi di fronte a un costo del credito più elevato e a mercati orientati al ribasso, hanno risposto rapidamente riducendo le scorte. Gli ordini sono conseguentemente crollati – in maniera sproporzionata rispetto al calo del Pil – e quei paesi la cui economia poggiava sui beni di investimento e sui beni durevoli (vale a dire, le spese in conto capitale che possono essere posticipate) sono stati colpiti molto duramente. Probabilmente si assisterà a una ripresa in alcuni di questi settori rispetto ai pavimenti toccati alla fine del 2008 e all´inizio di quest´anno, ma può essere utile esaminare i fondamentali. Negli Stati Uniti, i prezzi degli immobili continuano a scendere, milioni di famiglie sono sommerse da mutui che superano il prezzo di mercato della propria casa e la disoccupazione continua a crescere, mentre per centinaia di migliaia di persone si avvicina la fine delle 39 settimane coperte dall´assicurazione contro la perdita del posto di lavoro. Le amministrazioni degli Stati sono costrette a licenziare dei dipendenti a causa del crollo delle entrate fiscali. Il test per verificare se le banche sono adeguatamente capitalizzate si sono appena conclusi – "stress test" che non hanno previsto alcuno stress – e alcune sono state giudicate in condizioni accettabili. Sembra tuttavia che le banche, piuttosto che cogliere questa opportunità di ricapitalizzarsi, anche grazie all´aiuto del governo, propendano per una risposta di tipo giapponese: in qualche modo usciremo da questo pantano. Queste banche "zombi" – defunte ma che si aggirano ancora tra di noi – rappresentano, per dirla con le parole immortali di Ed Kane, "una scommessa sulla resurrezione". Riproponendo il copione della debacle degli istituti di credito e ipotecari degli anni Ottanta, la crisi savings & loan, le banche si stanno avvalendo di una rendicontazione non virtuosa (è stato permesso loro, per esempio, di tenere a bilancio degli asset dissestati, presumendo, o fantasticando, che conservandoli fino alla scadenza possano in qualche modo ritornare positivi). Peggio ancora è tuttavia il fatto che alle banche sia stato consentito di accedere a prestiti della Federal Reserve a condizioni estremamente vantaggiose e a fronte di garanzie poco solide e, al tempo stesso, di aprire posizioni di rischiose. Alcune banche hanno sì pubblicato le relazioni sul primo trimestre dell´anno, compilate però sulla base di una contabilità furbesca e dei profitti del settore della compravendita titoli (leggasi: speculazione). Questo non rimetterà in moto l´economia rapidamente. E se le scommesse non pagheranno, il costo per i contribuenti sarà più oneroso. Anche il governo statunitense ha scommesso sulla tattica di uscire dal pantano in qualche modo: le misure adottate dalla Fed e le garanzie offerte dal governo si traducono per le banche in un accesso a fondi a basso costo mentre i tassi di interesse dei prestiti rimangono alti. Se non accade niente di terribile – perdite sui mutui, sugli immobili commerciali, sui prestiti alle aziende o sul debito delle carte di credito – le banche potrebbero farcela e superare questa situazione evitando un´altra crisi. Da qui a qualche anno, le banche si saranno ricapitalizzate e l´economia tornerà alla normalità. Questo è lo scenario roseo. Le passate esperienze in altre parti del mondo, tuttavia, suggeriscono che questa è una prospettiva rischiosa. Anche se le banche fossero sane, il processo di ricondurre l´esposizione creditizia a livelli accettabili e la perdita di ricchezza che lo accompagna comporta una più alta probabilità che l´economia resti debole. Un´economia debole implica una più alta probabilità di ulteriori perdite per le banche. Il problema non è confinato agli Stati Uniti. Altri paesi, come la Spagna, stanno attraversando una propria crisi immobiliare. L´Europa dell´Est ha i suoi problemi, problemi che potrebbero avere un impatto sulle banche altamente indebitate dell´Europa Occidentale. In un mondo globalizzato, i problemi in una parte del sistema si ripercuotono rapidamente al resto del sistema. In alcune crisi precedenti, come quella asiatica di un decennio fa, la ripresa è stata celere perché i paesi colpiti poterono aprirsi la strada verso una nuova prosperità a colpi di esportazioni. Quello presente invece è un declino economico globale e sincronizzato. Gli Stati Uniti e l´Europa non possono uscire da questo un periodo economico stagnante a colpi di export. Il risanamento del sistema finanziario è necessario, ma non è una condizione sufficiente per la ripresa. La strategia degli Stati Uniti per risanare il proprio sistema finanziario è costosa e ingiusta, perché premia coloro che hanno creato l´attuale dissesto economico. Un´alternativa c´è tuttavia e prevede sostanzialmente che si rispettino le regole del gioco di una normale economia di mercato: lo scambio debito-mezzi propri. Un tale scambio riporterebbe la fiducia nel sistema bancario e i prestiti potrebbero riprendere a fluire con un costo minimo o addirittura nullo per il contribuente. Non è una strada particolarmente complicata né è nuova. Non piace ovviamente a chi ora detiene obbligazioni e che preferirebbe un regalo da parte del governo, ma il denaro pubblico può essere destinato a scopi più meritevoli, inclusa un´altra tornata di stimolo. Tutti i declini economici si concludono prima o poi. Il punto è quanto questo sarà prolungato e profondo. Nonostante i germogli primaverili, dovremmo essere pronti per un altro inverno buio: è arrivato il momento di attuare il Piano B per la ristrutturazione delle banche e di un´altra dose di medicina keynesiana. Joseph Stiglitz, professore di economia presso la Columbia University, presiede la Commissione di esperti per le riforme del sistema monetario e finanziario internazionale nominata dall´Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il tema di un nuovo sistema mondiale di riserva valutaria era già stato affrontato nel suo libro del 2006, "La globalizzazione che funziona".