???, La Stampa 9/5/2009, 9 maggio 2009
La rifinitura sullo stesso campo, l’identico menù servito in tavola alla solita ora, i medesimi posti occupati sul pullman che porta allo stadio e le stesse canzoni ripetute negli iPod personali
La rifinitura sullo stesso campo, l’identico menù servito in tavola alla solita ora, i medesimi posti occupati sul pullman che porta allo stadio e le stesse canzoni ripetute negli iPod personali. Benvenuti nel mondo della scaramanzia granata, dove tutto è permesso purché porti bene e soprattutto venga ripetuto alla perfezione la volta dopo. Se c’è un Toro che sta preparando sul campo e alla lavagna la partita della vita col Bologna, c’è anche un altro Toro che da giorni si sta impegnando per ricordare e replicare gli stessi riti messi in atto contro Catania e Siena. Ovvero le ultime due partite casalinghe, coincise con due vittorie necessarie per sperare nella salvezza. E vista la cabala calcistica, ecco un’intera società intenta a ricostruire ambiente, abitudini e gesti privati per poter battere pure il Bologna. Il punto di forza dei nuovi riti granata è il ritiro di Leinì, ovvero il luogo dove si costruì la promozione in serie A nel 2006 ai play-off. Quest’anno nell’Air Palace Hotel la squadra ci andava solo alla vigilia delle partite, ma dopo l’arrivo di Camolese è stato istituito il ritiro dal venerdì sera. In un primo tempo per conoscersi meglio, ma poi tutto si è trasformato in piacevole abitudine visto che venne introdotto per la prima volta contro il Catania. In quell’occasione il Toro vinse 2-1, mentre l’esperimento ripetuto prima del Siena fruttò l’1-0 e solo per un’indisponibilità dell’albergo i granata non poterono andare a Leinì prima della Fiorentina. I riti del sabato, invece, non sono stati modificati ma rafforzati: allenamento mattutino nello stadio della Pro Settimo, conferenza stampa del tecnico alle 13 con successivo aperitivo portafortuna offerto alla stampa, pranzo con gli stessi piatti anche per staff e dirigenti e poi riposo, seduta tattica e cena alle stesse ore di un mese e due settimane fa. Pazienza certosina e disciplina del ricordo per una squadra che usa tutte le armi possibili per salvarsi, anche se poi il numero uno granata in fatto di scaramanzia è Urbano Cairo. Il presidente ha modificato il rituale della visita alla squadra del giovedì, che durava da tre stagioni, da quando ha capito che l’incontro con Camolese al mercoledì era meglio. In più ora è costretto a fermarsi anche a dormire il sabato sera a Leinì ripetendo le stesse chiacchierate con il ds Foschi. Dolci obblighi per un patron che custodisce nell’armadio il gessato portafortuna (con annessa cravatta). Tutto regolare in un mondo che nel tempo ha proposto i calzini rossi di Costantino Rozzi, le cravatte gialle di Adriano Galliani, il cappotto di Ulivieri e le mutande indossate al contrario di Adrian Mutu. E, come nella migliore tradizione dei tifosi superstiziosi, non poteva mancare all’Olimpico il talismano granata: Vittore Beretta, il salumiere-sponsor che quando è in tribuna fa sempre vincere. Simboli, riti, e gesti da difendere, fino all’arrivo della jella (sotto forma di sconfitta) che costringe ad azzerare tutto e a ripartire da capo.