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 2009  maggio 09 Sabato calendario

SARA RICOTTA VOZA

MILANO
La giovane signora con il passeggino punta un bel carciofo in vaso che fa il figurone di una pianta ornamentale. Ma costa 45 euro, un po’ troppo per l’orticello autarchico che coltiva sul balcone. Allora vada per un pomodorino, una zucchina, una melanzana, un peperone e per finire delle fragoline. Costano 15 euro la piantina, che non è poco, ma sono già abbastanza grandi e promettono di tornare utili anche a breve.
La signora paga e poi si aspetta che qualcuno le spieghi anche cosa deve fare: dopo, a casa. Lei si definisce «un’ortolana allo sbaraglio», ha un bel terrazzo sui tetti di Milano ma finora, di sua produzione, ha avuto solo la gioia di mangiare un po’ di fragoline: mezzo cestino, quanto basta per far felici i suoi bambini. « per loro che lo faccio, per far capire come nascono la frutta e la verdura che arrivano dal supermercato».
La signora è una delle tante milanesi ieri «in gita» all’annuale mostra mercato Orticola, piante e fiori per ortolani di città e hinterland, da sempre ai giardini pubblici Indro Montanelli. Qui, come al Castello di Masino una settimana fa, si viene per comprare semi, piante, oggetti e anche eccentrici cappelli. C’è chi deve solo completare la sua wunderkammer da giardino con una rarità e chi, la maggioranza, viene per vedere e coltivare un sogno sul balcone o il davanzale.
Quest’anno, vista anche la crisi e l’inevitabile tendenza a frugalismo e sobrietà, è arrivata l’idea dell’Orto da Trasp’orto. Un orticello chiavi in mano messo dentro un bel cestino con l’assortimento di verdure che si vuole. «L’orto vero è una bella cosa, ma chi non ce l’ha non sa che piantando una zucchina poi sei costretto a mangiare zucchine per un mese», spiega Francesca Marzotto Caotorta, vicepresiente Orticola e ideatrice del cestino autarchico. «L’orto è una cosa da famiglie numerose, va adattato alla realtà di oggi».
Così, fra i bei cesti rivestiti in plastica e riempiti di terriccio doc c’è il «cesto parmigiana», con un piantina di pomodori, una di melanzane e una di basilico; e il cesto peperonata, con peperoni di vari colori e dimensioni. Ci sono anche cesti più assortiti e cesti pieni solo di terra. «Il resto è lavoro: una piccola palestra per dare un’idea di orto». Non servirà a sfamarsi o evitare la visita settimanale al supermercato ma tutti dicono che a «raccogliersi la propria roba ci si sente come dei».
Di certo si ha un minimo di controllo in più sui concimi. La signora Marzotto però va sul difficile: «Il migliore è a base di escrementi di lombrico, poi ci sono i cubetti di letame disidratato». Sarà, ma quel che non fanno i concimi lo fa l’inquinamento. «Io alle mie foglie di insalata che crescono a Milano faccio la doccia con la spugna», confessa la signora, ma tutti concordano che la scarsità del raccolto – per quanto uno possa avere un terrazzo come una piazza d’armi – mette al riparo dai danni alla salute.
Poi, vivaista che vai, parere che trovi. La signora Elisa Benvenuti, del vivaio «le essenze di Lea» pensa a chi ha solo un davanzale e consiglia un bel vaso di erbe aromatiche. Uno stand più in là ci sono i pomodori biodinamici dell’oasi Galbusera. Molte signore interessate, mariti perplessi e un ortolano-guru che lancia l’idea di «riempire i balconi di ortaggi».
Sarà, ma come fa l’ortolano di balcone con il problema delle ferie? Francesca Marzotto è realista: «Mangiare tutto prima di partire. Altrimenti anche il cesto-orto finisce con il cane, abbandonato in strada».

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