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 2009  maggio 09 Sabato calendario

Fino a qualche anno fa la fabbrica della Polaroid, i cui vasti stabilimenti si trovano appena fuori dal centro di Enschede, una città industriale nell’Est del Paesi Bassi, impiegava 1200 operai

Fino a qualche anno fa la fabbrica della Polaroid, i cui vasti stabilimenti si trovano appena fuori dal centro di Enschede, una città industriale nell’Est del Paesi Bassi, impiegava 1200 operai. Oggi sono rimasti in dodici. Il più giovane ha 51 anni, tutti contano tra i 23 e i 34 anni di anzianità. Non lavorano più per la Polaroid, che è fallita, ma per una società start-up, battezzata «Impossible». La loro missione è rilanciare la produzione della pellicola per le foto instantanee delle celebri macchinette Polaroid. Ma stavolta lavorano per se stessi, in tutta libertà. Schiacciata dalla concorrenza della fotografia digitale e danneggiata da una serie di decisioni della direzione generale negli Usa, la Polaroid è tramontata in pochi anni. Nel giugno 2008 la fabbrica di Enschede si è fermata dopo una lunga agonia. Tutti i dipendenti si sono trovati disoccupati o prepensionati, salvo quattro persone guidate dal direttore tecnico André Bosman, 55 anni, incaricato alla fine del 2007 di smantellare l’impianto, vendere il vendibile e distruggere il resto: «Una dura prova, ho dedicato 28 anni della mia vita a questa fabbrica». André non sapeva che il suo destino si stava compiendo a mille chilometri di distanza, a Vienna, dove Florian Kaps si batteva da solo, da anni, per salvare la Polaroid. Disegnatore di siti Web, Florian, che oggi ha 39 anni, era responsabile per le attività Internet della Lomographic Society, famosa tra i fotografi di tutto il mondo per aver lanciato il movimento «lomographique» per gli adepti di un’arte dell’immagine spontanea e immediata, libera da qualunque limitazione tecnica. Florian si era appassionato alla foto analogica, soprattutto alle Polaroid. Nel 2005 si mette in proprio e fonda due siti Internet: Polanoid.net, una galleria dove gli appassionati della Polaroid espongono le loro istantanee, e PolaPremium.com, un negozio di macchine d’occasione: «Le trovavo su eBay e negli annunci, oppure acquistavo stock invenduti. Ho avuto gratis le Polaroid della polizia viennese quando sono passati al digitale, le ho rimesse a nuovo e le ho rivendute a 80-300 euro, in base al modello, con la garanzia di un anno». Florian ha cercato di negoziare una collaborazione con la direzione della Polaroid, ma inutilmente. Nel 2005 la società era stata rilevata dal finanziere Tom Petters: «Aveva deciso fin dall’inizio di smantellare l’industria, voleva solo sfruttare il marchio per vendere stampanti e televisori», sostiene Florian. In quanto distributore di pellicole via Internet, Florian riceve nel giugno 2008 un invito alla «festa della chiusura» della fabbrica di Enschede. Preso da ispirazione, si mette in viaggio e conosce André Bosman. Il sabato sera, davanti a una birra, gli fa una proposta folle: creare insieme una società chiamata «Impossible», trovare i soldi per acquistare i macchinari e far ripartire la fabbrica. Andrè è scettico, ma si fa coinvolgere dall’entusiasmo di Florian. Il lunedì mattina si precipita in fabbrica e ordina ai suoi uomini di fermare la demolizione. Iniziano negoziati tortuosi con la Polaroid, che finisce per accettare di vendere quello che non è ancora stato smantellato. Nel frattempo Tom Petters finisce in prigione negli Usa per un altro affare, la Polaroid passa in gestione giudiziaria. A Enschede l’acquirente del terreno lo affitta a «Impossible» a un prezzo di favore. A Vienna Florian riesce a trovare 1,2 milioni di euro: «Gli investimenti sono di miei amici e di appassionati di fotografia analogica. Uno di loro ha ipotecato la casa per finanziarci». «Impossibile» non poteva permettersi l’assunzione che di una dozzina di persone, col loro vecchio salario. André ha fatto una lista di veterani che conosceva bene, uomini competenti e con grande spirito di squadra. E lì ha avuto la sorpresa: i primi dieci contattati hanno accettato di lanciarsi nell’avventura. Benny Evers, macchinista, 56 anni di cui 32 alla Polaroid, cercava un lavoro in quanto obbligato dalla sua assicurazione contro la disoccupazione, ma sapeva che non avrebbe trovato niente. Si era chiuso in se stesso, litigava con la moglie. Il suo amico Henk Minnen, 57 anni, ingegnere, era stato costretto ad accettare il posto di aiuto-sorvegliante in una clinica per anziani malati di Alzheimer: «Un’esperienza interessante ma difficile, non ero preparato». Paul Latka, 51 anni, aveva vissuto male il suo licenziamento: «Quando annunciarono la chiusura della fabbrica, mi sono messo a piangere». Martin Steinmeijer, 51 anni, chimico, era in convalescenza dopo un intervento al cuore. Per evitare la disoccupazione, nonostante la malattia, fece un concorso per diventare professore di chimica: «Ho vinto, ma non avevo la vocazione, l’insegnamento mi faceva paura». Gerard Kamphuis, 56 anni, elettricista, era riuscito a trovare un impiego con un buon salario in un’impresa di lavori pubblici. Ma come i suoi compagni, non ha resistito all’avventura. Benny riassume lo stato d’animo generale: «I soldi sono una sciocchezza, lo facciamo per piacere. Riuscire a fare l’impossibile alla nostra età, cosa ci può essere di più eccitante». L’unico a farsi desiderare è stato Kees Teekman, 59 anni, ingegnere: «Ero finalmente riuscito ad accettare l’idea che la fabbrica era sparita. Quando André mi ha chiesto di tornare gli ho urlato: perché non sei venuto prima?». Dopo una piccola lotta interiore, Kees ha raggiunto gli amici: «Se ce la faremo, smetterò di bere in una settimana». Florian si pone obiettivi ragionevoli: «La Polaroid produceva 120 milioni di cartucce di pellicola l’anno, noi ne faremo 3 milioni nel 2010 e 10 al massimo negli anni successivi. Venderemo su Internet e nei circuiti specializzati: negozi nei musei, centri artistici». Sa che il mercato della foto istantanea non sarà mai quello di prima: «Il grande pubblico è passato al digitale, non si torna indietro». Ma nel mondo esistono milioni di macchinette Polaroid in buono stato. Le «Pola» seguono ancora gli artisti, i pubblicitari, i grafici, i designer, i professionisti della moda: «La magia dell’istantanea eccita l’immaginazione dei creativi. Diversamente dalle altre foto, ogni scatto della Polaroid è unico, è l’originale». La moda della Polaroid sta vivendo un ritorno. Su Myspace i giovani musicisti mostrano le macchinette nei clip e pubblicano istantanee sui blog. A Parigi la mostra «Il grande mondo di Andy Warhol» espone i ritratti delle celebrità dipinti dall’artista partendo da una Polaroid accanto all’istantanea originale che acquisisce così lo status di opera d’arte. A Enschede, nel grande capannone silenzioso, il lavoro procede. Di 17 catene di montaggio 9 sono ancora al loro posto. Ma alcuni processi di produzione sono stati reinventati perché molte componenti chimiche sono ormai fuori produzione. «Abbiamo promesso agli investitori di partire dal 2010. Nel frattempo lo stock di vecchie pellicole si esaurirà oppure supererà la data di scadenza. Dobbiamo arrivare in quel momento». Anche Polaroid Usa, però, non ha ancora detto l’ultima parola. Rilevata a poco prezzo da un fondo d’investimento, conta di mettee sul mercato un apparecchio digitale con incorporata una ministampante. La battaglia dell’istantanea si annuncia cruenta. Copyright Le Monde1976 Il monopolio Con 6 milioni di unità vendute ogni anno la Polaroid è sinonimo della foto istantanea, adorata da artisti, poliziotti, fotografi della moda e milioni di famiglie. Land vince il suo 500simobrevetto, restando nella storia Usa secondo solo a Edison.2001 Il declino L’avvento della macchina digitale in pochi anni uccide il mercato della foto istantanea. La Polaroid dichiara bancarotta. Nel 2008 la produzione cessa definitivamente. Oggi il marchio, rivenduto, cerca il rilancio con macchine digitali con mini-stampante incorporata.Per il re della Pop art Andy Warhol (1928-1987) la Polaroid ha prodotto per anni un modello speciale della sua macchina fotografica Big Shot. Warhol usava le istantanee per scattare gli oggetti e/o le persone che poi avrebbe dipinto, spesso trasformando la foto scattata nel modello da riprodurre poi per le sue serigrafie o da proiettare sulla tela da dipingere. Appassionato e abile fotografo, Warhol teneva la sua Polaroid sempre al collo (foto) e scattava foto a tutti i visitatori della sua Factory, lasciando un enorme archivio di immagini: almeno 100 mila. Nella recente mostra dei suoi quadri a Parigi accanto ai ritratti delle celebrità firmati da lui sono esposte anche le istantanee dalle quali era partito il quadro. Dopo la sua morte diverse istantanee sono state esposte.1947 La nascita L’inventore americano Edwin Land, che 10 anni prima aveva fondato la Polaroid essenzialmente per produrre occhiali da sole polarizzati, presenta la prima macchina fotografica istantanea. Funziona in bianco e nero, il colore arriva 20 anni dopo.