Margherita De Bac, Corriere della Sera 9/5/2009, 9 maggio 2009
ROMA – Sarà più libero il medico. Libero di scegliere le cure migliori e meno rischiose per le coppie
ROMA – Sarà più libero il medico. Libero di scegliere le cure migliori e meno rischiose per le coppie. Valutando anche la possibilità di mettere da parte gli embrioni «prodotti ma non impiantati». la deroga al divieto di congelamento la vera sorpresa della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha parzialmente bocciato la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Nelle motivazioni scritte dal giudice Alfio Finocchiaro e pubblicate ieri dopo oltre un mese di attesa si riconosce al ginecologo «autonomia e responsabilità» nello stabilire di volta in volta quanti ovociti fecondare (attualmente c’era un limite di tre). Non solo. Potrà decidere quanti «frutti» della provetta trasferire nell’utero. Alcuni dei divieti fondamentali della legge secondo il giudice violano l’articolo 3 della Costituzione «sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di eguaglianza in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili. Violano inoltre l’articolo 32 «per il pregiudizio alla salute della donna ed eventualmente del feto». La sentenza in teoria rivoluziona già da oggi l’attività dei centri. Il medico potrà valutare ad esempio se sia il caso di fecondare quattro ovociti e, una volta ottenuti un certo numero di embrioni, stabilire di non impiantarli tutti in un’unica soluzione, come invece era previsto. La Corte però chiarisce che «resta salvo il principio secondo cui le tecniche non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario». La preoccupazione di base resta quella di evitare che si riempiano di nuovo i bidoni di azoto liquido, la sostanza usata per la crioconservazione. Nel complesso però la Consulta smonta lo steccato che ha delimitato l’attività dei centri di fecondazione artificiale negli ultimi 5 anni. La considerazione di fondo è che «la tutela dell’embrione non è assoluta» ma che occorre trovare «un bilanciamento con l’esigenza di procreazione ». Resta in piedi l’ultimo pilastro, il divieto di diagnosi preimpianto (se i genitori sono portatori di malattie genetiche si possono selezionare gli embrioni sani), barriera che era però stata in parte abbassata con la modifica delle linee guida allegate alla legge da parte dell’ex ministro della Salute, Livia Turco. E proprio le linee guida dovranno essere cambiate, alla luce della sentenza. Il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella intende muoversi presto: «La legge resta al suo posto pur con le modifiche forzate. Emerge un’incoerenza interna alla Corte. La sentenza rispettava l’impianto del testo, le motivazioni vanno oltre. Non conoscono i dati. Ci sono passaggi ambigui». Carlo Casini, del Movimento per la Vita, si dice indignato per una «decisione che offende la ragione e l’eguaglianza tra gli esseri umani». Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, parla di «ideologica non condivisione» da parte dei giudici. Per la sinistra è una rivincita. « stata pienamente confermata la ragione dei ricorrenti e di tutti quelli che avevano denunciato iniquità », affermano i Radicali. «Non si possono fare le leggi ignorando la scienza», commenta il senatore Pd Ignazio Marino. Barbara Pollastrini, deputata del Pd, chiede al Parlamento di rivedere la legge. Margherita De Bac