Andrea Malan Marco Valsani, ཿIl Sole-24 Ore 8/5/2009;, 8 maggio 2009
GM PERDE 6 MILIARDI IN TRE MESI
Un bilancio da bancarotta: General Motors ha perso sei miliardi di dollari nel primo trimestre del 2009 e ha visto i ricavi dalle vendite di auto crollare a 22,4 miliardi. Un passivo quasi doppio e un fatturato praticamente dimezzato (- 47%) rispetto all’anno scorso. In termini di liquidità, nei primi tre mesi dell’anno il gruppo ha bruciato risorse finanziarie per 10,2 miliardi di dollari, ovvero due terzi dei 15,4 miliardi che Gm ha ricevuto dal Governo dalla fine dell’anno scorso.
Il gigante di Detroit ha ormai poco più di tre settimane, fino al primo giugno, per far decollare un drastico risanamento dell’azienda senza ricorrere all’amministrazione controllata. Ai creditori ha chiesto la cancellazione di debiti per 27 miliardi in cambio di un quota azionaria nel 10% nell’azienda; ai sindacati di accettare tagli (sarebbe allo studio un’altra riduzione del 14% del personale entro fine mese) un contributo al fondo sanitario per i pensionati, in tutto 20 miliardi, per metà in titoli. In presenza di un piano soddisfacente, l’amministrazione di Barack Obama dovrebbe sbloccare altri 11,6 miliardi di dollari di prestiti. Ma i nuovi conti trimestrali, seppur leggermente migliori delle attese, rendono la missione di rispettare l’ultimatum federale ancora più ardua.
L’azienda ha anche intensificato le trattative con Fiat, che punta a fondersi con la divisione europea di Gm (con Opel, Vauxhall e Saab) e a rilevare anche le attività latinoamericane. Anche le attività europee hanno evidenziato nel trimestre una grave crisi, con un bilancio trimestrale schiacciato da perdite operative per 1,2 miliardi di dollari che si sono sommate al passivo di 3,2 miliardi sofferto sul mercato nordamericano. La divisione America Latina, Africa e Medio Oriente è rimasta invece tra le poche in attivo, pur con utili praticamente azzerati a 16 milioni. Per quanto riguarda le attuali trattative, il profondo rosso della Opel (il miliardo di euro perso in tre mesi è più di quanto non perdesse Fiat Auto all’apice della crisi) non agevola la posizione negoziale di Gm, che cerca invece di sfruttare le attività sudamericane.
L’eventuale accordo non vedrà alcun pagamento in contanti: il gruppo torinese apporterà Fiat Auto (compresa la parte sudamericana) e Gm le attività europee e latinoamericane; Fiat collocherebbe nella nuova entità anche la quota conquistata in Chrysler. Secondo il «New York Times» il gruppo americano avrebbe chiesto il 30% della nuova entità, mentre l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne avrebbe offerto meno del 10 per cento.
Oggi Marchionne volerà dagli Stati Uniti a Francoforte dove incontrerà Roland Koch, presidente del Land dell’Assia, e vedrà anche i manager Opel per stringere sulla trattativa.
Gm Europe ha in effetti già predisposto un piano di riassetto stand alone, ovvero nel caso in cui non vada non porto l’intesa con Fiat; un piano che prevede oltre un miliardo di euro di riduzioni di costi. Ad essi si potrebbe aggiungere, in caso di matrimonio, un miliardo di sinergie su acquisti e messa in comune (per esempio) di attività di ricerca. Il problema per Opel è però più immediato, e si riferisce innanzitutto alle condizioni della casa madre: secondo quanto scrive il «Financial Times Deutschland», Berlino sta preparando un piano di crisi per l’eventualità di un fallimento di General Motors o comunque di una richiesta di Chapter 11, che appare ormai quasi inevitabile. Le autorità tedesche hanno fatto sapere nei giorni scorsi che una fusione con Opel richiederebbe fino a sette miliardi di euro in prestiti a breve garantiti dal governo.
Per Fiat procede intanto l’intesa con Chrysler, che si sta facendo strada a rapidi passi al tribunale fallimentare di New York. E proprio la possibilità di rapide procedure di bancarotta, che facciano emergere entro soli 30 o 60 giorni una nuova Chrysler alleata con Fiat, ha reso più probabile la scelta di una simile opzione per far avanzare la ristrutturazione di Gm. Anche se le dimensioni del gruppo, ben più vaste, fanno temere alla stessa Casa Bianca che un ricorso all’amministrazione controllata possa trasformarsi in una strada senza uscita per la regina di Detroit.
L’incertezza sul futuro, di sicuro, ha pesato sui conti resi noti ieri da Gm, riducendo le vendite – hanno ammesso ieri i vertici dell’azienda. «La paura della bancarotta ha avuto un impatto», ha detto il direttore finanziario Ray Young. General Motors, guidata dal neo-amministratore delegato Fritz Henderson che ha sostituito Rick Wagoner, licenziato su pressione del Governo, ha annunciato di essere riuscita a ridurre i costi di 3 miliardi, ma neppure questo traguardo è bastato a rassicurare il mercato. In Borsa l’azienda ha ceduto il 3% e, stando al direttore dei Dow Jones Indexes John Prestbo, rischia di essere presto estromessa, dopo 74 anni, dai 30 titoli che compongono il Dow Jones Industrial Avarage.