Luigi Accattoli, Corriere della Sera 8/5/2009, 8 maggio 2009
La prima volta di Paolo VI (che non nominò Israele) Il viaggio in Terrasanta di Benedetto XVI somiglia come una goccia d’acqua a quello di Giovanni Paolo dell’anno 2000, mentre è diversissimo dall’altro compiuto da Paolo VI nel gennaio del 1964, che fu la prima uscita di un papa dall’Italia in epoca contemporanea
La prima volta di Paolo VI (che non nominò Israele) Il viaggio in Terrasanta di Benedetto XVI somiglia come una goccia d’acqua a quello di Giovanni Paolo dell’anno 2000, mentre è diversissimo dall’altro compiuto da Paolo VI nel gennaio del 1964, che fu la prima uscita di un papa dall’Italia in epoca contemporanea. Papa Montini durante la visita non nominò mai lo Stato di Israele, che allora il Vaticano non riconosceva. Difese la «venerabile memoria» di Pio XII, che era stato attaccato da Hochhuht con il dramma «Il Vicario». Sul Monte degli Ulivi incontrò il Patriarca Athenagoras. Fu una visita di tre giorni scarsi, con partenza da Roma il 4 gennaio e rientro il 6, mentre Benedetto resterà laggiù una settimana abbondante. Era la prima uscita di un papa in aereo e in Vaticano non sapevano come regolarsi. Incaricarono della logistica un giovane monsignore della Segreteria di Stato – Paul Marcinkus – che per essere americano aveva padronanza di viaggi in aereo e di pagamenti in dollari. Fece bene e restò organizzatore dei viaggi papali fino al 1982. Anche la stampa non aveva parametri per un papa che prendeva l’aereo. Per non farsi sorprendere il direttore del Corriere della Sera Alfio Russo mandò una squadra di inviati di cui facevano parte Alberto Cavallari e Dino Buzzati, il poeta Eugenio Montale e il prete ambrosiano Ernesto Pisoni. Don Pisoni solennizzò la portata ecumenica del viaggio e «l’importanza per gli anni futuri» dell’incontro di Montini con Athenagoras. Alla prosa sensitiva di Dino Buzzati toccò descrivere il clima in cui i cristiani di Terrasanta vissero l’evento: «Ore magiche in Galilea: si aspetta un qualcosa mai accaduto in duemila anni». «Terra di Dio» fu intitolato un editoriale di Eugenio Montale che l’ultimo giorno della visita narrò con «brevi note affidate al telegrafo» la «impressione di eternità» che aveva ricavato dai luoghi e dai cibi conosciuti durante quella trasferta. Alberto Cavallari descrisse i «momenti di paura» che si ebbero nel tragitto tra la Porta di Damasco e il Santo Sepolcro: «Uomini urlano da ogni tetto. A un certo punto la situazione diventa caotica: per sottrarlo alla pressione della folla il Pontefice viene fatto sostare in una cappellina dove si trattiene per 25 minuti». Era la Cappella della sesta stazione della Via Crucis, quella dell’incontro di Gesù con la Veronica. In quel «ricetto», trovato dal papa nel luogo dove Cristo era stato «assistito » da una donna, Vittorio Gorresio’ altro cronista d’eccezione di quell’impresa papale – ravvisò «il senso arcano del sacro ricorrente». Un testimone oculare – Domenico Del Rio – descriverà così quella scena drammatica: «Musulmani e cristiani esplodono in un entusiasmo incontenibile e tutta una massa di persone ondeggia verso il papa. Paolo VI, serrato tra gli uomini della Legione araba, che a un certo punto lo alzano con le braccia, pressato tutto intorno dalla folla, sale a piedi la Via dolorosa. Le donne gli gettano fiori dalle finestre. Un petalo di rosa gli si appiccica sulla fronte. Montini è felice». Paolo VI aveva annunciato l’idea del «pellegrinaggio» ai padri conciliari, in San Pietro, il 4 dicembre 1963: «Vedremo quel suolo benedetto, donde Pietro partì e dove non ritornò più un suo successore». Il viaggio avviene con un DC8 dell’Alitalia, che la mattina del 4 gennaio porta il papa ad Amman. Re Hussein di Giordania – appassionato di aeronautica – presiede alle operazioni di atterraggio dalla torre di controllo e poi segue dall’alto, in elicottero, il corteo di macchine che conduce il papa a Gerusalemme. Lungo il percorso avviene una sosta al «luogo del battesimo di Gesù», dove il papa – secondo un titolo del Corriere – «scende sulle rive del Giordano appoggiandosi a due musulmani». Gerusalemme era allora divisa tra una parte israeliana e una parte giordana. Il Santo Sepolcro e la residenza del «delegato apostolico», dove il papa dormì due notti, erano in territorio giordano. Al momento del passaggio in territorio israeliano, il giorno 5, Montini fu salutato dal presidente Zalman Shazar al quale si presentò come «pellegrino della pace, venuto per pregare». Al rientro a Roma, il papa fu accolto a Ciampino dal presidente Antonio Segni e ci fu un trionfo di folla per le strade, mostrato in diretta dalla televisione. «Ho avuto la fortuna di abbracciare, dopo secoli e secoli, il Patriarca di Costantinopoli», confidò emozionato alla folla di piazza San Pietro.