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 2009  maggio 08 Venerdì calendario

SOGNI DI FICTION E MEGA-VILLE: IL MONDO DI NOEMI


E magari un giorno Noemi pro­getterà loghi e ideerà campagne e slogan di successo, avrà intorno uomini che le diranno che è brava e non sarà necessario dirle anche che è bella, le capiteranno tra le mani foto di ragazzine con pochi abiti e tante ambizioni, e ripenserà a quando anche lei, cuore di bambi­na e corpo di donna già passata per le mani del chirurgo plastico, entrò a sedici anni, con la mamma accanto, in quella agenzia che rea­lizza book per aspiranti modelle, e affidò a un manager e a un fotografo le sue speranze di arrivare lontano, a Milano, a Mediaset, ai ca­sting per veline, letterine e tutti gli altri dimi­nutivi che girano da quelle parti.

E magari quel giorno ricorderà quando di­ceva: «Voglio fare l’attrice. Oppure la balleri­na. Oppure la parlamentare alla Camera», mentre nessuno si ricorderà più di lei, del suo diciottesimo compleanno in un villone kitsch lungo una delle strade peggiori di Napoli, e della favola del presidente del Consiglio che arriva all’improvviso facendole «il regalo più bello della mia vita», e lei può abbracciarlo e brindare con lui, perché lo conosce da tanto e tanto bene da chiamarlo papi, e subito indos­sa il ciondolo d’oro e diamanti che papi le ha portato, anche se fino a poco prima non im­maginava che avrebbe avuto il tempo di pas­sare alla festa, ma che importa, ora quel cion­dolo è lì, al collo di Noemi, e i suoi amici sono felici e imbarazzati perché nessuno immagina­va, nessuno sapeva, nessuno avrebbe mai cre­duto che lei aveva un papi così importante.

Tutto sarà lontano quel giorno, semmai quel giorno verrà. Noemi avrà solo un diplo­ma di grafico pubblicitario e i ricordi di una adolescenza così simile a quella di tante sue coetanee e pure così diversa, perché soltanto lei ha avuto al compleanno il capo del gover­no. Un’amicizia di famiglia, del suo papà mes­so comunale che aveva in tasca il numero pri­vato del presidente e lo chiamava per parlar­gli di candidati da mandare al Parlamento eu­ropeo e per invitarlo alla festa della figlia.

Forse che quel giorno venga potrebbe esse­re un augurio per Noemi. Lontana dai rifletto­ri che le si sono accesi addosso oggi e lontana dai riflettori che non da oggi sono il suo so­gno e quello che la mamma Anna cova per lei. Una parte in una fiction, una fascia a un con­corso di bellezza, una sfilata di moda, un ca­sting. Sarà un giorno diverso e nuovo: la grafi­ca e basta, quella per cui ha studiato. Non so­gnerà più quello che sogna oggi: lo spettacolo ma non solo quello. Si confida con le amiche e dice che vorrebbe un seno nuovo, «almeno una terza abbondante, perché ora ho solo una seconda scarsa». Il naso è già stato modellato dal chirurgo, alle so­pracciglia pensa l’estetista, gliele fa sottili sottili e a rondi­ne, o qualcosa del ge­nere. I lunghi capelli biondi li affida a Lo­renzo, il parrucchiere dove passa ore e ore almeno un paio di volte a settimana. Però la prossima salterà, martedì si parte per la Grecia con la scuola, un altro viaggio dopo quello della scorsa setti­mana sulla Riviera romagnola con il fidanzato che fa il pr in discoteca e lavora da quelle par­ti. O forse non è il fidanzato, perché quando ne parla, Noemi dice solo «ci frequentiamo da un paio d’anni».

Un po’ vaga anche qui, come quando dice che «papi è un amico di mio padre e io vado a trovarlo a Roma e a Milano», e però non dice, non sa, non racconta come suo padre Elio e suo papi Silvio siano diventati amici. Ora esce solo scortata dalla mamma e da uno che le va a prendere in Mercedes, piccola ma Merce­des. Voleva sparire da Facebook, ci ha provato ma non ha resistito, e ventiquattr’ore dopo aver cancellato l’account, lo ha riattivato. «Ci sono mille e cinquecento richieste d’amicizia, qualcuno sa dirmi se c’è un modo per ignorar­le tutte insieme? Non voglio stare ore lì a rifiu­tarle una per una».

Il prezzo della notorietà. Altro che passerel­le e casting e riflettori. Se ne sta chiusa in ca­sa, Noemi. Non è più andata nemmeno alla trasmissione per aspiranti stelline su un’emit­tente locale di quart’ordine che era il suo uni­co palcoscenico. E se ne rammarica, «perché voglio fare le cose che ho sempre fatto». Pure da scuola si è assentata per qualche giorno: «Però volevo tornarci e ci sono tornata». Me­glio così.