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 2009  maggio 07 Giovedì calendario

PORSCHE E VOLKSWAGEN PRONTE PER LA FUSIONE

Mai rovesciamento di fronte è stato più clamoroso nella storia recente del mondo automobilistico tedesco. Doveva essere una scalata; sarà invece una fusione, quella tra Porsche e Volkswagen.
Anticipata dalle voci dei giorni scorsi, l’operazione tutta famigliare è un nuovo tassello in un mondo dell’auto in fortissimo cambiamento, come dimostra anche il tentativo di Fiat di assorbire Opel dopo aver siglato l’alleanza con Chrysler. L’obiettivo è di creare una società "integrata", ha spiegato Porsche in un comunicato con il quale ha annunciato una fusione con Volkswagen. «Nella struttura finale, sotto lo stesso tetto vi saranno dieci marchi tutti indipendenti l’uno dall’altro». In particolare verrà salvaguardata proprio l’indipendenza di Porsche, una società che come poche altre nel giro di pochi mesi ha subito in pieno crisi economica e crash finanziario.
La scelta è stata fatta durante una drammatica riunione al vertice tra le famiglie Piëch e Porsche, principali azionisti di Porsche, e indirettamente di Volkswagen. L’operazione - che dovrebbe essere precisata nei dettagli entro quattro settimane - è stata affidata a un gruppo che comprende dirigenti delle due aziende e i rappresentanti dei lavoratori. Un ruolo particolare lo avrà anche la Bassa Sassonia che in Vw ha una quota del 20%, e che ieri si è detta pronta a esaminare l’operazione. L’annuncio diieri ”a seguito di un vertice misterioso nelle Alpi austriache – giunge a conclusione di tre anni e mezzo a dir poco rocamboleschi. Nel 2005, i Porsche e i Piëch decidono di architettare la scalata di Porsche ai danni di Volkswagen con l’obiettivo di creare un gigante industriale. Tutto bene in un primo tempo; fino a quando l’operazione, basata su ingegnosi acquisti di opzioni e derivati, si arena sulle onde della crisi finanziaria e del crollo di Borsa.
Il predatore, in questo caso Porsche, si trasforma in preda. Oberata da debiti per nove miliardi di euro, la casa di Stoccarda si indebolisce improvvisamente. I dubbi della vigilia, espressi da numerosi analisti finanziari, emergono prepotentemente: Porsche, quindici volte più piccola di Volkswagen, si vede costretta ad abbandonare l’obiettivo di controllare il 75% del gruppo automobilistico di Wolfsburg, fermandosi al 51 per cento.
Da settimane ormai, i Porsche e Piëch stavano discutendo animatamente delle varie opzioni non tanto per unire le due aziende, ma ormai per salvare Porsche. Due erano le possibilità sul tavolo. La prima, promossa dal presidente del consiglio di gestione della società di Stoccarda Wendelin Wiedeking, prevedeva giust’appunto una fusione tra le due società, senza escludere l’aiuto di un nuovo azionista danaroso, per esempio un fondo sovrano arabo.
La seconda, voluta da Ferdinand Piëch, presidente del consiglio di sorveglianza di Volkswagen e azionista di Porsche, era invece ancor più clamorosa: rovesciare completamente l’operazione e chiedere a Vw di acquistare la casa di Stoccarda. «Cambiamenti strutturali nell’assetto di Porsche sono inevitabili», sosteneva ieri Marc-René Tonn, analista di M.M. Warburg ad Amburgo, prima dell’annuncio della decisione delle due famiglie azioniste.
Nel suo comunicato di ieri, Porsche parla di imprecisate «misure finanziarie ». possibile l’arrivo di un nuovo socio, come chiesto da Wiedeking, magari per indebolire Piëch, grande vecchio dell’auto tedesca? O gli azionisti hanno in mente operazioni particolari per ridurre il debito della nuova entità?Comunque,l’accordo tra le due famiglie, e in particolare tra Wolfgang Porsche e il cugino Piëch, è un clamoroso compromesso dell’ultimo minuto.
Ieri mattina, mentre le due famiglie si riunivano in gran segreto nella regione di Salisburgo il capo del consiglio di fabbrica di Porsche, Uwe Hück, escludeva con forza un acquisto, o meglio un colpo di mano di Vw: «Porsche non sarà venduta», affermava alla rete televisiva N-TV. In effetti i principali azionisti, almeno formalmente, hanno preferito puntare su una fusione (non proprio alla pari)che garantisca però l’indipendenza dei marchi.
Dietro all’idea originale di unire le due aziende automobilistiche non vi sono soltanto ragioni industriali - crescere per meglio affrontare il mercato - ma anche sentimentali: riunire le due creature fondate dall’antenato Ferdinand Porsche nel primo dopoguerra. Ironia della sorte, la crisi ha trasformato un sogno un po’ imperiale in un salvataggio dell’ultimo minuto,non della preda ma del predatore. La lezione è che la finanza non può tutto e che
size matters, la taglia conta.