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 2009  maggio 06 Mercoledì calendario

SCHIAVI DEI TALEBAN A CACCIA DI SMERALDI NELLA SWAT VALLEY


Nella miniera di Gojaro Killay, alta valle dello Swat, Pakistan nord-occidentale, si scava senza sosta. Il personale è stato decuplicato, le misure di sicurezza messe completamente da parte, dimenticata ogni pianificazione a lungo termine. Il tempo stringe e i nuovi padroni vogliono mettere le mani su un bottino più grosso possibile. Centinaia di migliaia di smeraldi.
Gojaro Killay è una delle miniere più famose al mondo, con gemme di altissima qualità. Fino a un mese fa era sfruttata dalla Luxury International, che l’aveva presa in leasing dal governo centrale pakistano e pagava 40 milioni di affitto all’anno ma ne ricavava almeno il doppio. I taleban, che dallo scorso ottobre controllano la valle dello Swat e a febbraio hanno siglato un accordo con il presidente Ali Asif Zardari e imposto una sharia dura e pura, se la sono presa kalashnikov in pugno il 2 aprile, hanno cacciato i vigilantes della multinazionale americana e hanno messo sotto i minatori. Poi hanno promesso la metà del valore delle pietre a tutti quelli che volevano scavare volontariamente, come in una nuova febbre dell’oro in chiave coranica, e infine, secondo Sher Bacha, ex nazim, cioè capo della municipalità, hanno cominciato «a reclutare con le buone e le cattive» i giovani della zona: «Prima nella miniera ci lavoravano in cento, adesso sono mille».
La conquista della valle dello Swat si è rivelato un buon affare. Con le pietre di Gojaro Killay e quelle di Fiza Ghat, presa alla fine di marzo, i guerriglieri barbuti incassano fino a centomila dollari al giorno, sufficienti a coprire tutte le spese militari nella regione. Gli smeraldi vengono venduti grezzi davanti alle miniere, al riparo di trincee e bunker che sono stati scavati in fretta e furia. Gli acquirenti arrivano fin da Karachi e le gemme finiscono sul mercato nero. Un business più redditizio dell’oppio afghano.
Con costi e ricavi in pareggio, il taleban possono progettare nuove espansioni, anche in zone non di «loro competenza». Lo Swat era un tempo meta delle lune di miele degli sposini pakistani e in possesso dell’unica pista di sci del Paese, il distretto del Buner, ultima conquista, un fertile avamposto agricolo ai piedi delle montagne. Per quanto di etnia pashtun, come i guerriglieri islamisti, questi distretti della Provincia del Nord-Ovest non sono mai in aperto contrasto con il potere centrale, a differenza, per esempio, del Waziristan, retto dal mullah filo-al Qaeda Baitullah Mehsud.
L’espansione, che ha messo in fibrillazione gli americani, è stata tollerata da Islamabad finché aveva le sembianze di un accordo. Ma oltre a mettere le mani sulle miniere i barbuti hanno cominciato a reclutare uomini a forza, a chiudere scuole e a massacrare i poliziotti che avrebbero dovuto co-gestire l’ordine pubblico. La controffensiva dei paramilitari del Frontier Corps, i meglio addestrati alla lotta anti-guerriglia, è cominciata la scorsa settimana e ha tagliato fuori le avanguardie che avevano occupato il capoluogo del distretto di Buner. La valle dello Swat è stata investita, ieri, da Est.
L’occupazione dei taleban ha già fatto centomila sfollati, ma il peggio deve arrivare. Il ministro dell’Informazione pakistano, Iftikhar Hussain, ha detto che il governo sta preparando tende per 500 mila persone, in vista dell’offensiva finale. Il generale Athar Abass, alla testa delle operazioni, ha accusato i taleban di essersi «allargati troppo», scendendo anche nel Buner, a 96 chilometri da Islamabad. Il mullah Fazalullah ha replicato che il loro obbiettivo non è mai stato arrivare nella capitale: «Vogliamo soltanto costruire un modello di autentica giustizia islamica».
Ma il «Talibanistan» sognato dai pashtun integralisti per ora si fonda su fragili basi. I guerriglieri in armi nello Swat e nel Buner non sono più di tremila. Mentre 120 mila uomini dell’esercito pakistano (su 620 mila) sono schierati nella Provincia del Nord-Ovest, appoggiati da cacciabombardieri F-16 e Mirage 5. Anche se finora hanno avuto molte più perdite, 1500 da settembre, alla lunga non c’è partita.
La forsennata caccia alle gemme è giustificata anche da questo rapporto di forza. Gli smeraldi di Gojaro Killay e Fiza Ghat sono rinomati per il verde profondo e l’eccezionale qualità. Negli Anni Ottanta soltanto da Fiza Ghat si cavavano oltre 280 mila carati di gemme. Le riserve complessive sono stimate in 30 milioni di carati, quanto basta per finanziare decenni di guerra santa.