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 2009  maggio 06 Mercoledì calendario

SOLDI OFF-SHORE UGUALE EVASIONE


Un buon modello è quello di Mister Obama. Giulio Tremonti assicura che l’offensiva contro i paradisi fiscali, ovvero i paesi con poche e lasche regole impositive in cui ogni anno spariscono miliardi di dollari scippati agli Erari di tutto il pianeta, è un cantiere che si è aperto col G20 londinese di aprile, una strada su cui «tutti si stanno in qualche modo muovendo» e sulla quale «anche noi lavoriamo». Visto che le decisioni europee in materia sono imbrigliate dal voto all’unanimità, il ministro del Tesoro è persuaso che «sia giunto il momento in cui ognuno riprenda la propria sovranità e faccia per conto suo». Magari seguendo l’esempio del piano - «molto importante» - con cui l’America intende andare a recuperare 210 miliardi di dollari di gettito perduto.
E’ la crisi che rende necessario l’«assedio» ai centri offshore. Ieri il consiglio Ecofin ha preso atto della recessione «profonda» fotografata dalle previsioni della Commissione Ue e ha discusso i possibili antidoti. Non si parla di nuovi piani di stimolo, mentre c’è parecchia preoccupazione per la disoccupazione che nella media è ormai a due cifre. «Pur in un contesto difficile - ha affermato Tremonti - l’Italia sta relativamente meglio degli altri. Il debito cresce di meno al netto del ciclo. I dati sui senza lavoro sono meno catastrofici e, comunque, abbiamo 9 miliardi in bilancio per intervenire con gli ammortizzatori sociali. Lo faremo se necessario. Non lasceremo nessuno per strada».
Nell’attesa di sapere come andrà davvero, recuperare un po’ di gettito non farebbe male. «Abbiamo visto dalle dichiarazioni dei redditi del 2007 che l’evasione resta un problema», ha affermato il ministro non senza polemica verso il governo Prodi «che doveva arrivare e far scomparire gli evasori». La soluzione sta nell’azione sui «paradisi fiscali» per correggere una direttiva europea sul risparmio che «non ha portato la Svizzera in Europa bensì l’Europa in Svizzera». Il piano di Barack Obama arriva nel momento giusto a dare il buon esempio.
Tremonti ammette che lo deve ancora leggere a fondo, ma un’idea se l’è fatta. «E’ un documento che non affronta solo i paradisi, ma anche quei paesi che hanno una fiscalità più bassa rispetto agli Stati Uniti». In pratica, pensa a ridurre la concorrenza fiscale, che si traduce in una costosa guerra al ribasso. Può salvare le casse pubbliche e l’economia vietando di attirare le imprese riducendo le aliquote sul lavoro e sul reddito. Un sistema più equo, annuisce il ministro. Che illustra il suo programma. Solo idee, precisa. Per ora.
Tre punti per cominciare. Uno: inversione dell’onere della prova in cui si presuppone che chi ha portato i soldi offshore è un evasore sino a dimostrazione contraria. Due: sanzioni più severe per considerare «un’aggravante» il fatto di portare i capitali «prodotto dell’evasione» nei paradisi fiscali. Tre: una lista nera italiana che indichi centri offshore da considerare fra i cattivi. Il senso è chiaro: «In molte piazze finanziarie vicine all’Italia ci sono più società di Panama che abitanti».
Occorre dunque un ripensamento generale, e il ministro non pare aver rinunciato all’idea di uno scudo fiscale anche se ieri «non abbiamo preso nessuna decisione».
Il problema di fondo è nelle procedure legislative. La fine del segreto bancario è stata sancita dal G20, tuttavia la direttiva che se ne occupa è bloccata dai veti di chi non vuole cambiare. Argomento spinoso che ha portato uno scontro formidabile in seno all’Ecofin. Ha attaccato la Germania, col ministro Peer Steinbrueck che ha paragonato al Burkina Faso la Svizzera e i paesi Ue che praticano il segreto bancario (Austria, Belgio e Lussemburgo). Non l’ha digerita il premier del Granducato e numero uno dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, difeso dal presidente di turno ceco, Miroslav Kalousek. «Un errore mettere i tre stati nella lista grigia dei non cooperativi mentre stavano ammorbidendo le loro posizioni», ha detto. Ma Steinbrueck ha replicato: «Non chiedo scusa. Il fisco tedesco perde denaro e i contribuenti onesti fanno la parte degli imbecilli». Se ne riparlerà a giugno, per combinazione in Lussemburgo, dove l’Ecofin si riunisce sempre nel mese di giugno.
Il cantiere dei lavori sui paradisi fiscali che si è aperto al G20 di Londra comincia a dare i suoi primi frutti. Prima della stretta annunciata ieri dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, lunedì anche Barack Obama si era lanciato all’attacco di paradisi fiscali ed evasori, annunciando norme più stringenti, attuate anche grazie a un rafforzamento del numero dei controllori. L’obiettivo è interrompere le pratiche illegali che consentono ad alcune imprese e a ricchi americani di evadere il fisco. Le nuove norme, che anche se approvate dal Congresso non entreranno in vigore prima del 2011, faranno risparmiare al governo 210 miliardi di dollari, da utilizzare - spiega Obama - «per ridurre il deficit, alleggerire il carico fiscale sulle famiglie di lavoratori e concedere agevolazioni alle imprese che creano innovazione e occupazione in America».