Federico Rampini, la Repubblica 6/5/2009, 6 maggio 2009
OBBLIGATORIO FUMARE" DIRETTIVE SHOCK IN CINA
Le autorità locali hanno fissato gli obiettivi per i consumi degli impiegati: 230mila pacchetti entro la fine del 2009
Dopo il richiamo del governo centrale, piccola marcia indietro: chi rifiuterà di obbedire non sarà punito.
Sarebbe fiero Mao Zedong, che faceva fabbricare sigarette perfino dentro la cinta del Palazzo Imperiale. Se il resto del mondo si è piegato alle campagne anti-fumo, i dirigenti cinesi della contea di Gongan hanno lanciato la controffensiva: da loro la sigaretta è obbligatoria. Per motivi patriottici e per il bene pubblico. La circolare diramata dalle autorità locali è tassativa: sono tenuti a fumare tutti i dipendenti pubblici, insegnanti inclusi. Chen Nianzu, uno dei notabili municipali, ha spiegato con orgoglio la decisione sul quotidiano governativo Tempi Globali: « un sostegno alla ripresa, è un aiuto all´economia locale, ed è una bella iniezione di gettito per le finanze pubbliche». Gongan è nella provincia centrale dello Hubei, il cuore della Repubblica Popolare, e va orgogliosa della sua produzione di tabacco. la marca Hubei ad essere imposta agli impiegati pubblici, niente Marlboro né Camel. C´è anche un preciso target da raggiungere a fine anno, secondo le migliori tradizioni della pianificazione: i dipendenti statali devono far fuori almeno 230.000 pacchetti di Hubei nel 2009.
La direttiva di Gongan batte ogni record nella promozione del tabagismo. Ma tanto zelo è superfluo. La Cina è già il regno incontrastato della nicotina. Qui si vendono 2.000 miliardi di sigarette all´anno, un terzo di tutti i consumi mondiali. Il divieto di fumo, teoricamente in vigore in molti luoghi pubblici, è disatteso quasi ovunque: spicca l´eccezione degli aeroporti. Il 50% dei medici e del personale sanitario fuma regolarmente dentro i reparti ospedalieri. Ristoranti e karaoke bar sono immersi in nuvole soffocanti a ogni ora. I taxi sono spesso delle camere a gas, come non bastasse lo smog del traffico.
La promozione delle marche nazionali non arretra davanti a nulla. Nelle regioni rurali tante scuole portano il nome di una marca di sigarette locali: i produttori sono autorizzati a sponsorizzare i licei di Stato, per cominciare dalla più tenera età a conquistare nuovi clienti. La pubblicità del tabacco è pervasiva, dai concerti rock alle gare sportive. L´Organizzazione mondiale della sanità ha censito «1.350 eventi pubblici frequentati da bambini e adolescenti, dove si promuovono marche di sigarette». Per ragioni d´immagine, e per rendere omaggio ai visitatori internazionali, il comitato olimpico locale fece un timido tentativo di applicare il divieto un anno fa durante i Giochi di Pechino. La massa del pubblico lo ignorò senza esitazioni.
Per lo Stato cinese la sigaretta è preziosa. Nonostante le tasse più moderate del mondo su questo prodotto, grazie al volume di vendite il tabacco è la maggiore fonte di entrate fiscali: 60 miliardi di euro di gettito all´anno. I leader del regime hanno sempre dato il buon esempio. Edgar Snow, il primo giornalista occidentale ad avere intervistato Mao nella clandestinità, al primo incontro nel 1936 in una grotta di Yanan lo descriveva «mentre fumava una sigaretta Chien Men». Il suo successore Deng Xiaoping in visita negli Stati Uniti nel 1979 colpì gli americani per la velocità con cui accendeva una sigaretta dietro l´altra: lo definirono subito "chain-smoker", fumatore a ripetizione. In omaggio a precedenti così autorevoli c´è la marca di sigarette Zhongnanhai: ha il nome del quartiere esclusivo e blindato dove abitano i vertici della nomenklatura, a fianco della Città Proibita.
Nelle zone agricole più povere sono in vigore dei sussidi per promuovere la vendita del tabacco locale. Le sue virtù vengono pubblicizzate con enfasi. A una recente fiera dell´informatica a Shanghai, a fianco ai padiglioni della Intel c´erano degli stand per illustrare la qualità superiore delle sigarette nazionali, con tanto di statistiche su nicotina, catrame, monossido di carbonio.
Solo di recente il governo ha aderito alla carta dell´Onu contro il tabagismo. Le autorità sanitarie cominciano ad aprire gli occhi davanti all´entità del disastro. Le malattie provocate direttamente dal fumo uccidono un milione di cinesi all´anno. Ancora prima di raggiungere i 14 anni, il 10% dei maschi sono fumatori regolari. Per questo la direttiva di Gongan è sembrata un po´ eccessiva. E dopo l´intervista a Tempi Globali i dirigenti locali hanno ricevuto una tirata d´orecchie da Pechino. A malincuore hanno fatto una mezza marcia indietro, spiegando che a loro interessa contrastare la penetrazione di marche straniere o contraffatte. L´obbligo di fumare sarà applicato senza troppa severità. Le adesioni spontanee sono gradite.