Walter Galbiati, la Repubblica 6/5/2009, 6 maggio 2009
UN TESORETTO OFF SHORE DA 550 MILIARDI MA AL FISCO POTREBBERO ARRIVARNE SOLO DUE
MILANO - Un tesoro stimato in 550 miliardi, che gli italiani hanno stipato per la maggior parte in Svizzera (circa 270 miliardi) e per il resto tra Lussemburgo, Montecarlo e qualche remoto paradiso fiscale. L´invito a farli rientrare era già arrivato nel 2003, quando l´allora ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, varò lo scudo fiscale. Tornarono all´ovile circa 80 miliardi e con una aliquota del 2,5 per cento, il Fisco recuperò più o meno due miliardi di euro. Ora l´augurio è che ne rientrino la metà, 40 miliardi, ma che l´aliquota venga raddoppiata al 5 per cento. Il risultato quindi non dovrebbe cambiare e sarebbero altri due miliardi di gettito recuperati senza grande sforzo per le casse dello Stato.
L´inasprimento nei confronti dei paradisi fiscali punta a colpire chi ha deciso di nascondere le proprie ricchezze all´estero. Una lotta, che secondo il professore di diritto tributario internazionale comparato presso l´Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Guglielmo Maisto, dovrebbe essere portata avanti aprendo un tavolo di concertazione con i Paesi offshore. «Come sancito dalla direttiva sul Risparmio, o vi è uno scambio di informazione o viene applicata una ritenuta sugli interessi maturati sui depositi in conto corrente, custoditi nelle sedi offshore delle banche», spiega il docente. Questa tecnica dovrebbe essere ampliata dai conti correnti alle altre categorie di reddito, come le plusvalenze su azioni e i dividendi.
Le norme per combattere l´evasione del resto già ci sono e l´inasprimento delle regole non servirebbe a molto. L´Italia ha già una sua black list e già il contribuente ha l´onere di provare che i capitali all´estero non sono frutto di evasione. Semmai, deve essere migliorata la collaborazione tra chi esporta i capitali e chi li riceve. Senza un´azione concertata, è difficile sconfiggere il fenomeno.