Gaia Piccardi, Corriere della sera 5/5/2009, 5 maggio 2009
LA DOKIC «PAPA’ ABUSAVA DI ME»
C’erano troppi fantasmi nella metà campo di Jelena Dokic. E troppe ombre in quegli occhi azzurri pieni di vergogna.
No, non poteva trattarsi solo di un padre ingombrante. Manesco, ubriacone, litigioso, bandito dal Tour femminile: dove passava il tassista di Belgrado Damir Dokic, spuntava un problema.
C’era, infatti, molto di più.
«Ho subito abusi da ragazzina» ha detto Jelena al riparo dell’inverno australiano dove è difficile raggiungerla.
E forse ora la guarigione può, finalmente, cominciare.
Era il segreto di Pulcinella e non c’è giocatrice, qui a Roma, né Serena Williams («Prego per lei e chiunque sia coinvolto in questa brutta situazione») né la numero 1 Dinara Safina («Jelena saprà superare anche questo momento»), che si sia stupita.
Tutte ricordano la violenza verbale dell’orco serbo, la facilità con cui alzava le mani, la precipitosa fuga in Australia della famiglia Dokic dall’ex Jugoslavia e quella, disperata, di Jelena dal padre a 15 anni: «Ho vissuto le cose peggiori, più di qualsiasi altra giocatrice.
E, a 26 anni, lo posso dire con certezza».
Non c’è Andrea Jaeger (oggi suora) né Mary Pierce che tenga, insomma, e di certo appare non casuale che in un tribunale della Francia, in questi giorni, si stia celebrando il processo per violenze sessuali a Régis de Camaret, coach dell’ex numero 2 del mondo Nathalie Tauziat, accusato da una generazione di ragazzine interrotte. Jelena è forte, ha saputo uscire dalla depressione, perdere venti chili e reagire arrivando a sorpresa nei quarti di finale dell’Australian Open a gennaio. «Giocare a tennis, dopo quello che ho passato, è facile...». C’è stato un periodo in cui desiderava la vita di qualcun’altra.
Qualsiasi altra: «Mi chiedevo: perché proprio io? In quel periodo nulla mi rendeva felice».
L’ex n. 4 del mondo, semifinalista a Wimbledon 2000 e regina di Roma 2001, la donna che visse non una, non due, ma molte più volte, sgravata di un peso tornerà in campo la settimana prossima a Varsavia. Un po’ più sola e leggera, forse, in quella metà campo. «Anche se, alla fine, quello che ti accade ti accompagnerà per sempre. E fa di te ciò che sei».