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 2009  maggio 05 Martedì calendario

TONI MORRISON NEL MONDI DEI VINTI


In questa storia ambientata nel 1680, una donna regala sua figlia a un mercante sperando di garantirle una vita
"La pietà è una forma d´amore che rende meno penosa l´esistenza"
"Updike ha torto: ho ammirato Faulkner, ma non mi ha influenzata"
Il nono romanzo di Toni Morrison, in uscita oggi in Italia da Frassinelli con il titolo Il dono e la traduzione di Silvia Fornasiero (pagg. 192, euro 17.50), affronta nuovamente l´abominio della schiavitù, ma con una prospettiva ribaltata rispetto ad Amatissima. Nel suo libro più celebre e potente, l´autrice raccontava la scelta tragica di una donna che arrivava ad uccidere la propria figlia pur di non farla diventare una schiava. Invece, nel Dono, ambientato nel 1680, una donna dona la figlia ad un mercante, nella speranza di garantirle una vita in un mondo devastato da una terribile epidemia di vaiolo.
Il tragico paradosso della vicenda trasforma quindi un atto terribile in un gesto di pietà (è questo il titolo originale: A Mercy), e lancia un´ombra raggelante su una società giovane dominata dalla violenza e l´ingiustizia, convinta di esser civile ma con fondamenta già marce. Il libro, che è stato definito dal New York Times "una gemma scintillante" e dal Washington Post un "piccolo e ricco capolavoro", è uscito negli Stati Uniti a pochi giorni di distanza dall´elezione di Barack Obama, al quale la Morrison ha scritto una lettera nella quale ha stigmatizzato come un «errore enorme identificare l´"affermative action" come qualcosa che ha a che fare con la gente di colore».
«Ne sono convinta, e credo che sia giusto che ne abbia coscienza chiunque», racconta nel suo ufficio newyorkese l´autrice che ha vinto il Nobel nel ´93. «La norma che prevede di assumere a parità di condizioni chi proviene da una minoranza ha avuto affetti importanti, ma oggi il vero problema è quello della miseria. La povertà si ciba di razzismo e lo scatena, e mai come ora è necessario fare gesti forti. Oggi in America il numero dei bianchi in welfare è superiore a quello dei neri, ma c´è ancora il rischio della propaganda che tende ad identificare i neri con i poveri».
Lei ha dichiarato di aver voluto descrivere un mondo «precedente al momento in cui la schiavitù è stata legata imprescindibilmente con il dato razziale".
«In America razzismo e schiavitù hanno rappresentato due facce della stessa medaglia, ed è stata istituzionalizzata per proteggere deliberatamente la classe dominante: il lavoro non pagato rappresentava uno dei pilastri del benessere e della "civiltà"».
A partire dall´incipit "Non aver paura", uno dei temi principali è quello della costante situazione di paura e incertezza in cui si trovano i protagonisti.
« proprio così, e non mi riferisco solo ai personaggi che descrivo. Non è un caso che nel finale chi ascolta quelle parole dice l´opposto: "hai paura". Il libro nasce da una supplica ed evolve in maniera intima, forse spirituale».
Un altro tema centrale è quello delle persecuzioni religiose. Si può leggere un riferimento ai nostri tempi?
«Non era la mia intenzione primaria, ma non sono contraria al fatto che faccia riflettere. Il Maryland nasce come un´enclave nella quale i cattolici sfuggivano alle persecuzioni puritane. In seguito la situazione si è complicata ed è degenerata. Oggi il tema della religione è centrale: penso alle degenerazioni come il fondamentalismo, ma anche all´opposto: la solidarietà, l´apprezzamento di un´armonia che rivela la trascendenza, la costruzione di qualcosa di meraviglioso come una cattedrale».
Il mondo che descrive sembra incapace di provare pietà, e l´epidemia di vaiolo appare come una piaga biblica.
«Il nuovo mondo era per molti versi già antico, forse eterno. Un luogo nel quale uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo trovavano una terra incontaminata nella quale hanno scatenato i loro istinti primordiali. Svedesi, francesi, olandesi e, prima degli stermini, almeno venti milioni di nativi».
L´unica rivoluzione possibile sembra quella della pietà.
«Si tratta di una forma di amore che consente di rendere più sopportabile e meno penosa l´esistenza. Uno degli elementi più orribili della schiavitù consisteva nella separazione violenta tra genitori e figli. Florens chiede un miracolo, e troverà la pietà».
In una delle sue ultime recensioni John Updike ha citato Faulkner.
« una influenza molto minore di quanto possa immaginare, anche se si tratta di un autore che ho ammirato enormemente, in particolare per il talento con cui sapeva immortalare il linguaggio del Sud. Mi hanno affascinato anche i suoi temi, al punto che la mia tesi di laurea è stata sul modo in cui ha rappresentato il suicidio in rapporto a Virginia Woolf. Per il primo è debolezza e abbandono, per la seconda una scelta forte».
Lei ha dichiarato: "Mio padre non credeva ad alcun bianco e non li faceva neanche entrare in casa. Ma per fortuna mia madre era completamente diversa".
«Da bambino mio padre ha assistito con i propri occhi a numerosi linciaggi nel proprio quartiere. Per tutta la vita rimaneva sconvolto non appena vedeva un gruppo di bianchi. Mia madre non ha avuto questa esperienza, ma c´è da dire che lei non è mai più tornata nel posto dove era cresciuta, mentre mio padre andò ripetutamente in quei luoghi segnati da atrocità».
Quando Obama è stato eletto lei ha detto che la sua "immaginazione creativa, accoppiata alla brillantezza, porta alla saggezza". Qual è la sua valutazione dopo i primi cento giorni?
«Estremamente positiva: sta prendendo decisioni impopolari e questo è segno di forza. Molta gente ha paura di esserne sedotta e non dimentichi le incredibili aspettative che ha generato. Ho settantasette anni e non ho mai visto nulla di simile. Ma si tratta di un presidente e non di un re».
Alcune scelte di politica estera sono molto più simili a quelle di Bush di quanto in molti si potessero aspettare.
«Non mi sembra che abbia smentito quello che aveva detto in campagna elettorale. Ma bisogna aggiungere: hai sentito cosa dicono i nostri nemici di noi? Cosa minacciano, non solo contro l´America? La novità oggi è che grazie a questo presidente oltre alla minacce c´è, forse, una timida apertura al dialogo».