Piero Bianco, La stampa 6/5/2009, 6 maggio 2009
CACCIA ALL’ALLEANZA ANTI-MARCHIONNE
All’improvviso tutto è cambiato. Gli scenari, i programmi, le certezze sul futuro. I colossi mondiali dell’auto adesso si interrogano preoccupati sugli effetti dello tsunami industriale ed economico che le nuove alleanze possono scatenare. Da grande giocatore di scopone, Sergio Marchionne ha «sparigliato» le carte. Prima con Chrysler, ora con la determinatissima caccia alle quote di Opel.
Se la campagna tedesca (benedetta dagli americani della Gm) andrà in porto, nascerà sotto il controllo della Fiat un gruppone a tre da podio globale e da oltre 6 milioni di vetture. In grado di competere per la medaglia d’argento, dando per scontato che nessuno quest’anno toglierà il secondo oro consecutivo alla Toyota. Il primato dei giapponesi non è in discussione, tuttavia anche i ricchi piangono. Allo storico sorpasso che ha spodestato dopo 77 anni la General Motors nel 2008 (8,972 milioni di veicoli venduti contro 8,355), è seguita una débacle preoccupante. Inimmaginabile per chi era sempre salito. Toyota continua a soffrire in Usa e sul mercato domestico, per la prima volta ha chiuso il bilancio in rosso e per la prima volta si è rifugiata nella cassa integrazione.
La minaccia incombente si chiama Volkswagen, che è leader in Europa e 6,2 milioni li ha già raggiunti globalmente lo scorso anno. Volkswagen ha giocato d’anticipo, accaparrandosi in tempi non sospetti marchi prestigiosi come Audi (e Lamborghini), altri da volumi importanti e strategici come Seat e Skoda. Inoltre gode di consolidate joint-venture in Sudamerica e Cina.
Marchionne ha gettato un sasso nello stagno sonnecchiante del risiko automobilistico. Scatenando un putiferio. Quali saranno le contromosse? Fioriranno nuove alleanze? Possibile, anzi probabile. E chi sta già muovendosi per controbattere?
Non Ford, che ha scelto di correre da sola, partendo dal suo patrimonio di 5,4 milioni di vetture. Ha il «peso» di una Volvo in difficoltà, ma anche i mezzi per difendersi in autonomia. General Motors, se fosse privata di Opel e soprattutto se riuscirà a sopravvivere, subirà un fatale ridimensionamento: proprio per questo diventerebbe una preda ambita, anche perché è ben posizionata in Cina.
La prossima mossa potrebbe arrivare ancora dall’Europa, sul filone franco-tedesco. Il gruppo PSA (Peugeot/Citroen) ha flirtato a lungo con il Lingotto covando l’ipotesi di un gemellaggio. Poteva nascere un trio diverso, con Bmw. Quest’ultima ipotesi è tuttora percorribile, insieme sfiorerebbero i 3,5 milioni di auto, anche se un marchio Premium come quello di Monaco (1,435 milioni di consegne nel 2008, Mini compresa) non ha necessità assoluta di partner perché cavalca esclusivamente il mercato del lusso. Di sicuro PSA è in cerca di un compagno di viaggio che garantisca quella crescita fisiologica dei volumi importante.
Renault-Nissan sono alleate da tempo e, pur con qualche difficoltà, tengono la quota anche in Europa, mentre il gruppo Kia-Hyundai ha raggiunto il sesto posto tra i grandi. Daimler, che controlla Mercedes e riceve una spinta non indifferente da Smart, non ha manifestato finora mire espansionistiche, ancora scottata dal fallimento della precedente avventura con Chrysler. Ma potrebbe entrare con un peso decisivo nel futuro risiko.
Le grandi variabili sono soprattutto due: Cina e India. Cioè le uniche realtà con concrete prospettive di espansione. Quello cinese già quest’anno diventerà il primo mercato mondiale (superando gli Stati Uniti), non è calato: è solo cresciuto di meno e la differenza è fondamentale. Great Wall si candida per diventare entro 5 anni uno dei tre costruttori leader, l’unico vero problema per la Cina sono gli oltre 30 produttori locali che disperdono energie. Per loro sì, sarà davvero determinante fissare alleanze. Tata in India è finora cresciuta meno di quanto si prevedesse, nonostante le acquisizioni di Jaguar e Land Rover.
Chi, dall’Europa o dall’America, riuscirà a trovare joint-venture solide con i marchi asiatici potrebbe di nuovo «sparigliare» le carte.