Pierluigi Panza, Corriere della sera 6/5/2009, 6 maggio 2009
IL PIRELLONE PERDE IL PRIMATO MILANO RICOMINCIA A SALIRE
Milano e l’altezza sono stati un connubio inscindibile. Senza rovine paragonabili a quelle di Roma e delle Due Sicilie, in una pianura resa «magnificente dal lavoro dell’uomo» (Carlo Cattaneo, «Notizie naturali e civili su la Lombardia ») solo un segno verticale che poteva stagliarsi sopra gli abitati, i campi coltivati e le risaie poteva rendere identificabile il luogo. Per questo, lo stile gotico della cattedrale e un «cantiere permanente» come quello della Veneranda Fabbrica del Duomo sono stati, e sono, i simboli identificativi di Milano, espressioni dello spirito umano di costruire verso l’alto lavorando incessantemente.
Simboli tutt’altro che del passato, tanto che l’affermazione futurista di Boccioni, del cui movimento si celebra il centenario, avviene nel 1910 proprio con la tela «La città che sale», inno alla metropoli del futuro che si sviluppa in altezza attraverso il lavoro. Ovvero la Milano di sempre. La Milano che venerdì, con il secondo grattacielo della Regione Lombardia salirà ancora.
Nessuno violò il record in altezza della Madonnina (108,5 metri; altezza della statua 4,16) realizzata dal Giuseppe Perego e posta sulla più alta guglia che l’architetto Francesco Croce costruì nel 1769 sino al grattacielo Pirelli di Gio Ponti. Qualche possibilità c’era stata: ma la Torre del Filarete al Castello Sforzesco (70 metri) costruita da Luca Beltrami nel 1900 o la Torre Velasca del gruppo BBPR si erano fermate un po’ al di sotto. La Torre Velasca, del 1958, solo due metri al di sotto. Dunque si era pronti per il sorpasso.
E questo arrivò con Gio Ponti e il suo grattacielo in cemento armato che, con grande scandalo e polemica, nel 1960 raggiunse l’altezza di 127,40 metri. Naturalmente i grandi grattacieli americani cresciuti come funghi di pietra dopo la crisi del ”29 erano già più alti. Ponti, che resta l’architetto italiano del Novecento più noto nel mondo, non aveva però costruito l’edificio più svettante d’Italia, poiché sui due gradini più alti del podio restavano la cupola di Michelangelo di San Pietro (136 metri) e la Mole Antonelliana di Torino (167 metri).
Il Pirellone, inaugurato il 4 aprile del ”60, divenne subito il simbolo della borghesia del Nord e del boom economico. E per questo fu preso letterariamente di mira dall’anarchico protagonista di «La vita agra» di Luciano Bianciardi, che aveva il desiderio di farlo saltare in aria. Ma il grattacielo resistette anche il 18 aprile del 2002 quando Milano visse una pallida, ma pur sempre tragica, imitazione dell’11 settembre, con lo svizzero Gino Fasulo che alle 17.47 lanciò il suo aereo da turismo contro gli ultimi piani del colosso di cemento. Sembrò di assistere a un film già visto, con i nuclei speciali dei vigili del fuoco che si lanciarono su per le scale del Pirellone e si calano dall’alto recuperando vittime, feriti tra uno svolazzare di polvere e fogli e una foresta di macerie e frammenti.
Venerdì prossimo il grattacielo della seconda Sede della Regione Lombardia, progettato da Pei-Cobb attualmente in costruzione nell’area di via Melchiorre Gioia, raggiungerà e supererà l’altezza del Pirelli diventando il punto più alto di Milano. «Alle 21.30 – ha dichiarato il presidente della Lombardia Formigoni – sulla sommità del cantiere verrà collocata una pietra di quota che segnerà 127,40 metri». E sulla «pietra di quota» verrà poi posizionata la Madonnina di Cantiere, miniatura della Madonnina del Duomo, una cui copia di 85 centimetri è posta sulla sommità del grattacielo Pirelli sin dal 1960. Ma è un primato destinato a non durare. I tre grattacieli di CityLife che sorgeranno sull’area della ex Fiera Campionaria saranno alti 170 metri (Libeskind), 185 metri (Hadid) e 215 metri (Isozaki). Non necessariamente una città alta è una grande città. Milano, però, ha storicamente scelto anche questo: costruire vette di pietra sopra la pianura.