Enrico Marro, Corriere della sera 6/5/2009, 6 maggio 2009
NEL NUOVO WELFARE CAMBIANO I LICENZIAMENTI
Il governo vuole riformare lo Stato sociale. Un progetto ambizioso e di lungo respiro, i cui obiettivi sono nel Libro Bianco che sarà presentato oggi dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. A differenza del precedente Libro Bianco, quello del 2001, che si limitava al mercato del lavoro, questo affronta tutti gli ambiti dello Stato sociale, perché al centro del disegno riformatore c’è «la persona» in un sistema integrato di tutele, dalla salute al lavoro, dalla formazione alla previdenza. Ma come il documento che portò nel 2002 alla legge Biagi sui contratti flessibili, anche quello che viene presentato oggi rilancia lo «Statuto dei lavori», cioè una nuova regolazione dei rapporti di lavoro all’insegna di un sistema di protezioni «sostanziali» anziché «formali». Il Libro non contiene proposte, ma è chiaro che il governo vuole rivedere lo «Statuto dei lavoratori» del 1970, compreso l’articolo 18 che vieta il licenziamento senza giusta causa.
«Il superamento delle molte criticità nel mercato del lavoro – dice il testo – non può più essere affidato a una concezione formalistica e burocratica dei rapporti di lavoro che alimenta un imponente contenzioso». Lo Statuto dei lavori «altro non è se non un corpo di tutele sostanziali del lavoro costruite per geometrie variabili, in funzione cioè del reale grado di dipendenza economica del lavoratore e non solo di parametri astratti e formali». In quest’ottica, conclude il Libro, «le stesse proposte di incidere finalmente sul regime del recesso dal rapporto di lavoro potranno realizzare un maggiore consenso collocandosi in un moderno sistema di tutele attive », cioè di strumenti capaci di facilitare la rioccupazione.
Del resto, la persona al centro del Libro Bianco non è più quella da assistere «dalla culla alla tomba», come nel vecchio Welfare «risarcitorio», ma un individuo da accompagnare nello sviluppo delle «proprie risorse » nelle diverse sfere della vita. Durante la quale cambierà più volte lavoro, vivrà più a lungo e avrà bisogno di un sistema integrato di prevenzione, assistenza e cura che non potrà più ruotare intorno binomio medico di famiglia-ospedale.
Centrale, secondo il disegno riformatore di Sacconi, sarà il «fascicolo personale elettronico, destinato a raccogliere le informazioni inerenti le varie fasi della vita, nonché gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi e più in generale tutte le informazioni utili per l’integrazione sociale e la partecipazione attiva al mercato del lavoro ».
Sul versante della salute, servirà «a raccogliere e trasmettere dati clinici individuali in modo da garantire la massima continuità delle tutele attraverso i diversi servizi», dal medico di base al servizio domiciliare, dal day hospital all’istituto di cura specialistico. In questa rete entreranno le farmacie e «il servizio postale in relazione alla sua capacità di validare le ricette elettroniche trasmesse o garantire il deposito protetto di dati sensibili ».
Riguardo al lavoro, «il fascicolo elettronico deve essere finalizzato a raccogliere e trasmettere informazioni strategiche sui percorsi educativi, formativi, occupazionali e assistenziali in modo da prevenire il bisogno e favorire un ottimale inserimento nel lavoro».
Il nuovo Welfare dovrà, ovviamente, essere finanziariamente sostenibile, nonostante l’invecchiamento dalla società. Bisognerà quindi affrontare anche il tema dell’innalzamento dell’età di pensione, anche se non ora che c’è la crisi. Più in generale, il Libro Bianco insiste sull’integrazione fra servizi pubblici e privati, sulla sussidiarietà, sul ruolo del volontariato e degli enti bilaterali. Ma centrale è anche «la ricomposizione del divario territoriale» tra Nord e Sud, con l’aumento del tasso occupazione, soprattutto femminile, nel Mezzogiorno «dove ben tre donne su quattro in età di lavoro sono senza lavoro ». Un problema non solo di incentivi, sottolinea Sacconi, ma anche culturale. Come quello della maternità. «Le donne vorrebbero più figli di quelli che in realtà fanno». E non solo per colpa della carenza di asili nido. Contano «anche influenze culturali più sottili: la progressiva perdita delle competenze genitoriali e del valore sociale della maternità, una tendenza all’eccesso di medicalizzazione della gravidanza e del parto, visto sempre meno come un evento naturale, la scarsa propensione degli uomini italiani alla condivisione dell’impegno domestico». Detto tutto questo, non sorprende che il titolo del Libro Bianco sia: «La vita buona nella società attiva». E che nella premessa il ministro, criticando le «culture nichiliste» che favoriscono il declino della società, auspichi che prevalga «l’idea vitale della ricerca della felicità ».