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 2009  maggio 06 Mercoledì calendario

CAPITALI ALL’ESTERO, GIRO DI VITE FISCALE

Inversione dell’onere della prova per chi detenga capitali nei paradisi fiscali. Inasprimento delle sanzioni. Pressioni crescenti sui paesi confinanti che hanno una densità di società panamensi superiore a quella dei propri abitanti. Compilazione di una lista nera italiana dei centri off-shore non cooperativi.
Giulio Tremonti fa sul serio. Sono queste le piste sulle quali sta lavorando sul fronte della guerra all’evasione fiscale. Dopo l’accordo raggiunto ai primi di aprile al G-20 di Londra per seppellire l’era del segreto bancario, l’Europa sista impegnando a fondo nella partita, sia pure al prezzo di profonde lacerazioni interne che ieri all’Ecofin sono esplose in modo violento e drammatico.
Accantonato, allora, in Italia il progetto dello scudo fiscale per inseguire la politica del giro di vite? Non sembrerebbe. «Nessuna decisione è stata ancora presa » ha precisato il ministro dell’Economia. Ribadendo la sua posizione sullo scudo: una volta sanata l’evasione,«i capitali vanno rimpatriati e ognuno è libero di investirli dove vuole, tenendo conto che se rientrano è un bene per la ricchezza e l’occupazione nel paese ». La sensazione è che Tremonti stia giocando su entrambi i tavoli. Escludendo però una riedizione dello scudo 2001 che prevedeva la possibilità, allora imposta da Bruxelles, di dichiarare in Italia i capitali esportati lasciandoli però in Svizzera, in nome del principio della libera circolazione dei capitali. «Oggi quella soluzione sarebbe inaccettabile. I capitali vanno rimpatriati».L’Italia sta lavorando per tagliare l’erba sotto i piedi dei fortini segreti. Come stanno facendo Germania, Francia e Gran Bretagna. Come sta facendo anche l’America di Barak Obama con una riforma fiscale che punta a recuperare ben 210 miliardi di dollari. Ma la fine di un mondo rischia di lasciare per strada morti e feriti. L’Ecofin ieri a Bruxelles ne ha fornito la prova. Riunione ad altissima tensione, con Lussemburgo, Austria e Belgio, terre di segreto bancario, furibondi con i partners europei che hanno tradito al G-20 di Londra gli impegni, presi al vertice Ue di marzo, a non includere nessun paese Ue nelle liste Ocse. E’invece successo il contrario. Un affronto ancor più intollerabile in quanto i tre collaborano con l’Ocse.Ma il mondo che cambia nel dopo-crisi non guarda in faccia a nessuno. Come il tedesco Peer Steibrueck ieri ha provveduto a sottolineare: «Non abbiamo niente di cui scusarci. Ritengo giusta quella lista. Il fisco tedesco perde soldi e i nostri contribuenti onesti fanno la figura degli imbecilli». Dopo di che non ha esitato a paragonare Lussemburgo, Lietchenstein, Svizzera e Austria al Burkina Faso in fatto di trasparenza fiscale.
Opposta la reazione del ceco Miroslav Kaluosek, presidente di turno dell’Ecofin: è un peccato che il G 20 abbia deciso di pubblicare un elenco non ancora definitivo, in cui non dovevano essere inseriti i paesi europei che collaborano. Mi dispiace e me ne scuso con Lussemburgo, Belgio e Austria». Della questione si tornerà a discutere alla prossima ministeriale con tensioni assicurate. Proprio perchè l’America si muove mentre l’Europa rischia di restare bloccata,perchè l’abolizione del segreto bancario richiede l’unanimità dei 27 e per di più si ritrova blindato dentro la direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio - «che ha fatto entrare l’Europa in Svizzera e non il contrario» - Tremonti ritiene che sia arrivato il momento in cui «ognuno faccia per conto suo facendo valere la propria sovranità fiscale». Quindi per l’Italia, spiega il ministro, «se un capitale viene esportato in un paradiso fiscale, si presume sia il prodotto di evasione salvo prova contraria ». E «se poi uno evade e mette il frutto dell’evasione in uno paradiso, è giusto che ci sia un aggravante specifica, con inasprimento delle sanzioni». A quando la riforma italiana? Tremonti non si sbilancia. Però dice che la fine del segreto e della ritenuta d’acconto entro il 2014, come auspicato dall’europarlamento, gli sembra troppo lontana. Forse pensa al2011, l’orizzonte della riforma Obama. Quanto ai conti, invece, Tremonti annuncia: l’Italia, al netto dell’impatto della crisi, è l’unico paese, tra i Grandi, ad avere un deficit al di sotto del 3 per cento.