Ian Johnson, Milano Finanza (da The Wall Street Journal), 1/5/2009, 1 maggio 2009
TROPPI DOTTORI IN CINA
Nella superpotenza asiatica cresce il numero dei laureati ancora senza lavoro un anno dopo essere usciti dalle università locali. Che per crescere si sono indebitate fino al collo. Trascurando la qualità
Zhang Weidong visita il Talent Fair di Nan Jing da più di un mese e non riesce a capire perché non ha ancora trovato un lavoro. «Le società cercano impiegati e io ho una laurea», spiega il ventiduenne informatico, stringendo fra le mani una cartelletta di plastica piena di cv, biglietti da visita e informazioni sulle società. «Non capisco dove sbaglio». In Cina i laureati disoccupati una volta erano una rarità. Ma il loro numero sta raggiungendo livelli critici, in coincidenza con la peggiore crisi economica degli ultimi vent’anni. Circa un terzo dei 5,6 milioni di laureati dell’anno scorso sta ancora cercando lavoro, e quest’anno altri 6,1 milioni si affacceranno sul mercato. Trovare lavoro ai laureati è improvvisamente diventata una priorità nazionale: all’inizio del mese Pechino ha ordinato ai governi locali e alle aziende statali di assumere più laureati per mantenere la «stabilità generale» in Cina. Le università sfornano laureati in quantità record, ma a causa della recessione e dell’eccessivo affollamento alle fiere del lavoro, pochi studenti riescono a trovare un’occupazione.
La Cina si trova così ad affrontare una bolla dell’istruzione secondaria, simile a quella del credito. Per effetto della spinta del governo, le università cinesi - la maggior parte delle quali è controllata dallo Stato - hanno registrato un aumento delle iscrizioni del 30% annuo per gran parte di questo decennio, e hanno costruito nuovi e grandi campus. Il metodo di finanziamento era semplice: i nuovi studenti aumentavano il flusso di rette che andavano a ripagare i prestiti utilizzati per finanziare l’espansione. Ma i piani erano troppo ottimisti, e centinaia di università in tutta la Cina sono state bloccate dai debiti.
Più grave per le prospettive di lungo termine della Cina è che l’espansione sia stata talmente rapida e le pressioni alla restituzione dei debiti talmente intense, che molte delle scuole si sono trasformate in macchine sforna-diplomi, immettendo sul mercato del lavoro studenti scarsamente qualificati. Zhang si è laureato in una scuola di medicina tradizionale cinese priva di esperienza in informatica. Ricorda le classi sovraffollate e la mancanza di materiali: «Mi chiedo se questo tipo di istruzione ha un qualche valore».
Molti esperti si chiedono la stessa cosa, mentre la crisi porta alla luce problemi tenuti nascosti all’inizio del decennio. Ora, le società sono più selettive. Molte si rifiutano di assumere i neolaureati, spiega Robert Ubell, che gestisce un programma della New York University in Cina per formare i giovani cinesi dipendenti di società estere. «Qui spesso i laureati hanno poca pratica». Il problema nasce dallo strato intermedio del sistema educativo cinese. L’istruzione di base del paese garantisce alla maggior parte dei cittadini l’alfabetizzazione, il che significa che anche i contadini più poveri che si trasferiscono nelle città costiere del paese, dove si sono sviluppate molte industrie, possono apprendere il funzionamento di una macchina. In vetta al sistema ci sono 75 università di élite fondate dal governo centrale. Per questo motivo la loro espansione non ha avuto problemi finanziari. Oltre alle università di élite, ce ne sono altre 2.100 dove studia la maggior parte dei ragazzi cinesi. Quasi tutte sono oberate da debiti, secondo fonti ufficiali e società di ricerca. Nella povera provincia di Anhui, 50 università devono 1,2 miliardi di dollari alle banche, secondo Zhao Han, vice presidente della Hefei University of Technology di Anhui. Zhao, che è anche consulente del governo e ha accesso ai dati finanziari, spiega che i debiti di alcune scuole sono pari a metà delle rette annuali. « una grossa spesa che incide sulle normali attività della scuola».
I governi locali più ricchi stanno già organizzando piani di salvataggio. L’anno scorso, la ricca provincia di Guangdong ha ordinato alle banche - quasi tutte controllate dallo Stato - di ristrutturare i loro prestiti alle università. La Provincia ha speso anche 30 milioni di dollari quest’anno per evitare il fallimento di alcune università.
Alcuni vedono la situazione in modo più ottimista. Secondo Hu Angang, un importante economista della Tsinghua University, la Cina sta eguagliando l’espansione delle università degli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. Allora, il cosiddetto «G.I. Bill» consentiva ai soldati reduci di guerra di frequentare l’università, aprendo l’istruzione secondaria a una parte più vasta della società e sostenendo la ripresa economica americana di lungo termine. Gli attuali problemi, continua Hu, si risolveranno da soli con il tempo. «L’espansione della Cina è stata corretta», sostiene il professor Hu. «Faceva parte di un nuovo accordo lanciato per diffondere l’istruzione oltre l’élite».
Nel 1998, 3,4 milioni di cinesi hanno frequentato l’università. L’anno scorso il numero era 21,5 milioni. Per far fronte al crescente numero di immatricolazioni, le scuole hanno speso quasi 100 miliardi di dollari, secondo stime delle società di ricerca cinesi, per grandi città universitarie con campus enormi ed edifici impressionanti.
Ma il governo è stato un po’ avaro. Alle scuole è stato detto di chiedere i finanziamenti di cui avevano bisogno. Le banche, anch’esse controllate dallo stato, hanno ubbidito. Prive della tradizione che vede gli ex studenti fare donazioni, le università cinesi avevano due modi per ripagare i debiti - ridurre i costi e attirare più studenti. Le retribuzioni degli insegnanti furono limitate o tagliate, gli acquisti di attrezzature sospesi e le dimensioni delle classi raddoppiate in tutta la Cina, secondo le statistiche del governo.
Nonostante gli esperti sostengano che il paese abbia bisogno di personale tecnico di medio livello, molte di queste università hanno cercato di attrarre studenti, e rette, insegnando inglese, turismo, pubblica amministrazione, giornalismo e legge. Costano poco e fanno leva sulla sensibilità dei cinesi. Il retaggio di un decennio di espansione indiscriminata è evidente nella scuola dove Zhang ha studiato informatica, la Nanjing University of Chinese Medicine.
Nel 1999, a seguito dell’ordine di espansione del governo del 1998, il numero degli studenti aumentò di un terzo. Il piccolo campus nel centro di Nanjing era affollatissimo di studenti alloggiati in hotel e le lezioni venivano svolte nelle mense. L’anno successivo, la scuola iniziò ad espandersi. Chiese un finanziamento di 200 milioni di dollari a un consorzio di banche - i funzionari della scuola non hanno specificato i nomi, ma i membri del comitato amministrativo dell’università hanno dichiarato che erano coinvolte le quattro maggiori banche del paese. Gli amministratori dell’università hanno accolto con favore la crescita. Nel 2006 era diventata una grande università. Fortemente critico è Ji Wenhui, studioso di testi medici classici ed ex responsabile della biblioteca. Il numero dei libri della biblioteca è aumentato del 50%, mentre il numero degli studenti è cresciuto di 11 volte, a 17 mila, a fronte di 1.200 fra docenti e membri del personale, solo il 20% in più di quando era molto più piccola. La nuova biblioteca ha il tetto che perde e mancano molti attrezzature informatiche di base. «Il motivo dell’espansione non ha nulla a che vedere con le esigenze della società», sostiene Ji, «ma solo alla ricerca di un ritorno economico». Membro del cda della scuola, Ji spiega che, stando ai dati interni, la scuola era giunta a pagare 60 milioni di dollari l’anno di interessi, contro ricavi totali di 30 milioni. Nel 2006, è intervenuto il governo locale ristrutturando i prestiti. La scuola attualmente spende un quarto del proprio budget per il debito e ha tagliato gli stipendi degli insegnanti del 25%. Gli amministratori della scuola hanno dichiarato che «il rischio di debito è completamente sotto il controllo della scuola». Nel frattempo Zhang, l’informatico disoccupato, sostiene che, nonostante la sua laurea sembri abbastanza utile, la sua formazione è incompleta. Come per altri studenti, il suo programma di quattro anni è durato in realtà tre anni. Gli studenti dovrebbero utilizzare il quarto anno per cercare lavoro, proprio quello che sta facendo Zhang in questo momento.