Cecilia Zecchinelli, Corriere della sera 4/5/2009, 4 maggio 2009
IN DIFESA DEI MAIALI: RIVOLTA IN EGITTO DEGLI ALLEVATORI COPTI
L’avevano minacciato da giorni, da quando era arrivata la notizia che il governo egiziano intendeva abbattere i 300 mila e più maiali allevati nel Paese, come misura preventiva della diffusione della febbre suina. E ieri è successo: oltre un migliaio di cristiani copti – solo loro in Egitto allevano i suini considerati impuri dall’Islam – si sono scontrati con la polizia per difendere i loro animali.
Hanno acceso falò di immondizia per bloccare strade e vicoli e attaccato con sassi e bottiglie le forze dell’ordine, armate invece di proiettili di gomma e gas lacrimogeni, protette dai blindati e dagli scudi anti sommossa, determinate a radunare i maiali per l’abbattimento che dovrebbe iniziare entro fine mese. Almeno 11 i feriti, 15 gli arrestati e, soprattutto, un clima sempre più teso tra la minoranza cristiana e il governo «laico» ma in realtà rappresentativo quasi esclusivamente di quel 90% di musulmani che abitano (e votano) in Egitto.
Gli scontri sono avvenuti a Manshiet Nasser, un enorme quartiere-bidonville alla periferia del Cairo, sotto le colline di Moqattam ai bordi del deserto, dove in una vecchia cava abbandonata vivono dagli anni ”60 i raccoglitori di spazzatura della metropoli, gli zabbalìn.
Tutti cristiani e spesso oggetto di reportage dei media internazionali, nonché vincitori di premi ecologisti, per essere stati tra i primi al mondo a differenziare la spazzatura. Vetro, plastica, carta, metallo: divisi da donne e bambini, venduti e riciclati. Con i rifiuti organici, invece, è alimentato un altro business importante, quello degli animali domestici. Qualche pollo, ma soprattutto suini, appunto: almeno 65 mila, allevati in libertà in questo immenso quartiere dove i turisti non vanno ma che ospita 55 mila persone.
«Il governo ci ha già requisito e ucciso 600 animali, dandoci come compensazione solo metà del prezzo di mercato», protesta Isacc Mikhail, capo dell’associazione degli zabbalìn.
«Ma soprattutto nessuno, nemmeno in Messico, ha abbattuto i maiali, anche le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale della sanità hanno detto che è inutile e controproducente. Perché allora? Perché siamo cristiani».
Non è solo l’aspetto economico infatti ad aver suscitato le proteste. Per i cristiani d’Egitto – il 10% della popolazione, quasi tutti appartenenti alla Chiesa Copta, i cattolici sono pochissimi – la febbre suina è servita solo da pretesto per colpire la loro comunità, i piccoli proprietari delle città e i grandi allevatori delle campagne. Come prova della matrice religiosa, molti tra loro sottolineano che il ministero della Sanità egiziano ha infatti già cambiato motivazione: l’abbattimento (che resta assolutamente confermato, nonostante non ci sia nemmeno un «sospetto contagiato» nel Paese) non serve per combattere il virus ed evitare un’eventuale pandemia ma per «motivi igienici». E se è vero che il raìs Hosni Mubarak negli ultimi anni ha mostrato un insolito attivismo in questo genere di crisi (nel 2006, per l’aviaria, furono uccisi 25 milioni di polli) altrettanto vero è che la questione copta resta aperta.
Difficoltà enormi per costruire nuove Chiese (cosa del tutto vietata fino al 2005); minima rappresentanza nel governo e in altri organi dello Stato (solo due ministri nel gabinetto, un governatore su 25, vertici militari quasi tutti musulmani); discriminazioni nelle scuole, negli uffici; quasi impossibilità di convertirsi dall’Islam al Cristianesimo (e non viceversa). Problemi che negli ultimi anni sembravano in parte, lentamente, attenuarsi. Ma la guerra dei maiali rischia ora di riaprire le ostilità.