Francesco Grignetti, La stampa 4/5/2009, 4 maggio 2009
GLI 007 AVEVANO LANCIATO L’ALLARME TOYOTA BIANCA
Costernati. Il giorno dopo, il clima che si respira tra i militari italiani di stanza in Afghanistan è cupo. L’incubo è di avere rotto un equilibrio con quella sventagliata di mitragliatrice che ha ucciso una ragazza di 13 anni. Perciò gli ufficiali insistono tutti su un solo concetto. «Per fortuna i rapporti con la popolazione locale sono ottimi e la gente sa che si è trattato di un drammatico incidente. Nessun segno di astio». Il comandante, generale Rosario Castellano, ha già incontrato le autorità di Herat e sentito la famiglia in lutto. «Stiamo cercando di fare tutto quello che è umanamente possibile in una situazione così triste». Tra le ipotesi esaminate, un risarcimento economico. Ma c’è un secondo equilibrio in bilico a preoccupare la Difesa: il morale dei soldati. «Non vorremmo che da questo tragico episodio ne vengano delle remore per i nostri ragazzi», dice il generale Marco Bertolini, capo di stato maggiore del comando Isaf. Secondo la Difesa, il caso sarebbe da chiudere: sono stati rispettati gli ordini, a quella macchina era stato segnalato di tenersi lontana, se il mitragliere ha sparato è perché la Toyota andava troppo veloce. Perciò i soldati protagonisti della sparatoria non verranno sospesi.
Il problema del generale Bertolini, a questo punto, detta brutalmente, sono i giornali e i magistrati (a proposito: la procura di Roma attende un primo rapporto dei carabinieri). «Se un soldato teme di finire al centro di una campagna di stampa, oppure ha il solo lontano timore di conseguenze penali, il problema potrebbe diventare drammatico. Qui non siamo in una qualsiasi città italiana. Non c’è da prendere generiche misure contro gli infortuni, ma da attentatori suicidi. E purtroppo non c’è giorno che la bandiera non sia a mezz’asta. I nostri devono saper sparare. Solo quando è necessario. Ma se serve non devono esitare».
Bertolini rivela: «C’era stato nei giorni scorsi uno specifico allarme dell’intelligence. Si sosteneva che era in preparazione un attentato suicida contro soldati occidentali da parte dei taliban. Si diceva che avrebbero usato un’auto di quel tipo e di quel colore». Ecco spiegato il retroterra psicologico. Gli alpini italiani che l’altra mattina erano usciti dalla base per andare al loro lavoro di istruttori, avevano i nervi a fior di pelle e scrutavano soprattutto le Toyota Corolla di color bianco. «Pioveva a dirotto. La visibilità era ridotta. E hanno visto quell’auto andargli contro a forte velocità. Ha superato una fila di auto ferme. L’alpino che era alla mitragliatrice se l’è vista arrivare contro».
In Italia c’è stata una certa polemica sul lunotto dell’auto colpita dagli italiani. Secondo qualcuno, i proiettili sarebbero entrati da dietro e quindi ci sarebbe motivo per rimettere in discussione la versione ufficiale. Secondo quanto ribattono fonti del contingente, all’opposto, dai segni dei proiettili è chiaro che sono entrati dal davanti, probabilmente dal vano del motore, e sono poi usciti da dietro. Conclusioni del ministro della Difesa, Ignazio La Russa: «C’è grande dolore, e rammarico, per quello che è avvenuto, ma purtroppo drammatici episodi come questo non possono mai essere esclusi quando si opera in una zona così complessa... Non sono in discussione le regole d’ingaggio, che sono molto precise. Pare, a quanto mi hanno riferito, che tutto sia stato rispettato. Ciò non toglie che rimane un margine di drammatico errore come in questo caso. Che purtroppo costa la vita ad una ragazza».