Leonardo Martinelli, ཿIl Sole-24 Ore 5/5/2009;, 5 maggio 2009
TRINITY, L’ANELLO UNISEX RESO FAMOSO DA COCTEAU
Ritornano i "tre ori". Trinity, l’anello simbolo di Cartier, dai cerchi intrecciati: audace e semplice al tempo stesso. Gli americani lo chiamano "Rolling ring", per quell’irresistibile voglia di farlo scivolare sul dito. Per i russi è semplicemente il "Russian Ring", miscuglio di tre metalli e tre colori dai significati (per loro) religiosi. Ritorna (con una nuova collezione), ma in realtà non se n’era mai andato: dal 1924, anno della sua creazione, se ne sono venduti un milione di esemplari in tutto il mondo. Non solo: da allora Cartier ha ideato una cinquantina di "declinazioni", per l’anello vero e proprio e per tutti gli annessi possibili, in particolare bracciali e collier. Originali. Classici.
Nel 1924, in realtà, si trattava di oro giallo e rosa e di platino. «Ma questo, nel periodo fra le due guerre, era considerato materiale strategico – sottolinea Dominique Sensarric, responsabile dell’alta gioielleria di Cartier Italia ”. Il platino, quindi, veniva sostituito sempre più con l’oro bianco. Che, già dal 1925, comparve pure in Trinity». L’anello è identificato a Parigi con lo scrittore Jean Cocteau, che ne indossava addirittura due, entrambi al mignolo. Una certa mitologia indicava che proprio Cocteau avesse disegnato il primo Trinity. «Non è vero- precisa la Sensarric- . Venne creato nei laboratori di Cartier. e Cocteau fu uno dei primi ad adottarlo». Il secondo Trinity lo portava in memoria dell’amico Raymond Radiguet, morto a soli vent’anni nel 1923, scrittore geniale de Il diavolo in corpo, racconto autobiografico di una liaison amorosa fra un adolescente e una giovane signora durante la Prima guerra mondiale, mentre il marito combatteva sul fronte.
«Fin dagli inizi Trinity si presentò come un anello facile da indossare - continua la Sensarric - , adatto alle donne, ma anche agli uomini». Un altro degli adepti fu Gary Cooper, oltre a uno stuolo di femmine stupende, da Jacqueline Bisset a Nicole Kidman. Con il tempo Cartier ha presentato diverse rivisitazioni dell’anello e degli altri accessori, giocando spesso intorno a questo "cult" con il registro dell’ironia, vedi le versioni a cinque, sette o nove cerchi che tanto piacquero alle "hippies chic" degli anni Settanta (a quei tempi furoreggiava pure una versione dell’anello particolarmente massiccia). Dopo, però, il gioielliere ritornò al trio classico. Con l’ultima collezione, presentata nei giorni scorsi, invece, si recupera l’effetto moltiplicatore con un anello e un bracciale a sei cerchi (Two for Trinity). Che, assicurano da Cartier, se lanciati scomposti su una tavola, recuperano subito la loro forma "giusta" (altro mito del Trinity: provare per credere). Un’esuberante concessione alla modernità è rappresentata dall’anello Trinity Crash, dove il trio si ritrova scomposto, rivoluzionato, solo a tratti riconoscibile. Ulteriore caratteristica dell’ultima collezione: si porta ai suoi estremi la tendenza avviata a partire dagli anni Ottanta, quando si iniziarono ad arricchire i "tre ori" con dei brillanti. Da allora, sempre e ancora di più, fino all’ultimo bracciale XXL ricoperto di 2.727 diamanti per un totale di 126 carati.
Insomma, alla faccia della crisi, abbondanza in tutto. «Ma a parte questi pezzi, Trinity resta nella sua versione di base un anello adatto ai giovani, pure per il prezzo, 600 euro o poco più - conclude Dominique Sensarric - . Giovane Trinity lo è anche per la sua estetica versatile. D’altra parte non è destinato solo a un fidanzamento o a un matrimonio. Lo si può regalare in amicizia,senza che l’altra persona si metta in testa delle strane idee. Si può donare a una madre, a una sorella, a un fratello». Trinity è in assoluto l’anello più venduto nel mondo. Ritorna? No, non se n’era mai andato.