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 2009  maggio 07 Giovedì calendario

EMILIO MARRESE PER L’ESPRESSO 7 MAGGIO 2009

Baby bomber in fuga Macheda ha lasciato l’Italia a 15 anni per trionfare a Manchester. Dove hanno sistemato tutta la famiglia. Così gli inglesi fanno shopping di talenti made in Italy

Il soprannome Kiko gliel’ha dato Cristiano Ronaldo, Sua Eccellenza il Pallone d’oro, investendolo ufficialmente come suo erede. Ryan Giggs, senatore del Manchester United che aveva già esordito nella cattedrale dell’Old Trafford quando Kiko non era nemmeno nato, andò a prenderlo all’aeroporto al suo arrivo in Inghilterra, lasciando sbigottita la famiglia Macheda che voleva chiedergli l’autografo, non immaginando che Giggs in persona fosse lì proprio per loro. Federico ’Kiko’ Macheda, seconda punta di peso e inventiva, racconta invece che quand’era alla Lazio i titolari biancocelesti neanche degnavano di uno sguardo i ragazzini del vivaio e che nemmeno l’allenatore Delio Rossi veniva a vedere le loro partite.
Che Macheda fosse bravo (un campione già a 11 anni, garantisce il talent scout laziale Volfango Patarca, scopritore di Nesta e Di Canio) lo sapevano anche in Italia, sì, ma non sono riusciti a trattenerlo davanti alle offerte del Manchester United, che ha garantito denaro e benessere anche alla famiglia, oltre che spazio in campo al talento romano del quartiere Prenestino. Macheda è esploso all’inizio del mese scorso, realizzando due reti consecutive e decisive con la maglia dei Red Devils campioni d’Europa. E da noi è puntualmente riesploso il caso della fuga di piedi buoni. Macheda se n’è andato che ancora non aveva 16 anni e ne farà 18 il prossimo 22 agosto, ma non è l’unico emigrante di lusso. Negli ultimi 11 anni la Premier League ci ha portato via una cinquantina di calciatori, tra cui Gattuso, Maresca, Lupoli e quel Giuseppe Rossi fattosi notare anche lui nello United e ora al Villarreal, oltre che nella Nazionale di Marcello Lippi.
I club italiani gridano allo scippo, puntando il dito sulle società straniere che fanno shopping nei vivai italiani approfittando della regola che vieta fino ai 16 anni di mettere sotto contratto un baby-calciatore. Il presidente della Lazio Claudio Lotito ha parlato di mercato delle vacche. I responsabili dei settori giovanili, vedendo fiorire altrove le piantine che con cura hanno seminato, annaffiato e selezionato, chiedono che la Federcalcio non convochi, per ripicca, nelle nazionali giovanili questi fuggiaschi traditori. Michel Platini, presidente della Uefa, assicura che farà pressioni sulla Fifa, la federazione mondiale, perché proibisca l’ingaggio degli under 18: ne fa una questione educativa e morale, perché i ragazzini devono crescere a casa loro e non possono essere oggetto di un traffico, pensando soprattutto ai tanti sradicati che falliscono e vengono abbandonati al loro destino. Ma, d’altro canto, le squadre italiane non si comportano molto diversamente, se è vero che negli ultimi tre anni sono espatriati trentasei italiani tra i 14 e i 19 anni mentre ne sono stati importati ben 462. Il bilancio è passivo solo nei confronti delle altre potenze calcistiche (Inghilterra e anche Germania), rispetto alle quali i nostri club hanno la colpa di non poter offrire ai loro giovani - oltre allo stesso denaro - le stesse strutture, la stessa organizzazione e soprattutto le stesse prospettive. In serie A è molto più difficile guadagnarsi minuti e fiducia: salvo rare eccezioni, siamo gerontocratici anche nel calcio e l’età media delle nostre squadre è più alta che negli altri tornei. Prendiamo le quattro semifinaliste di Champions: Arsenal 24, Barcellona 27, Chelsea e United 27. Le grandi italiane hanno una media di 29 anni. Franco Baldini, manager ex Roma che ora affianca Fabio Capello nell’avventura alla guida della Nazionale inglese, sottolinea che da quelle parti avere 18 anni è un vantaggio e non uno svantaggio, come da noi.
Pasquale Macheda, 36enne papà di Kiko, biondo e occhi chiari, dice che, se la Lazio gli avesse trovato un lavoro, non se ne sarebbero andati. Ma come rifiutare un contratto da 80 mila euro a stagione per tre anni e una sistemazione per tutta la famiglia, quando da una vita ti barcameni tra mestieri precari con una moglie e due figli da mantenere? Macheda senior da Reggio Calabria, antenati spagnoli come denuncia il cognome, arrivò a Roma a vent’anni che già aveva due figli (Simone ha 15 anni) e ha fatto di tutto per tirare avanti: assistenza ai malati, benzinaio, facchino ai mercati generali, guardiano notturno di cantieri, operaio in uno scatolificio. Tre anni senza permettersi neanche una vacanza nel mare calabrese di casa. Di notte al lavoro e di giorno dietro alla speranza che Kiko, a quei tempi ancora Chicco, a suon di gol dall’Atletico Prenestino al Tavernelle, dal Savio alle giovanili della Lazio, diventasse un calciatore vero e portasse fuori tutti dalla borgata di Ponte di Nona. E pazienza se a 16 anni doveva ancora prendere la licenza media.
A Manchester Federico Macheda si sveglia tutti i giorni alle 7,30 nell’accademia di Carrington dello United, si sistema la cresta col gel e va ad allenarsi. Tre volte alla settimana va a scuola. Con l’inglese è ancora dura, e lo è ancor di più per i famigliari: il fratello Simone a scuola ci capisce più niente che poco. I momenti di scoramento non sono mancati, ma valeva la pena aspettare. Anche se la strada è ancora lunga e in salita - perché a 17 anni perdersi è un attimo - hanno capito che tutti quei sacrifici avevano un senso quando Federico ha segnato quella splendida rete del 3-2 all’Aston Villa nei minuti di recupero ed è corso come un pazzo sotto la tribuna a strillare ’vieni giù’ a suo padre. Il cerimoniale s’è trovato in imbarazzo: si può dare la magnum di champagne al match winner se è minorenne? I giornali lo hanno ribattezzato Mack The Knife, come la canzone di Bertolt Brecht dall’’Opera da tre soldi’, portata al successo da Armstrong, Sinatra, Doors, Sting fino a Robbie Williams e Michael Bublè.
Manchester non è certo il posto più bello del mondo, ma ai Macheda sembra un paradiso terrestre: "Siamo gente che si adatta facilmente, con tutto quello che abbiamo dovuto passare fin qui", sorride papà Macheda, ritrovatosi a fare il pierre del figlio che lo United ha blindato in silenzio stampa fino a data da destinarsi. Lì funziona così, il club è padrone anche della lingua dei suoi giocatori, specie quelli che ancora devono dire molte cose in campo prima di guadagnarsi il diritto a rilasciare interviste. Però, la prossima estate sir Alex Ferguson, leggendario manager dei Diavoli Rossi, firmerà con il procuratore di Kiko, l’ex difensore Giovanni Bia, un bel quinquennale da mezzo milione all’anno. ’Oh, lo squalo ha bei dentoni’, come dice la prima strofa di Mack il Coltello.