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 2009  maggio 01 Venerdì calendario

Vorrei un suo commento sul «nuovo» 25 aprile. A me sembra francamente, fin dai tempi della Democrazia cristiana al governo, che questa data rappresentasse già una festa «nazionale»

Vorrei un suo commento sul «nuovo» 25 aprile. A me sembra francamente, fin dai tempi della Democrazia cristiana al governo, che questa data rappresentasse già una festa «nazionale». Forse se non ci fossero gli eredi del post-fascismo al governo tutte queste polemiche non ci sarebbero. Paolo Pacchetti pacpao@tiscali.it Caro Pacchetti, Passata la festa con risul­tati molto migliori del previsto, proverò a dirle quali siano state in questi gior­ni le mie riflessioni. Il 25 aprile ha avuto, sin da­gli inizi, una esistenza difficile e contestata. Il suo decollo co­me festa nazionale è stato complicato da alcuni handi­cap. In primo luogo conclude una guerra civile ed è quindi, inevitabilmente, la festa dei vincitori, gradita a coloro che fecero la Resistenza o la so­stennero moralmente, sgradi­ta a quella componente del Pa­ese che combatté dall’altra parte o fu preoccupata dall’im­portanza che il Pci aveva as­sunto nella evoluzione del mo­vimento. In secondo luogo la festa ebbe subito un alto con­tenuto retorico. I partigiani che insorsero al nord non po­tevano sapere quali sarebbero state le reazioni dei tedeschi e delle formazioni fasciste che sembravano pronte a combat­tere sino all’ultimo sangue. Chi ordinò l’insurrezione sen­za attendere l’arrivo degli Alle­ati dette quindi certamente una dimostrazione di audacia. L’insurrezione fu un rischio, un audace calcolo politico e una innegabile manifestazio­ne di coraggio. Come il genera­le de Gaulle volle che Parigi, nell’agosto del 1944, venisse li­berata da truppe francesi, così tutti gli italiani dovrebbero es­sere contenti che i partigiani e la Guardia di Finanza abbiano preso possesso della città pri­ma degli anglo-americani. Ma sarebbe assurdo negare che i tedeschi, nel momento in cui il Cln insorse, avevano già de­ciso di sgombrare il campo, che le forze alleate erano già entrate nella Valle padana e che il cuore del Terzo Reich era ormai minacciato dall’Ar­mata Rossa. questa la ragio­ne per cui il 25 aprile non può avere il valore internazionale di altre grandi feste nazionali. Quando uno straniero mi chie­de che cosa sia veramente ac­caduto in quella giornata del 1945 e io cerco di risponder­gli, le mie parole suscitano quasi sempre in lui una certa incredula ironia. In terzo luogo il Pci finì per impadronirsi dell’avvenimen­to e imporre le sue liturgie. Le cose sarebbero andate diver­samente, forse, se la guerra fredda non avesse diviso, sin dal 1947, i partiti del Cln e se non fosse divenuto impossibi­le da allora ricostruire sulle tribune e nelle piazze del 25 aprile la solidarietà degli anni in cui i partiti antifascisti, pur con molti screzi e sanguinosi regolamenti di conti, avevano combattuto insieme. Di que­sta appropriazione la sinistra finì per fare un uso impro­prio. Fu un errore, ad esem­pio, trasformare il 25 aprile 1994 e alcune delle ricorrenze successive in altrettante mani­festazioni anti-berlusconia­ne. Per essere davvero nazio­nale una festa deve prescinde­re dalla congiuntura politica, deve creare uno spazio di neu­tralità e imparzialità.  possibile sperare che que­sto accada d’ora in poi? Credo di sì. Ciampi e Napolitano hanno dato alla festa una in­negabile dignità nazionale. Berlusconi ha capito che la sua ostentata indifferenza al­l’avvenimento avrebbe finito per pregiudicare l’unità del Paese e il ruolo nazionale che gli piacerebbe recitare. Mi conforta inoltre il pensiero che vi sono stati altri casi in cui una data ha fatto fatica a imporsi come festa della na­zione. Ci volle poco meno di un secolo perché il 14 luglio, il giorno della presa della Ba­stiglia, diventasse la festa di tutti i francesi. Fu necessario attendere la scomparsa di tre generazioni e l’avvento di una repubblica borghese. Potreb­be accadere nei prossimi anni anche in Italia. Ma la vittoria del 25 aprile potrà considerar­si definitiva soltanto quando i cittadini italiani ne approfitte­ranno per andare in piazza a ballare o concedersi una festo­sa giornata di riposo. Le buo­ne feste nazionali sono quelle in cui ci si diverte, non quelle in cui si esce di casa per ascol­tare discorsi politici.