Iacopo Jacoboni, La Stampa 1/5/2009, 1 maggio 2009
Povere ragazze. Non si fa così. Sedotte e abbandonate. E adesso, come quelle bellezze deluse che potrebbero aspettarti sotto casa alle due di notte
Povere ragazze. Non si fa così. Sedotte e abbandonate. E adesso, come quelle bellezze deluse che potrebbero aspettarti sotto casa alle due di notte... L’espressione più brutale, per la verità, la usano loro. «Essere trombata in questo modo mi scoccia tantissimo», ha detto la venticinquenne di Padova Chiara Sgarbossa, ex miss Veneto poi approdata in tv. «Per me il danno è doppio, prima mi sono ritrovata appiccicato il bollino d’infamia della velina, ora non ho neppure la speranza di togliermelo di dosso parlando con la gente in campagna elettorale. Dovremmo dire grazie Veronica». Povere ragazze. C’è qualcosa di ingiusto nella sorte delle sedotte e abbandonate, ragazze che mezza Italia ha scrutato, cliccato, accerchiato, e un principe lasciato all’ultimo momento senza scarpette né vestito, e senza una telefonata: niente festa, niente Strasburgo, la carrozza torna zucca. Angela Sozio, la rossa della foto del Cavaliere a Villa Certosa, s’è confidata con qualcuno a L’Occidentale, il giornale per il quale ha scritto, e che l’ha fermamente difesa, dicendo «non me l’aspettavo che ci trattassero così, e non è bello proprio da parte di una donna». E non sono le sole. Silvio ieri le ha difese in quel modo paradossale che piace a lui, per sdrammatizzare s’è presentato alla Coldiretti e ha messo le mani avanti, «sono venuto senza veline», poi ha aggiunto «mi rifarò, pensando ai vostri ventimila punti vendita, se avete bisogno di belle commesse sapete a chi rivolgervi». La platea ha sorriso; le povere ragazze, che piace immaginare in tinelli in penombra in attesa fremente di una telefonata, no. Perché vivevano così le povere ragazze, si apprende anche dai racconti della diciottenne Noemi, sempre vicino al telefono sperando in una convocazione, e credendosi più o meno uniche quand’erano ovviamente fungibili, estrema malìa del berlusconismo. Ora gli effetti collaterali vanno dalla delusione all’ira alle beffe. Per dire, la Sozio, barese, era stata già celebrata dalla Gazzetta del mezzogiorno in fotogallery accanto ad altre pugliesi già innalzate dal premier, Barbara Matera, l’unica rimasta in lista, e poi Barbara Mannucci, Gabriella Carlucci, Eleonora Savino. Poi arriva una telefonata e qualche mano deve togliere le foto della rossa. Non si fa così. Certo le reazioni possono variare a seconda dei temperamenti, la rabbia, e quasi la rivolta, è diffusa. La sarda Cristina Ravot, la cantante di Sassari spesso ospite nelle feste a Villa Certosa, se l’è presa, «io non sono affatto una velina, io canto. Avessero tutti delle qualità specifiche come ce le ho io», non è chiaro se si riferisse direttamente a qualcuno/a. La Sgarbossa ammette «ora prevale la rabbia, poi so che subentrerà lo scoramento. Mi sento una vittima, ma vorrei che Silvio Berlusconi mi desse almeno una spiegazione di tutto questo». Se la prende con Veronica, «se non fosse intervenuta lei saremmo tutte in lista. Non parlo solo di me. Ho saputo di Bella Furlan, l’avvocato di Rovigo, e anche di un’altra ragazza che aveva fatto con me il corso di formazione: lei con lo star system non c’entrava nulla, fa l’assistente parlamentare di un deputato della Campania, in tv non s’è mai vista. Eppure hanno tolto dalla lista anche lei». Che colpa aveva? Era, direbbero a Roma, gnocca. Un’avvenente procuratrice legale ha narrato in lacrime all’Unità «mi hanno sbianchettato, tutto per colpa di Veronica». E Maria Elena Valanzano, trentenne napoletana angelica ma battagliera, ha quasi rincorso Fabrizio Cicchitto, che ha avuto l’umanità di regalare spiegazioni, non tenuto, ad alcune delle escluse. Lei gli ha detto «non riesco a spiegarmelo, avevo fatto un sacco di esperienza! E poi ormai porto un buon pacchetto di voti; vabbè, vedo che ognuno ha i suoi criteri...». Ah saperli, i criteri in Italia. Sciagurato corso di formazione, quello al quale erano state invitate aspiranti assistenti parlamentari del Pdl, non aspiranti candidate europee, come ha poi spiegato il Cavaliere. L’equivoco nasce lì: ci dicono che c’è un posto di chierichetto, ne usciamo convinti che ci hanno promesso la tiara. Così l’ex miss Veneto alle 16 dava interviste entusiaste spiegando il suo programma per l’Europa, alle 18 dava interviste depresso-infuriate spiegando il suo programma per tirare avanti. L’aveva chiamata Ignazio La Russa per annunciare la lieta novella, quella infausta l’ha appresa da una segretaria (di Denis Verdini, «troppo occupato, non me l’hanno neanche passato»), a conferma che nei giorni felici il telefono squilla, negli altri tutto tace, quando va bene sei un genio e casualmente anche bella, quando va male sei una velina, e forse neanche di quelle brave.Dopo la mortadella anche lo sputo e le corna: è quanto il Parlamento italiano potrebbe esportare in quello Europeo di Strasburgo. Alla candidatura di Nino Strano per il Pdl, presentata l’altro ieri, si è aggiunta ieri quella di Tommaso Barbato, oggi responsabile regionale in Campania dell’Adc, che corre nelle liste di Autonomia, l’alleanza tra Mpa, Destra, Adc e Pensionati. Nino Strano fu immortalato mentre mangiava platealmente una fetta di mortadella nell’aula del Senato subito dopo la caduta del governo Prodi, il 24 gennaio 2008. Pochi minuti prima però, l’austera aula di Palazzo Madama, aveva visto un’altra scena poco edificante, e cioè lo sputo di Tommaso Barbato al collega Nuccio Cusumano. La scena è tutt’oggi un must su YouTube: all’annuncio di Cusumano che voterà la fiducia a Prodi, contrariamente all’indicazione del gruppo dell’Udeur, il capogruppo Barbato, si lancia in un crescendo che farebbe scalpore a Strasburgo: prima le corna, poi gli epiteti gridati («traditore», «pezzo di m...»), poi lo slancio contro il malcapitato, e infine lo sputo, per superare il muro di interposizione creato dagli altri senatori.