Massimo Sideri, Corriere della sera 28/4/2009, 28 aprile 2009
USA-SVIZZERA, SI TRATTA SUL SEGRETO BANCARIO
Anche se al tavolo che si aprirà oggi a Berna si siederanno solo gli «sherpa» del Tesoro Usa e della Confederazione elvetica, la trattativa sui 52 mila clienti top americani del colosso svizzero Ubs sarà seguita momento per momento molto più in alto: dal segretario Usa Tim Geithner e dal presidente svizzero Hans-Rudolf Merz, cioè dalla politica. E, probabilmente, anche dai vertici delle principali banche di Zurigo e Ginevra e da molti altri «portafogli» interessati in giro per l’Europa. In gioco c’è troppo: non solo i clienti del colosso bancario finito in contrasto con il fisco Usa con l’accusa di «favorire le frodi sulle tasse dei cittadini americani» e la credibilità delle due istituzioni, ma lo stesso segreto bancario svizzero, cioè il futuro del Paese.
I bookmaker della finanza sembrano pronti a dare la partita per vinta in partenza. Troppe le carte in mano agli Usa tra cui anche uno swap tra dollari e franchi svizzeri concesso dalla Federal Reserve Usa alla Banca centrale svizzera per coprire i buchi «tossici» proprio dell’Ubs. Ma quello che dovrà essere messo a punto a partire da oggi dalla missione Usa è uno «scambio» e Merz ha già calato il suo asso con Geithner durante l’ultimo weekend approfittando degli incontri del Fondo monetario a Washington: la Svizzera sembra pronta a un accordo storico. Se il fisco Usa’ come chiesto da Merz e con l’intercessione di Geithner – farà cadere le richieste sui 52 mila clienti top, con base negli Stati Uniti ma conti correnti in Ubs, il parlamento cantonale potrebbe procedere alla votazione di una «doppia imposizione». In sostanza l’accordo potrebbe funzionare come una sorta di «scudo» per gli attuali clienti americani dell’Ubs (e delle altre banche) mentre per tutti i nuovi clienti dovrebbero valere nuove regole con la possibilità del fisco Usa di saltare la legge sul segreto bancario. In altre parole, secondo lo scambio, l’Ubs non offrirà più servizi off-shore cioè con copertura fiscale alla clientela ricca degli Stati Uniti. L’accordo dovrebbe poi sostituire l’intesa bilaterale fiscale tra i due Paesi firmata nel ”96.
Che la partita sia molto delicata e forse anche imbarazzante per la Svizzera lo si capiva anche ieri dall’assenza di aggiornamenti sulla missione Usa sulle pagine online dei principali giornali locali. E d’altra parte l’abboccamento di Merz – che è anche ministro delle finanze svizzere – con il collega d’Oltreoceano, saltando le normali vie diplomatiche, già dava il senso dell’urgenza. Anche perché la seconda banca svizzera è quel Crédit Suisse che ha preso il controllo dell’americana First Boston fin dalla fine degli anni Ottanta. vero che in questo caso si parla di una banca d’investimento ma è probabile che la fusione abbia funzionato in questi anni da «traghetto » per molti clienti statunitensi verso i conti off-shore dell’istituto. E un’emorragia improvvisa di tutti i clienti top dalle principali banche svizzere non sarebbe certo indolore per il sistema.
L’Ubs in febbraio ha già raggiunto un accordo con le autorità americane che prevedeva il pagamento di 780 milioni di dollari oltre alla consegna dei dati di oltre 300 clienti «evasori ». E il pubblico ministero Usa ha già ottenuto la prima condanna di un ex cliente dell’istituto svizzero, il cittadino della Florida, Robert Maron, accusato dalla corte federale di aver falsificato la dichiarazione delle tasse. Il suo nome era nella lista accoppiato a un conto Ubs da 3 milioni di dollari. Segno che siamo solo all’inizio della battaglia del fisco americano. Ma forse per capire meglio la portata dello scontro sarebbe sufficiente ricordare che prima dell’intesa i top manager Ubs chiamati a testimoniare in Florida si erano rifiutati di prendere l’aeroplano. Non a caso. Per alcuni colleghi, sul territorio Usa, erano scattate le manette.