La stampa 28/4/2009, 28 aprile 2009
PERCHE’ FA PAURA E COME DIFENDERSI
(Domande e risposte)-
Senza diagnosi e cure adeguate il virus degenera e può diventare mortale
Quanto sta diventando pericoloso il virus dell’influenza suina?
«Dipende dai luoghi in cui si è manifestato - risponde Piero Cappuccinelli, professore di microbiologia clinica all’Università di Sassari -. La situazione è in evoluzione, ma dalle ultime notizie disponibili sembra che negli Stati Uniti e in Canada sia meno aggressivo che in Messico e su queste differenze i ricercatori stanno elaborando una serie di ipotesi. Può trattarsi di virus leggermente differenti, ma ci vorrà ancora qualche giorno per saperlo. Un’altra possibilità è legata alla qualità dei sistemi sanitari: il colera, per esempio, ha una mortalità prossima allo zero nei Paesi avanzati, ma può salire al 30% in quelli più poveri».
L’influenza aviaria seminò il panico: qual è la differenza con quella suina?
«Esistono molte varianti dei virus influenzali, che hanno ospiti diversi e preferenziali. E’ probabile che tutti i virus influenzali provengano dai volatili acquatici, ma in seguito hanno imparato a contagiare anche altri animali e l’uomo stesso. Se l’H5N1 si è dimostrato ben adattato agli ucceli, l’H1N1 si trova invece a suo agio negli esseri umani e nei suini. Adattato significa che è in grado di interagire con i recettori delle cellule dell’ospite, di penetrare al loro interno e di moltiplicarsi».
Anche il virus della Spagnola era H1N1: quali sono le somiglianze?
«Il primo H1N1 conosciuto è stato proprio quello dell’epidemia di Spagnola ed è rimasto in circolazione fino agli Anni 50, quando scomparve e fu soppiantato da altre varianti. Negli Anni 70 è ricomparso, modificato, insieme con l’H3N1: l’uno e l’altro sono i responsabili delle epidemie stagionali influenzali, che danno immunità per la variante specifica: ecco perché ogni anno si producono vaccini per contrastare la variante più frequente. Quello messicano appartiene sempre alla famiglia H1N1, ma rappresenta un’ulteriore modificazione».
In Messico si distribuiscono le mascherine: perché sono così importanti?
«Perché l’influenza suina si trasmette come un’influenza classica, con starnuti e colpi di tosse. Ma è anche importante lavarsi spesso le mani: sembra una banalità, ma l’applicazione delle norme basiche di igiene personale permette di eliminare le goccioline di muco che restano attaccate proprio alle mani, che poi portiamo spesso agli occhi, al naso e alla bocca».
Il contagio del virus si manifesta con sintomi specifici?
«No. Si tratta dei sintomi caratteristici dell’influenza classica, dalla tosse e al mal di gola, fino ai dolori muscolari e articolari e alla febbre. E’ dopo un periodo di circa 5-7 giorni che possono poi degenerare in patologie polmonari, anche gravi».
In caso di dubbio, qual è il test da effettuare per la diagnosi?
«Oltre al metodo classico, che consiste nell’isolamento dei virus in colture cellulari, esistono test rapidi e metodiche di biologia molecolare molto efficaci: in parole povere, basta un campione gargarizzato oppure un tampone faringeo per poter individuare la presenza del virus nelle prime vie respiratorie».
In caso di contagio quali sono i farmaci considerati efficaci?
«Le autorità sanitarie consigliano farmaci come oseltamivir e zanamivir, che interferiscono con la replicazione del virus all’interno della cellula, mentre non sembrano funzionare altri farmaci, che agiscono con meccanismi diversi».
Al momento non esiste un vaccino: quanto ci vorrà per produrlo?
«Ci vuole un po’ di tempo - settimane o mesi - perché richiede la coltivazione nelle uova embrionate. L’aspetto positivo, però, è che si tratta della stessa tecnica dei vaccini anti-influenzali che si creano ogni anno e, quindi, non si prevedono i problemi che si conobbero con l’aviaria: era un virus diverso, oltre che aggressivo, capace di distruggere le cellule ospiti prima di replicarsi in quantità».
Molti cominciano ad avere paura dei viaggi in aereo: è sensato andare negli Usa?
«Le autorità sanitarie consigliano di rimandare i viaggi non strettamente necessari in tutte le zone a rischio».
E i cibi a base di carne di maiale? Chi li mangia rischia di infettarsi?
«L’influenza non può essere contratta dalla carne di maiale, se viene adeguatamente trattata: il virus è inattivato dalla cottura».