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 2009  aprile 28 Martedì calendario

«UN’IMMIGRAZIONE DI QUESTA PORTATA NON E’ SOSTENIBILE»


ROMA – Antonio Golini come sarebbe l’Italia senza gli immi­grati?
«In cifre?»
Beh, lei da demografo non ha fatto delle cifre il suo mestiere?
«Intanto oggi saremmo di me­no. Circa 4 milioni e mezzo in me­no. Ma soprattutto...».
Soprattutto?
«Non era immaginabile un si­mile flusso di immigrazione in Ita­lia. In sei anni l’Onu ha dovuto cambiare 4 volte previsioni per il nostro paese».
Ovvero?
«L’Onu ogni due anni calcola le proiezioni delle popolazioni del mondo. E per l’Italia in sei anni le ha modificate di ben 12 milioni re­lativamente al 2050: nel 2002 pen­sava saremmo stati circa 45 milio­ni, ora ha superato quota 57 milio­ni ».
Sempre per gli immigrati?
«Un flusso medio di 442 mila immigrati l’anno non era immagi­nabile ».
E com’è per il nostro paese?
«Una pressione non sostenibi­le ».
In che senso?
«Da un punto di vista sociale. Ma anche previdenziale».
Puo spiegarsi?
«Di certo gli immigrati contri­buiscono a svecchiare la nostra popolazione: al 2050 senza stra­nieri avremo il 36% di ultrasessan­tacinquenni, con gli stranieri il 33%. Poi aiutano il Pil, relativa­mente alla sua componente demo­grafica ».
Cioè?
«Con questo boom di immigra­zione, possiamo prevedere che il Pil, sempre relativamente alla sola componente demografica, al 2050 diminuirebbe del 32% senza gli stranieri e del 15% con. Però...».
Però?
« evidente che nel lungo perio­do non sono certo gli stranieri che possono risolvere il
problema della nostra popolazione».
E perché no?
«Fra il 2002 e il 2008 sono entra­ti in Italia oltre 3 milioni di stra­nieri, la maggior parte dei
quali in età lavorativa e con benefici per il nostro Pil. Ma ci vogliamo chiede­re cosa succederà fra 30 anni?».
Cosa?
« normale: questi lavoratori saranno pensionati. E allora per riequilibrare la situazione previ­denziale italiana dovremmo avere un nuovo boom di immigrati. Ma questo è un processo a rimbalzo ed è troppo forte per essere com­patibile con una corretta integra­zione ».
E dunque?
«Il riequilibro previdenziale do­vremmo farcelo da noi. Puntando sull’occupazione femminile e, so­prattutto, sui giovani-anziani».
I giovani-anziani?
«Sì, i 55-65 enni. In Italia lavora soltanto il 30% di loro. In Svezia la stessa fascia schizza al 60-65%».