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 2009  aprile 28 Martedì calendario

I DUE OSTACOLI ALLE RIFORME


Per la prima volta da quando è finita la Prima Repubbli­ca, le celebrazioni del 25 aprile sono avvenu­te in un clima di concor­dia nazionale anziché di contrapposizioni. E’ un’ot­tima cosa in sé ma anche un segnale di incoraggia­mento che potrebbe favo­rire una ripresa del dialo­go fra maggioranza e op­posizione sulla riforma della Costituzione. Vanno in quel senso anche le pa­role appena pronunciate dal segretario del Pd, Da­rio Franceschini, il quale, riconoscendo l’errore commesso quando il cen­trosinistra approvò da so­lo la riforma del titolo quinto della Costituzio­ne, chiede al governo di non procedere, in mate­ria costituzionale, a colpi di maggioranza.

La ripresa del dialogo sulla riforma costituziona­le, del resto, è resa neces­saria dalle circostanze. Non è pensabile che si possa introdurre in Italia il federalismo fiscale (una misura che compor­terà una radicale trasfor­mazione dello Stato) sen­za toccare la Costituzione nei suoi rami alti, nel cir­cuito Governo-Parlamen­to. E certamente, se ripre­sa del dialogo ci sarà, es­sa dovrà tenere conto dei paletti che su questo te­ma ha posto il Capo dello Stato nel suo intervento della scorsa settimana. Conclusa la tornata eletto­rale delle europee e delle amministrative è probabi­le che il dialogo riparta.

Nonostante la sua ne­cessità, una convergenza maggioranza/opposizio­ne sulla riforma della Co­stituzione, è tuttavia resa difficile dalla persistenza di due ostacoli. Capire quale sia la natura degli ostacoli forse non aiuterà a superarli ma potrà alme­no introdurre un po’ di chiarezza nella discussio­ne.

Il primo ostacolo è di ordine culturale. Il secon­do è di ordine politico.

L’ostacolo culturale ri­guarda il mancato accor­do su cosa possa essere in Italia un «contrappe­so ». Posto che la riforma della Costituzione impli­chi un rafforzamento del potere istituzionale del Capo del governo, quali sono i contrappesi possi­bili, a garanzia del fatto che un premier troppo forte non finisca per eser­citare un potere incontrol­lato? Che sia necessario rafforzare i poteri istitu­zionali del premier è sem­pre stata un’idea condivi­sa da molti (era condivi­sa, ad esempio, dai princi­pali schieramenti all’epo­ca della Bicamerale).

Nasce dalla constatazio­ne che la Costituzione del ”48, per ragioni tante vol­te citate (in primis, il ri­cordo ancor fresco della dittatura), aveva conces­so solo deboli prerogati­ve al Capo del governo. Non ci si faccia ingannare dalla forza che concentra in sé oggi il premier Ber­lusconi: si tratta di una forza che ha ragioni politi­che, non istituzionali. Quando Berlusconi usci­rà di scena, se non saran­no intervenute modifiche costituzionali, torneremo rapidamente alla regola italiana dei Capi di gover­no deboli (l’ultimo è stato Romano Prodi). Dunque, serve effettivamente raf­forzare i poteri istituzio­nali del premier. Ma, allo­ra, quali contrappesi biso­gna contestualmente pre­disporre? Il problema può essere così riassunto: deve restare il Parlamen­to il principale contrappe­so oppure occorre accetta­re un depotenziamento del ruolo del Parlamento e fare affidamento su altri contrappesi (il Presiden­te della Repubblica, la Corte Costituzionale, le re­gioni)?

A me pare che se si vuole rafforzare i poteri istituzionali del premier occorra puntare sulla seconda alternativa.

Non è possibile accrescere i poteri del premier lasciando inalterati quelli del Parlamento. Il solo caso noto di forte capo dell’esecutivo abbinato a un forte Parlamento è quello del presidenzialismo statunitense.

Ma non solo il presidenzialismo non è all’ordine del giorno in Italia. Esso è anche di difficile esportabilità (come provano i tanti fallimenti sperimentati dai presidenzialismi latinoamericani).

Il semipresidenzialismo francese (quando il Presidente controlla la maggioranza parlamentare), il governo del premier britannico (finché regge l’assetto bipartitico) implicano invece che il capo dell’esecutivo, presidente o premier, domini, oltre che l’esecutivo, anche il Parlamento. Il Parlamento non è, in quei Paesi, un vero contrappeso.

Diverso è il caso del Cancellierato tedesco ma solo perché il federalismo, tramite la Camera alta, contribuisce a limitare il potere del Cancelliere.

Comunque sia, è questo l’ostacolo che dovrebbe essere superato per ottenere una convergenza fra maggioranza e opposizione sulla riforma della Costituzione: occorre un accordo che identifichi, in modo realistico, a quali contrappesi affidare il bilanciamento di un rafforzato potere esecutivo.

Un accordo richiederebbe sia il riconoscimento da parte del centrodestra che i contrappesi sono comunque necessari sia l’abbandono da parte del centrosinistra (dove questa idea è tradizionalmente più radicata) della convinzione che il Parlamento debba restare un forte contrappeso.

Il secondo ostacolo è di ordine politico-strutturale. Nasce dall’asimmetria fra centrodestra e centrosinistra. Il centrodestra è dotato attualmente di una forte leadership.

Il centrosinistra no. E’ naturale, quindi, che il centrodestra sia più interessato del centrosinistra a una riforma costituzionale che rafforzi il Capo del governo. Ciò, però, non dipende solo dal fatto che il centrosinistra è oggi all’opposizione e, comprensibilmente, non vuole dare ulteriori vantaggi a Berlusconi. Data la sua incapacità di dotarsi di una leadership forte, il centrosinistra avrebbe problemi ad accrescere il potere dell’esecutivo anche se fosse maggioranza: la struttura oligarchica del centrosinistra frenerebbe il rafforzamento del potere del premier anche in quel caso (se il premier diventa troppo forte, gli oligarchi perdono potere).

L’ostacolo rappresentato dall’asimmetria fra centrodestra e centrosinistra mi sembra più importante dell’ostacolo culturale.

Gli orientamenti culturali hanno certamente una loro forza autonoma ma, alla lunga, finiscono quasi sempre per piegarsi al gioco delle convenienze e degli interessi. Ancorché necessaria, una convergenza fra maggioranza e opposizione sulla riforma della Costituzione sembra poco probabile finché permarrà quella cruciale asimmetria.