Christopher Hitchens, Corriere della sera 28/4/2009, 28 aprile 2009
LE MANOVRE TURCHE PER LA UE
La notizia che è passata inosservata di recente è l’annuncio del ministro degli esteri francese, Bernard Kouchner, di aver ritirato il sostegno all’adesione della Turchia all’Unione Europea. Il suo ragionamento appare molto semplice e logico ed avrà importanti ripercussioni per la nuova diplomazia di apertura e disponibilità inaugurata da Barack Obama.
Al vertice della Nato a Strasburgo, nella prima settimana di aprile, la votazione per confermare la nomina di Anders Fogh Rasmussen, primo ministro della Danimarca, alla carica di nuovo segretario generale, era stata considerata una semplice formalità. Ma all’improvviso la delegazione turca ha minacciato di apporre il veto alla proposta. Le motivazioni della Turchia sono apparse molto significative, e si riferivano alla pubblicazione su un giornale danese, nel 2005, di alcune vignette satiriche che prendevano di mira il profeta Maometto. Malgrado la campagna di violenza e boicottaggio organizzata contro il suo Paese, e malgrado le richieste presentate da una delegazione di ambasciatori provenienti da Paesi cosiddetti «islamici», Rasmussen aveva sostenuto senza cedimenti che la legge danese non gli consentiva di interferire con la stampa del suo Paese. Anni dopo, il rancore covato contro la sua decisione ha spinto la Turchia – che in virtù della propria costituzione non è nemmeno definita un Paese «islamico» – a sfruttare l’occasione dell’incontro Nato per tentare nuovamente di impicciarsi degli affari interni di uno stato membro.
Vale la pena riflettere anche sulla seconda obiezione sollevata dalla Turchia. Dal territorio danese, un canale televisivo trasmette in lingua curda ai curdi in Turchia e altrove nel mondo. Il governo di Ankara, convinto forse che tutti i governi europei possano agire in modo altrettanto sbrigativo, senza troppi giri di parole ha preteso dalla Danimarca quello che avrebbe voluto fare direttamente, cioè chiudere la trasmittente. Ancora una volta, ignorando tutti i principi di libertà e legalità – se la trasmittente fomenta il terrorismo, come sostiene Ankara, ci sono procedure specifiche da seguire’ le autorità turche pretendono di imporre agli altri stati la loro volontà.
Le conseguenze di tutto ciò, come ha dichiarato Kouchner in un’intervista, sono gravissime. «Sono rimasto molto scioccato dalle pressioni che abbiamo subito – ha detto ”. Sono seriamente preoccupato dalla svolta della Turchia verso una direzione più religiosa, verso una laicità per così dire meno convinta». Più diplomatico di così… Ma non si tratta soltanto di un partito politico turco che tenta di scalzare il secolarismo storico della Turchia: qui si tratta della Turchia che tenta di imporre le sue politiche islamiste e censorie a un altro stato europeo, anzi all’intera alleanza atlantica. E se si comporta in questo modo prima ancora di essere ammessa all’Unione Europea, non è il caso di chiedersi che cosa accadrà quando potrà esercitare il suo diritto di veto in seno agli organismi e alle istituzioni europee? Per contrasto, si potrebbe fare l’esempio della Germania riunificata, chiaramente la potenza economica trainante dell’Unione Europea, che con grande sforzo si è adattata ai suoi vicini, fino a rinunciare al marco in favore dell’euro e a lanciare lo slogan «Non un’Europa germanizzata, ma una Germania europeizzata». Con la Turchia, assistiamo all’opposto. Le sue truppe occupano già un terzo del territorio di un Paese membro dell’Ue (Cipro), e oggi vorrebbe sfruttare la partecipazione alla Nato per esercitare la sua prepotenza contro uno dei Paesi più piccoli, al quale tuttavia è legata dall’impegno di difesa comune. Per stare sul sicuro, continua a mostrare un atteggiamento ambiguo nel riconoscere l’esistenza di un popolo non turco – i curdi – all’interno dei suoi confini.
Le doti concilianti del presidente americano si sono fatte ammirare al summit della Nato, dove Obama è riuscito alla fine a convincere i turchi a rinunciare al veto sulla nomina di Rasmussen. Circolano voci discordi sul prezzo dell’accordo, ma pare che un buon numero di ghiotti incarichi sia stato assegnato ai candidati turchi. Più importante, tuttavia, appare il fatto che il ministro degli esteri francese sia tornato sui suoi passi e abbia dichiarato: «Non spetta agli americani decidere chi entra in Europa e chi no. Qui i padroni di casa siamo noi».
Mettiamola così: la «diplomazia tranquilla» di Obama per il momento ha placato i turchi, ma forse si è alienata per sempre i francesi, e oggi l’obiettivo americano – l’ammissione della Turchia all’Europa – appare meno probabile che mai. E questo è il governo che ha scommesso tanto sull’idea di ritrovare credibilità sull’altra sponda dell’Atlantico. Per far ciò, evidentemente non bastano le buone maniere.
Sulla questione dell’adesione turca all’Ue, vedo pro e contro su ambedue i versanti. Accogliere la Turchia significherebbe incoraggiare il Paese verso la modernizzazione, mentre l’esclusione rischia di generare risentimenti e instabilità, se non addirittura un ritorno al potere dei militari, con il pretesto di difendere gli ideali di Ataturk. Dall’altro lato, l’adesione della Turchia spingerebbe i confini dell’Europa a contatto con Iran, Iraq e la volatilità del Caucaso, e così, anziché fungere da «ponte» tra Est e Ovest (per tornare al solito cliché), la Turchia si trasformerebbe in un tunnel.
La crisi di Strasburgo ha chiarito il panorama attuale e dovremmo essere contenti di aver ricevuto l’avvertimento con così largo anticipo. La Turchia esige tutti i privilegi della partecipazione alla Nato e all’Unione Europea, ma continua a occupare Cipro, a negare i diritti civili ai curdi e a mentire sul genocidio armeno. Inoltre, oggi vorrebbe agire come rappresentante dell’islamizzazione e osa sprecare il tempo di un’alleanza difensiva nel tentativo di censurare la stampa di un Paese membro!
Kouchner ha avuto perfettamente ragione a esprimersi come ha fatto, e le autorità turche potranno addossare il fallimento del loro progetto di adesione alla Ue non alle congiure dei loro nemici, bensì al risveglio – per quanto tardivo – degli ex amici.