Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 26 Domenica calendario

Così, su due piedi: quanti anni dareste a Davide Santon enfant prodige dell’Inter? E a Federico Macheda, l’italia­no- rivelazione del Manche­ster United? Insomma, geniali­tà calcistica a parte, fisico ed età dei due giocatori vi sem­brano coincidere? E quanti gliene avreste dati all’inizio della loro carriera? Per togliervi il dubbio, i me­dici della scuola calcio del Manchester United, appunto, propongono di sottoporre tut­ti gli aspiranti giocatori, pro­fessionisti e non, a un nuovo esame: una radiografia del pol­so sinistro, esclusa dal consue­to screening di idoneità nei po­chi paesi che lo fanno

Così, su due piedi: quanti anni dareste a Davide Santon enfant prodige dell’Inter? E a Federico Macheda, l’italia­no- rivelazione del Manche­ster United? Insomma, geniali­tà calcistica a parte, fisico ed età dei due giocatori vi sem­brano coincidere? E quanti gliene avreste dati all’inizio della loro carriera? Per togliervi il dubbio, i me­dici della scuola calcio del Manchester United, appunto, propongono di sottoporre tut­ti gli aspiranti giocatori, pro­fessionisti e non, a un nuovo esame: una radiografia del pol­so sinistro, esclusa dal consue­to screening di idoneità nei po­chi paesi che lo fanno. Perché? Sul British Medical Journal, lo staff medico dei Red Devils spiega la sua ipotesi. La mag­gior parte degli sport nel mon­do è suddiviso per categorie in base all’età dei giocatori. Nell’adolescenza, però, lo svi­luppo segue regole proprie. L’età anagrafica può allonta­narsi da quella biologica, addi­rittura di 4 anni. Facile per i se­lezionatori, allora, sbagliare ca­tegoria e di conseguenza an­che programma di allenamen­to. I ricercatori Amanda John­son, Patrick Doherty e An­thony Freemont hanno pensa­to che il numero crescente di infortuni in campo possa deri­vare da questo errore di fon­do. Così hanno passato al se­taccio i dati sugli infortuni di 292 allievi della scuola calcio del Manchester, dai 9 ai 16 an­ni, tra il 2001 e il 2007. In tutto, se ne sono registra­ti 476 (244 in allenamento e 169 in partita). Grazie all’esa­me radiografico ripetuto ogni anno e al Fels, un programma che analizza 111 indicatori di maturità dell’area fra mano e polso, gli studiosi hanno sco­perto che circa la metà dei cal­ciatori erano in anticipo o in ri­tardo di un anno rispetto allo sviluppo normale. Non solo. La maturità ossea dei ragazzi, assieme al tempo di gioco e di allenamento, influiva sul di­verso tipo di infortunio per il 48 per cento. «Questo – dicono Carolyn Broderick e Damien MacKay, specialisti in pediatria dello sport dell’università di Sidney – mette in dubbio la validità dei programmi di selezione delle squadre e di preparazio­ne atletica». Risultati inquie­tanti per il calcio che, certifica la Fifa, conta 265 milioni di praticanti nel mondo (5 milio­ni in Italia). Le statistiche mo­strano universi paralleli. Sulla rivista Archives of Diseases in Childhood, un lavoro dell’uni­versità di Basilea sostiene che almeno 12 ore di calcio alla set­timana aiutano a regolare il rit­mo del sonno negli adolescen­ti. L’Istituto superiore di sani­tà stima in circa 300 mila gli in­fortuni da attività sportiva in Italia, pari a 512 casi all’anno ogni 100.000 abitanti. Quasi la metà degli incidenti (46 per cento), avviene sui campi di calcio. A livello europeo, l’Uefa ha attivato il monitoraggio dei club dal 2001 e ha addirittura calcolato la media dei rischi in allenamento: 2,6 infortuni ogni 1.000 ore, senza differen­ze sostanziali fra dilettanti e professionisti. Uno studio del settore medico giovanile del­­l’Inter, forse l’unico in Italia con 5 anni di osservazione, conferma che oltre i 16 anni, in particolare nei giovani cal­ciatori meglio preparati, i dati delle lesioni da trauma si avvi­cinano a quelli del giocatore adulto. «Il nostro modello di pre­venzione è ammirato in tutto il mondo, ma la ricerca è caren­te – sottolinea Maurizio Casa­sco, presidente della Federa­zione medico sportiva italiana ”. La nostra Federazione ha 80 anni di storia e milioni di dati a disposizione, ma ce li chiedono di più gli stranieri». Società di calcio, università e Federazione non riescono a trovare un punto di conver­genza. «Noi almeno ci provia­mo – aggiunge Carlo Tran­quilli, medico federale della Fgci e responsabile dell’Under 21 ”. Con la Lega dilettanti stiamo studiando un progetto di informatizzazione delle so­cietà amatoriali, per una ban­ca dati nazionale». Sugli infortuni, la Commis­sione medica della Fifa ha già detto la sua da due anni con il programma di prevenzione «The 11 Plus», basato su sem­plici esercizi di riscaldamento. Strano pianeta, il calcio. A di­cembre, l’Oslo Trauma Center ha pubblicato sul British Medi­cal Journal i risultati di uno studio su 125 club femminili: «Spilleklar!», come suona in norvegese il programma della Fifa, sembra funzionare. Da noi, sarà presentato oggi a Bo­logna. «Il rischio di infortunio c’è – spiega Andrea Ferretti, ortopedico dell’università La Sapienza di Roma, per 16 anni medico della Nazionale ”, ma penso di poter tranquillizzare l’opinione pubblica. La mia lunga esperienza mi fa dire che il calcio giovanile è sicuro. Gli studi epidemiologici van­no interpretati con cautela». Ruggiero Corcella