G.Dos., Corriere della Sera 26/4/2009, 26 aprile 2009
Più di mille navi ferme. Una cifra enorme, destinata addirittura a raddoppiare entro fine anno
Più di mille navi ferme. Una cifra enorme, destinata addirittura a raddoppiare entro fine anno. Il crollo dei traffici marittimi fotografa meglio di mille parole gli effetti della recessione mondiale. E le centinaia di navi in disarmo temporaneo nella baia di Singapore, il più grande porto container del mondo, è la prova provata della crisi profonda che sta vivendo lo shipping mondiale. Con i noli che sono tornati ai livelli di dieci anni fa e il trasporto di contenitori che in un solo mese, a gennaio, ha visto un crollo dei volumi di traffico a due cifre, i record toccati nel 2007 e fino ai primi mesi 2008 (+5,5% gli scambi mondiali delle merci per oltre 8 miliardi di tonnellate, +11,7% il traffico container, +7,2% la flotta mercantile), sembrano un lontanissimo ricordo. Prima conseguenza: nei primi tre mesi dell’anno sono già state demolite 125 navi, contro le 250 dell’intero 2008, come ha rilevato l’Avvisatore Marittimo in un’inchiesta dedicata al distretto di Alang, in India, dove si concentra la massima densità di imprese specializzate proprio nella demolizione di navi, in concorrenza con Bangladesh e Pakistan. Ma il fenomeno potrebbe subire un’impennata ancora più decisa se solo dovesse prendere corpo il progetto di imporre la demolizione delle «carrette del mare», con 30 o anche 20 anni di anzianità di servizio, attualmente allo studio dell’Ecsa, l’associazione che raggruppa gli armatori europei. E che trova tra i più convinti sostenitori Emanuele Grimaldi, numero uno del gruppo Grimaldi di Napoli (più di 60 anni di storia alle spalle, una flotta di oltre 125 navi e leader mondiale nel trasporto via mare di automobili): «In questo momento di crisi vanno presi provvedimenti coraggiosi e importanti. Oltretutto un massiccio ricorso alla demolizione dei navigli più vecchi, avrebbe un sicuro impatto in termini di sicurezza, di rispetto dell’ambiente a cominciare dalle emissioni, e di miglioramento delle condizioni operative dei marinai, se pensiamo che saranno sostituite da nuove navi dotate di moderne tecnologie». Questo schiuderebbe, tra l’altro, inattese prospettive di ripresa per la cantieristica, anch’essa fortemente penalizzata dalla pesante congiuntura (una cifra su tutte: a gennaio, secondo i dati Clarkson, sono state commissionate in tutto il mondo solo nove navi, contro le 151 dello stesso mese del 2008). La strada però si presenta in salita: l’imposizione di uno smantellamento obbligato ha incontrato una forte opposizione dagli armatori con le navi più vecchie (concentrate, secondo il Lloyd’s List, nei registri di Malta, Cipro e Bulgaria). Grimaldi è comunque ottimista, forte anche del risultato di una decina d’anni fa quando, in seguito al disastroso naufragio della petroliera Erika, riuscì a far emanare una direttiva sulla sicurezza navale che impose il doppio scafo alle navi cisterna: «Allora fu preso un provvedimento storico scatenato da un evento emotivo e tragico, adesso dobbiamo ridare impulso alla cantieristica e superare la crisi dei noli». E ha anche un obiettivo preciso per dare più concretezza al progetto: «Imporre l’inibizione di attracco alle navi con più di 30 anni nei porti europei».