Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 24 Venerdì calendario

IL VATICANO: «SE AVESSE NEGATO L’OLOCAUSTO SAREMMO USCITI»


Il testo scritto del di­scorso di Mahmoud Ahmadinejad de­finiva l’Olocausto «dubbio e ambi­guo ». Sul podio, il leader iraniano non ha pronunciato la frase.

«Se avessimo ascoltato quelle paro­le, avremmo preso un’altra decisio­ne ».

Avreste lasciato la sala come i ven­titré diplomatici europei?

«Ripeto: anche noi avremmo preso un’altra decisione. Siamo stati molto attenti a pesare la situazione, perché il Santo Padre va a visitare Israele, come segno di grande affetto verso quel Pae­se. Io ho partecipato lunedì sera alla commemorazione di Yom HaShoah, per ricordare le vittime dell’Olocausto assieme ai miei amici rabbini di Gine­vra ».

Monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente per la Santa Sede all’Onu, ha appena finito di parla­re nell’aula del Palazzo delle Nazioni. Davanti all’assemblea, ha attaccato «l’ancora latente tentazione eugeneti­ca che può essere innescata dalle tecni­che di procreazione artificiale». Nel fi­nale, ha ribadito la posizione del Vati­cano sull’intervento del presidente ira­niano. Senza nominarlo: «La conferen­za è stata sfortunatamente usata per proclamare opinioni politiche estremi­ste e offensive, che deploriamo e riget­tiamo. Non contribuiscono al dialogo, provocano conflitti inaccettabili e in nessun modo possono essere approva­te o condivise».

Tornato a Teheran, Ahmadinejad ha accusato Israele di «pulizia etnica nella Striscia di Gaza».

«Come delegazione della Santa Se­de, in questo vertice cerchiamo di non entrare in motivazioni politiche. Vo­gliamo dare un piccolo servizio per cambiare il cuore delle persone in mo­do che non nutrano pensieri di discri­minazione ».

Il delegato francese ha commenta­to: «Non permetteremo che questa conferenza venga presa in ostaggio o distolta dai suoi obiettivi». Il leader iraniano ha dirottato il summit?

«L’emotività è scoppiata attorno a quelle espressioni inaccettabili. Ma se fossero intervenuti altri capi di Stato, perché tutti erano stati invitati, questa voce estremista si sarebbe un po’ sbia­dita davanti ai discorsi degli altri».

Gli Stati Uniti, l’Italia e altri otto Pa­esi hanno boicottato il summit an­che perché il documento approvato qui a Ginevra riafferma le conclusio­ni della prima conferen­za a Durban. Il punto 63 recita: «Siamo preoccu­pati dalle sorti del popo­lo palestinese che vive sotto occupazione stra­niera. Noi riconosciamo il diritto inalienabile del popolo palestinese all’au­todeterminazione e alla creazione di uno Stato in­dipendente, e allo stesso tempo il diritto alla sicu­rezza di tutti gli Stati della regione, compreso Israele». Su 219 punti, è l’unica questione specifica citata.

«Nel testo di Ginevra non ci sono ri­ferimenti a Israele o alla Palestina. Il punto 5 enfatizza: ’La necessità di af­frontare con maggiore volontà politi­ca tutte le manifestazioni di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia, intolleranza, in tutte le sfere della vita e in tutte le regioni del mondo, incluse quelle sot­to occupazione straniera’. Potrebbe essere il Polisa­rio, il Golan, Gaza o il Kashmir. Dipende dal punto di vista che si usa per giudicare. E’ vero re­sta il riferimento al docu­mento del 2001, ma è la prassi di tutte le conferen­ze dell’Onu: abbiamo effet­tuato una revisione di Dur­ban e abbiamo fatto dei passi in avan­ti. Nessun Paese viene più additato».

L’Onu sta tentando di convincere le nazioni assenti a sottoscrivere il documento. I negoziatori sembrano convinti di poter recuperare la Ger­mania. Sergio Romano ha criticato sul Corriere la mancata partecipazio­ne dell’Italia: «La Santa Sede ci ha da­to, in questo caso, una lezione di lai­co buon senso».

«L’Europa deve dare alle minoran­ze, a chi viene discriminato, un mes­saggio innanzitutto etico: il razzismo non è accettabile. C’è anche una rifles­sione più politica. E’ nell’interesse de­gli europei facilitare i rapporti e l’inte­grazione degli immigrati che arrivano dall’Africa. E’ meglio essere attivi e im­pegnati in questa battaglia che assen­ti ».

Durante i negoziati, i Paesi musul­mani hanno spinto per introdurre nel testo la «diffamazione della reli­gione ». Gli occidentali si sono oppo­sti – e hanno vinto – per timore di limiti alla libertà di espressione.

«L’obiezione dei Paesi occidentali si è sempre articolata in base alla Dichia­razione universale dei diritti dell’uo­mo, riconosciuti come diritti della per­sona. La tradizione musulmana è diffe­rente: religione e Stato, religione e po­litica sono una cosa sola. La comunità, la umma islamica, controlla in qual­che modo anche l’individuo. I musul­mani hanno di fatto accettato un lin­guaggio della tradizione occidentale di rispetto dell’individuo. Il testo parla di protezione della persona che ha o non ha credenze religiose. Mi pare un grande passo in avanti».