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 2009  aprile 24 Venerdì calendario

CRAC MUTUI USA, IL SUICIDIO DEL DEL SUPERMEGAMANAGER


La moglie l’ha trovato prima dell’alba in canti­na, impiccato. A differenza di qualche altro personaggio del mondo della finanza che si è sui­cidato perché era andato in rovi­na, David Kellermann non ha retto alla tensione dopo essere finito nel mirino degli investiga­tori e anche della stampa. La Sec (la Consob americana) e il ministero della Giustizia stan­no, infatti, indagando da tempo su possibili irregolarità contabi­li commesse da Freddie Mac, il gigante dei mutui di cui Keller­mann era direttore finanziario. E i giornalisti ave­vano preso ad ap­postarsi davanti alla sua bella ca­sa nella contea di Fairfax, in Virgi­nia, a poche mi­glia da Washin­gton, dopo che il manager aveva «fatto notizia» per aver ricevuto un corposo «bo­nus » (800 mila dollari), nonostante le gigante­sche perdite denunciate dalla sua società.

Per difendere la sua «pri­vacy », Kellerman si era rivolto a un’agenzia privata di sorveglian­za, ma ad angosciarlo erano so­prattutto le indagini giudizia­rie: i vicini, che lo vedevano te­so e dimagrito, raccontano ora di avergli suggerito più volte di cambiare vita e lavoro. A diffe­renza di altri suicidi originati dalla crisi finanziaria - come quelli dei «broker» andati in ro­vina per speculazioni sbagliate o perché truffati da Bernie Ma­doff - stavolta il gesto disperato potrebbe derivare dalle respon­sabilità contabili del giovane manager. Appena 41enne, Kel­lermann era stato nominato di­rettore finanziario di Freddie Mac solo nel settembre scorso. Ma aveva alle spalle già 15 anni di lavoro (prima con ruoli mino­ri, poi come capo della contabili­tà) nella società mista pubbli­co- privata che, insieme alla «ge­mella » Fannie Mae, è titolare di oltre metà dei mutui concessi ai proprietari di case negli Usa.

All’inizio dello scorso settem­bre proprio la crisi di Fannie & Freddie è stato il primo segnale dello «tsunami» che si stava ab­battendo sulla finanza Usa: una settimana dopo il salvataggio delle due finanziarie pubbliche, già costato ai contribuenti ame­ricani oltre 60 miliardi di dolla­ri, Wall Street è crollata di schianto sotto il peso del falli­mento della Lehman Brothers.

Da allora la situazione della finanza Usa non ha fatto che av­vitarsi. Esauriti i «cuscini» di li­quidità, banche e gloriose istitu­zioni finanziarie sono state co­strette ad ammettere di aver fat­to scelte azzardate o addirittura irresponsabili. E sono venute al­la luce imprese criminali come quella perpetrata da Bernard Madoff. Proprio la «truffa del secolo» ha rovinato e spinto al suicidio tre finanzieri: uno in Germania, uno in Inghilterra e il francese Rene-Thierry Magon de la Villehuchet che si è tolto la vita a New York. Prima di lo­ro c’era stato il suicidio di Barry Fox, un manager della Bear Ste­arns.

Complessivamente, però, non si può dire che la crisi attua­le, per quanto grave, abbia pro­dotto un’ondata di gesti dispera­ti. Del resto anche quella dei sui­cidi di massa nel 1929 del «Grande crollo» è, in gran par­te, una leggenda: a Wall Street non mancarono di certo i gesti disperati, ma fece più vittime la disoccupazione di massa che la rovina finanziaria: il numero dei suicidi, che nel ”29 fu di 14 per 100 mila abitanti, salì fino a 17 su 100 mila nel 1933, quan­do un americano su quattro si trovò senza lavoro.

Oggi siamo su livelli decisa­mente più bassi (11 suicidi per ogni 100 mila abitanti), anche se non mancano casi impressio­nanti come quello del padre ri­dotto sul lastrico che, qualche settimana fa nel Maryland, ha sterminato l’intera famiglia e si è ucciso.

Il caso di Kellermann è però particolarmente inquietante perché sembra indicare che, no­nostante tutti i tentativi di risa­namento e «normalizzazione» attuati mese dopo mese dal Te­soro, i conti di alcune delle strutture finanziarie più impor­tanti e delicate del Paese posso­no ancora nascondere realtà di­rompenti. Ieri la Freddie Mac ­che ha appena perso David Mof­fett, l’amministratore delegato che era stato nominato solo cin­que mesi fa dal governo per cer­care di rimettere ordine nella società - ha dichiarato di non vedere un collegamento tra la tragedia del suo direttore finan­ziario e le indagini della magi­stratura e della Sec. In serata, però, nella sua sede i manager si sono riuniti per discutere del­le possibili conseguenze della vicenda.