Raffaella Polato, Corriere della sera 24/4/2009, 24 aprile 2009
LA FIAT E LA STRATEGIA DEI DUE TEMPI UN’INDUSTRIA MULTIPOLARE PER IL POST CRISI
Tanto per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco: «L’impegno con Chrysler non è e non sarà mai in concorrenza con altri». e sarà però, se andrà in porto, soltanto la prima tessera del puzzle. Poi sì, certo, Sergio Marchionne lo ripete più e più volte che «è totalmente prematuro» mettersi a fare ipotesi. «Come tutti, guardiamo tutto». Opel compresa, anzi: probabilmente in cima alla lista. Anche se lui e Luca Cordero di Montezemolo, in consiglio, liquidano scherzando la storia della lettera d’intenti su cui ieri mattina giurava Der Spiegel: «La stai scrivendo tu?».
Resta il fatto che al Lingotto si muovono «alla velocità della luce». Era un mondo dell’auto tramortito dalla crisi, quando Torino ha spiazzato la concorrenza e, con Chrysler, ha dato il via al grande gioco. Ed è vero che «oggi siamo completamente concentrati su Detroit ». anche, però, un’utile ovvietà: potrebbe essere diverso, se alla trattativa restano solo sette giorni? Così possono dire, l’ amministratore delegato e il presidente e l’azionista-vicepresidente, John Elkann, «cerchiamo intanto di portare a casa questo e dopo si vedrà». Si guarda già, in realtà. Il disegno del possibile dopo-Chrysler sarà anche solo abbozzato. Però non è fermo a quel che accadrà con Detroit. Era in parte già preannunciato nel primo «manifesto del Lingotto», quella «rifondazione dell’industria dell’auto» preannunciata da Marchionne con pochi numeri: resteranno solo sei big player, la soglia minima per smettere di bruciare soldi e posti di lavoro è di 5,5-6 milioni di vetture all’anno, nessun investimento può essere ripagato se per ogni singola piattaforma non si produrrà almeno un milione di «pezzi». Oggi, proprio il «primo tassello Chrysler» – o il «piano B» che scatterà se il Tesoro Usa non riuscirà a convincere le banche – indica in fondo le altre regole della strategia torinese. Ambiziosa (tanto più che conferma la linea degli esborsi cash pari a zero). Ma, come ripetono i vertici Fiat, «non è arroganza o presunzione: è che non abbiamo scelta». O si è protagonisti, nel mondo dell’auto così come sarà dopo lo tsunami, o si sparisce. Vedi la lezione americana.
Il punto è semplice. E parte ovviamente dagli Usa. Lì, patria dei motori, per usare l’immagine di Marchionne e Montezemolo l’industria si sta letteralmente «sgretolando». Quando qualcosa si sgretola, quel che resta sono cocci. Che però, per fortuna visto che quei «cocci» significano centinaia di migliaia di posti di lavoro, non si smaltiscono da soli. Finiscono sul mercato. «Spoglie» a basso costo? Anche. Ma proprio perciò sono in tanti pronti a buttarcisi sopra. Vedi giust’appunto Opel: secondo il presidente della casa madre Gm, pronto praticamente a regalarla (500 milioni), fin qui si sono fatti avanti sei pretendenti (e nell’elenco non c’era Fiat, almeno non ancora). Come dice Marchionne: « un’opportunità, certo. Ma per tutti». Il problema nel problema, oggi, è che per basso che possa essere il prezzo, sempre di pagare si tratta. E all’aria non è andata solo l’industria dell’auto: è Marchionne a ripetere spesso che «i mercati finanziari oggi non ci sono più», e ad aggiungere che in questa situazione «i soldi per finanziare qualsiasi operazione non ci sono per nessuno». Così, «in un mondo normale uno paga, in uno anormale deve inventarsi altro». Il Lingotto, per Chrysler, si è «inventato» l’apporto di know-how: il valore delle tecnologie, delle piattaforme, dei motori e del tempo- lavoro che, con l’okay della Casa Bianca, Torino darà a Detroit in cambio di capitale l’ha stimato Bob Nardelli, il presidente uscente, in «8-10 miliardi in cinque anni». Forse lo stesso schema non varrà per il terzo tassello della strategia (se e quando effettivamente arriverà). Forse – che sia Opel, o un’altra casa europea, o un gruppo asiatico – lo scambio sarà almeno in parte azioni contro azioni. Quel che è certo è che, se andrà in porto l’operazione Auburn Hills, a quell’eventuale tavolo si presenterà una Fiat più forte. E che comunque, esattamente come per Auburn Hills, «nel caso» Torino non prevede impegni cash. «Come si dice in italiano?». Baratto. «Ecco». Forse a Marchionne il termine non piace granché. Ma ammette che rende l’idea.