Federico Ferrazza, L’Espresso, 30 aprile 2009, 30 aprile 2009
FEDERICO FERRAZZA PER L’ESPRESSO 30 APRILE 2009
Naufragio sul web Servizi scarsi, dati non aggiornati, assenza di risposte, comuni senza siti. Risultato: Internet negli uffici pubblici è un fiasco. Pagato a peso d’oro
Da dieci anni Piero lavora come consulente informatico della pubblica amministrazione e realizza siti Internet per ministeri, regioni, province e comuni. Ma tutto questo non gli è servito a nulla quando anche lui è caduto nella pericolosa rete di una cartella fiscale sbagliata, frutto di una dichiarazione dei redditi presentata on line presso l’Agenzia delle Entrate di Bologna, la sua città.
La dichiarazione di Piero era corretta, ma all’Agenzia avevano fatto confusione: la cartella riportava i dati e i guadagni di un’altra persona. Un disguido che Piero ha tentato di rimediare sul Web. Senza successo. Il servizio di help desk non accetta reclami di oltre 400 caratteri e dopo molti giorni di attesa la risposta-beffa è stata: "Gentile contribuente i dati da Lei forniti non sono sufficienti per poter fare una ricerca sulla pratica cui fa riferimento e verificare i motivi della sua lagnanza". Conclusione: Piero si è dovuto recare all’Agenzia delle Entrate e negli uffici Equitalia (la società di riscossione). Ma l’aspetto più grottesco di tutta la vicenda è che Piero è stato pure fortunato. Almeno lui una risposta l’ha ottenuta. Per giorni anche ’L’espresso’ ha infatti provato a interagire, richiedendo informazioni ed esponendo reclami, con diverse sedi romane dell’Agenzia delle Entrate. Ma la risposta che appariva sul monitor del nostro computer era sempre la stessa: "Il server di posta non è al momento raggiungibile".
E pensare che il sito dell’Agenzia delle Entrate è considerato dagli addetti ai lavori uno dei migliori della pubblica amministrazione italiana le cui pagine Web - nel suo complesso - non brillano certo per efficienza e utilità dei servizi (ovviamente quando ci sono). Prendete quello che sta succedendo nel Comune di La Spezia. In queste settimane il personale dell’ufficio Anagrafe sta smaltendo centinaia di procedure rimaste inevase sul Web: sul sito della città ligure, infatti, era possibile fare il cambio di residenza on line, solo che nessuno dei dipendenti era stato informato del nuovo servizio.
Al di là dei singoli esempi, ciò che è evidente è che negli ultimi dieci anni la pubblica amministrazione (centrale e locale) ha capito poco o nulla di Internet. La Rete viene praticamente usata solo come vetrina e, al massimo, per rilasciare alcune informazioni. Niente di rivoluzionario, però. Pochi, pochissimi i siti che permettono di non recarsi più presso un ufficio pubblico e così risparmiare tempo, denaro e, contemporaneamente, ottenere un servizio efficiente.
In questo senso il caso delle ’Denunce via Web’, sportello telematico messo a disposizione dalla polizia e dai carabinieri, è emblematico. Il servizio consente di sporgere via Internet una denuncia (di furto o smarrimento). Peccato che non serva a niente. Per completare la denuncia (e darle valore legale), bisogna infatti presentarsi al commissariato o alla stazione dei carabinieri indicate sul modulo compilato al computer. E se non lo si fa entro 48 ore, la denuncia presentata on line, che ha il solo vantaggio per l’incaricato di non completare a mano il modulo cartaceo, viene annullata.
’Denunce via Web’ non è l’unico esempio di servizio on line ’a metà’. Anzi: è in buona (e numerosa) compagnia. Secondo l’Istat, infatti, i servizi a piena interattività (quelli che permettono di non presentarsi in un ufficio pubblico) sono presenti solo nel 3,2 per cento delle amministrazioni locali, quelle più a contatto con il cittadino attraverso i loro servizi. E i dati del Centro nazionale per l’informatica nelle pubbliche amministrazioni (Cnipa) e dei Centri regionali di competenza per l’e-government e la Società dell’Informazione (Crc) sono ancora più impietosi. Considerando i comuni con più di 10 mila abitanti (1.112 in tutto) e prendendo in esame i principali servizi della pubblica amministrazione, aprire e concludere su Internet una qualsiasi pratica è un’impresa, molto spesso impossibile.
Se si esclude il pagamento dell’Ici (consentito on line nel 39 per cento dei comuni), il resto dei servizi è ampiamente sotto il 15 per cento e solo in due casi si supera il 10 per cento: Autorizzazione Unica Suap (Sportello unico per le attività produttive) e Autocertificazione anagrafica (per il quale basta solo l’invio di un modulo). Per il resto il quadro è disastroso: il pagamento della tassa sullo smaltimento rifiuti solidi urbani si può fare on line solo nell’8,7 per cento dei comuni sopra i 10 mila abitanti; il pagamento delle contravvenzioni nel 4,8 dei casi; l’assegno per il nucleo familiare nello 0,2; l’iscrizione all’asilo nido nell’1,6; la dichiarazione del cambio di abitazione nel 4,9, la richiesta di certificati anagrafici nel 4. E neanche quando si tratta di riscuotere del denaro la pubblica amministrazione si mobilita. Appena il 9,1 per cento delle amministrazioni locali (regioni, province, comuni e comunità montane) permette a cittadini e imprese di effettuare almeno un pagamento on line. Un dato che però non sorprende se si tiene conto che il un quinto dei comuni italiani non ha nemmeno un sito Web.
Per avere un quadro completo della scarsa presenza on line della pubblica amministrazione italiana, basta farsi un giro su Italia.gov.it, il ’portale nazionale del cittadino’ (che senza informare nessuno ha sospeso gli aggiornamenti per oltre sei mesi, da giugno dell’anno scorso a febbraio). Ora le attività del sito sono riprese e si può notare che alla voce ’Richiedi da casa i certificati anagrafici che ti servono’ i comuni presenti sono solo nove (su 8.100), fra cui Guanzate (Como), Oleggio Castello (Novara), Portogruaro (Venezia) e Percile (Roma), un paesino di 200 anime dove probabilmente ci vuole meno tempo per recarsi agli uffici comunali che per collegarsi al sito Web. La situazione, poi, non migliora se si dà un’occhiata alle università che permettono l’iscrizione on line: sono otto in tutta Italia. Le tasse scolastiche si possono invece pagare in sei comuni fra cui Castel Maggiore (Bologna), Rosignano (Livorno) e San Giovanni Lupatoto (Verona).
Nonostante il quadro deprimente, il 31 dicembre 2007 il Cnipa ha rilasciato, dopo una serie di verifiche, il nulla osta al pagamento di 115 milioni di euro per il cofinanziamento di 134 progetti di e-government (governo elettronico) su tutto il territorio nazionale. Certo, ci sono progetti validi ma nella lista non mancano anche casi di siti scomparsi o mai evoluti. Come per esempio il portale Etn@online (www.comune. catania.gov.it) del comune di Catania privo di link e informazioni o Cat@hospital (www.catahospital.it), un portale che consente ai cittadini della provincia di Catanzaro di prenotare on line una prestazione sanitaria. Un ottimo servizio se se ne potesse usufruire da casa o da Internet. Invece non è così: bisogna recarsi presso un ufficio comunale o un’altra struttura abilitata del territorio provinciale.
Con ’strutture’ on line così fatiscenti non stupisce quindi che la percentuale di cittadini che si rivolge on line alla pubblica amministrazione sia ormai ferma da diversi anni. E secondo l’Istat gli italiani che nel 2008 hanno ottenuto informazioni dai siti della pubblica amministrazione sono il 10,6 per cento.
"Per migliorare la situazione occorrerebbe investire su progetti e azioni ’di sistema’ attraverso un maggior coinvolgimento dei vari livelli amministrativi (nazionale, regionale, locale), evitando di duplicare gli sforzi: non ha infatti senso sviluppare 8.100 soluzioni diverse per tutti gli 8.100 comuni", dice Luigi Reggi, ricercatore dell’Osservatorio dei Crc. "Un’altra questione fondamentale riguarda il numero dei siti pubblici", afferma Salvatore Marras, ricercatore del Formez: "Ce ne sono troppi, molti comuni ne hanno più d’uno e il cittadino ha difficoltà a orientarsi per trovare il servizio e l’informazione di cui ha bisogno". "Uno dei problemi principali per la Pa italiana sul Web è comunque l’assenza di uno strumento che identifichi con certezza il cittadino che si collega via Internet. In teoria tali strumenti ci sarebbero anche (firma digitale e posta elettronica certificata) ma non sono mai stati promossi e diffusi a dovere", spiega Gianni Dominici, vicedirettore generale di Forum Pa: " poi necessario permettere ai cittadini di collaborare con l’amministrazione: chi vive un territorio è in grado di proporre soluzioni pratiche utili alla cittadinanza. Ma, a parte qualche caso di eccellenza come Venezia, di tutto questo sul web italiano non c’è traccia".
Un’assenza di partecipazione che non è passata inosservata neanche all’Onu. Che nello studio ’Un E-Government Survey 2008’, presentato all’inizio dell’anno, mette l’Italia al 56 posto nella classifica dei paesi le cui amministrazioni favoriscono - via Internet - il coinvolgimento dei cittadini. Davanti a noi, oltre ai paesi industrializzati, ci sono la Giordania, il Mozambico, il Botswana, la Mongolia, l’Azerbaijan, l’Egitto e la Cambogia.