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 2009  aprile 24 Venerdì calendario

LA CAMPAGNA DEL BIBERON


Si chiamano Francesco e Caterina e non c’è gara, sono loro i più nuovi e i più giovani candidati d’Italia, anche se non potranno essere eletti al Parlamento europeo (non sono gli unici) perché hanno rispettivamente uno e cinque anni. Per ora, più che svecchiare la politica, danno una bella rinfrescata all’immagine del papà, un ex Dc che sta al Centro da tempo immemorabile, ma nella vita privata ha ben saputo rinnovarsi mettendo su (non è l’unico) una seconda famiglia felice.

Francesco e Caterina sono i figli di Pier Ferdinando Casini. Le loro faccette serie fanno cucù dai manifesti elettorali dell’Udc affissi in tutta Italia e, questa settimana pure dalle pagine di un settimanale popolare a larga diffusione. La seconda cosa non stupisce, non più della candidatura di Sgarbi nelle file di un partito che come slogan ha scelto l’invito a smettere di litigare. Il politico in famiglia è da tempo un genere letterario a sé, un classico, una fissa dei direttori come le attrici che si fidanzano con gli immobiliaristi, Afef in barca e Casini - ancora lui - al mare. Non c’è candidato che non abbia posato sul prato di casa, o in salotto su divani candidi, coi suoi cari. Nell’intervista a corredo delle immagini esemplari, si apprende sempre che il leader s’alza di notte per cambiare i pannolini, non vale granché in cucina, ma non si tira indietro quando c’è da caricare la lavapiatti (e infatti Casini cambia e carica); e sempre, al momento del clic, i cani - di casa, sennò a prestito, che è anche meglio - si dispongono in posa plastica (e infatti i cuccioli di labrador aggregati ai Casini-Caltagirone sono quattro e tutti straordinariamente mansueti).
Sui manifesti affissi per strada, invece, lo sguardo si sofferma. E capita di rimuginarci su, perché è la prima volta che due bambini così piccoli fanno campagna elettorale, perché i volti dei minori non sono velati e non lo è neppure la finalità dell’operazione, dal momento che è la stessa mamma di Francesco e Caterina a dichiarare a Chi: «E’ una bella immagine di modernità e di famiglia». Perché, superata la prima reazione di stupore/disappunto, viene in mente che i candidati hanno sempre usato immagini di famiglie e di ragazzini in campagna elettorale, e allora metterci i propri figli sul manifesto, anziché quelli altrui, può essere persino una scelta responsabile, una cosa per bene.
E dunque: vota Pier, Francesco e Caterina; vota il padre coi suoi bambini, visto che sui manifesti Azzurra non compare: la sua è piuttosto una presenza subliminale, di quelle che rafforzano il messaggio, perché il candidato in versione mammo ha quell’aria un po’ così, da genitore della domenica, tipica degli uomini in carriera che capita talvolta d’incontrare ai giardinetti dove la moglie gli ha intimato, tra molte raccomandazioni pratiche, di portare i piccoli a sfogare un po’ d’energia; tipica, se vogliamo, anche dei tanti divorziati con week-end alternato, che esistono e votano. Pier - lo vedete? - è dei vostri, tende a distrarsi proprio come capita a voi.
Sono, quei manifesti, un piccolo capolavoro di modernità. Immagini molto italiane, democristiane e al tempo stesso post-berlusconiane (lo scoop concordato di Silvio e Veronica nonni, la scorsa estate, ha segnato un punto di passaggio nelle strategie di comunicazione politica sdoganando il ricongiungimento familiare a fini sondaggistici, ma ai tempi della discesa in campo del Cavaliere gli amati volti si limitavano a sorridere nelle cornici d’argento piazzate sulla scrivania); immagini che raccontano storie contemporanee e comuni: non solo i papà non più ragazzi alle prese con pupi e cagnolini apprezzeranno, ma anche i molti neo-disoccupati che ora di lavoro fanno i mammi e vanno al parco, sia pure in attesa di svoltare come Cofferati (ah, il sollievo di sfilarsi il marsupio e tornare al lavoro).
Che i cari frugoletti giochino una partita sempre più essenziale nella carriera dell’uomo politico, d’altronde, è risaputo: a imitare la celebre foto di John Kennedy alla Casa Bianca, quella in cui John-John gioca sotto la scrivania, ci hanno provato tutti, da D’Alema a Sarkozy; l’esibizione compulsiva delle piccine di Barack Obama ha fornito nuovi spunti agli strateghi nostrani; i bambini sono l’ultimo must have dello star-system e sono le nuove first-lady in politica, presenze più stabili e infinitamente più seducenti. Soprattutto per loro, ormai, il paparazzo s’apposta o viene convocato. Dei figli di secondo letto dei leader italiani sappiamo tutto, la prima uscita in passeggino e la prima cotta, quale costume a carnevale, che copertina per il battesimo, su cosa sono inciampati all’esame di maturità. Di quelli di primo letto, invecchiati nelle foto incorniciate alle spalle di papà, quasi nulla. I tempi erano dunque maturi: a piazzare i bambini (propri) sui manifesti elettorali qualcuno doveva pur pensarci e, spiace per i competitors, ci ha pensato Casini. Tutti gli altri si consolino pensando che prima o poi gli irresistibili monelli crescono e le loro piccole-grandi imprese smettono di fare tenerezza al lettore e all’elettore. Tra l’altro è già successo, più volte, anche in Italia.