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 2009  aprile 23 Giovedì calendario

BOCCONIANI ALLO SBANDO


Gli economisti della Voce.info guidati dal bocconiano Tito Boeri insistono. Per loro gli italiani dovranno per forza pagare una Bossi-tax da 400 milioni di euro grazie al mancato accorpamento di referendum ed elezioni europee. Cifra trovata in modo assai fantasioso tre mesi fa e difesa con le unghie nonostante ogni evidenza contraria. In una lettera a La Stampa per replicare a ItaliaOggi l’intera redazione della Voce ammette di avere fatto il calcolo sui 400 milioni senza sapere la data del referendum. Si basavano sulle scuole ancora aperte, e invece sono chiuse. Hanno sbagliato, capita. Ma non si correggono. Hanno detto 400, e 400 restano. E allora noi rilanciamo. E dimostriamo che l’unica differenza calcolabile ammonta a 26,7 milioni... Dunque gli augusti economisti ci avevano spiegato quei 400 milioni di maggiore costo dei referendum tenuti in solitaria grazie a 200 milioni di costi diretti e 200 milioni di costi indiretti. Fra i costi diretti i bocconiani della Voce hanno inserito 115 milioni di costi fissi per la stampa e il trasporto delle schede elettorali. Chiaro a tutti che accorpando le elezioni le schede non si stampano da sole: il loro costo è identico che si voti in una due o tre domeniche diverse, ed è indipendente da chi si reca alle urne. Il resto è dovuto alle indennità per presidenti di seggio, scrutatori e segretari, oltre al pagamento delle forze di polizia che devono garantire la sicurezza ai seggi. Ragionamento della Voce: se si vota in un solo turno, la spesa si dimezza. Falso. Perchè per fare i calcoli bisognerebbe conoscere le norme. Un presidente di seggio prende 150 euro per un’elezione normale e 37 euro per ogni scheda in più oltre la prima da scrutinare. Uno scrutatore o un segretario di sezione prendono 120 euro di base più 25 euro per ogni scheda in più. Così in tutte le elezioni. Salvo che con il referendum, perché lo spoglio è più semplice, e si è pagati di meno: 130 euro il presidente di seggio e 104 euro scrutatori e segretari di sezione. Altra differenza: in tutte le elezioni i seggi tradizionali hanno un presidente, quattro scrutatori e un segretario. Per il referendum è previsto uno scrutatore in meno. In cifre: se si votasse solo per europee e amministrative, si spenderebbe per il personale ai seggi 55,8 milioni. Si votasse solo per il referendum si spenderebbe 33,4 milioni di euro. Se ci fosse l’election day per europee, referendum e amministrative si spenderebbero 65,7 milioni di euro. La differenza dunque fra un’ipotesi e l’altra è di 23,5 milioni di euro. Poi c’è il costo delle forze di polizia. Nell’election day ci sarebbero più schede da scrutinare, quindi la loro vigilanza sarebbe richiesta un giorno in più, il martedì. Quattro giorni in tutto. In caso di referendum separato i giorni di lavoro sarebbero invece sei, il 50 per cento in più. A tutti loro è concessa solo una speciale indennità quotidiana di 26 euro. Sono 60.954. In caso di accorpamento costerebbero 6,3 milioni. Con il referendum tenuto un’altra domenica 9,5 milioni di euro. La differenza è di 3,1 milioni. Fra vigilanza, presidenti di seggio e scrutatori quindi accorpando il referendum alle europee si risparmierebbero solo 26,6 milioni. Poi ci sono altri costi amministrativi, gli straordinari pagati nei comuni e nei ministeri per le operazioni elettorali (la Voce li calcola in 13,4 milioni) e il costo delle strutture di voto e organizzazione dell’apparato (sempre da loro calcolato in 7,2 milioni). Prendiamoli per buoni: non arriviamo a 50 milioni di differenza, altro che 200. Ne restano altri 200 di costi ”indiretti”. Ed è qui che la straordinaria fantasia dei bocconiani de la Voce si scatena. Il grosso della somma, 127 milioni, sarebbe il costo della mezz’ora in più che ciascuno di noi spreca per andare al seggio due volte invece che una. Il tempo è denaro, e quella mezz’ora vale 3,15 euro per italiano. Costa allo Stato? No. Costerebbe ai privati. Su questo i bocconiani insistono: ”negare che il tempo perso abbia un costo è un non-senso”. Allora facciamo una prova: avete perso 3,15 euro dalle tasche andando a votare? E chi di voi non è andato a votare, si è trovato più ricco di 3,15 euro? Mi sembra solo una sciocchezza. Ma provo a seguire la loro fantasia: se in una sola domenica andando a votare gli italiani spendono 127 milioni di euro in più, ne beneficerebbe l’economia in generale, con il pil in crescita. Non siate tristi, quindi, bocconiani: in un periodo così ci sarebbe solo da festeggiare!