Varie, 23 aprile 2009
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Abirached Zeina
• Beirut (Libano) 18 gennaio 1981. Autrice di fumetti • «[...] nata a Beirut [...] in piena guerra civile libanese [...] infanzia in una casa sulla linea di demarcazione che divideva la città in due, tra la zona est controllata dai miliziani cristiani e il settore ovest in mano ai musulmani. ”Mia nonna [...] abitava a pochi isolati di distanza. Ma era dall’altra parte: andarci era come partire per un altro continente. Ogni finestra, ogni strada era sotto il tiro dei cecchini. Per proteggersi c’erano muri di sacchi di sabbia, bidoni e container. I negozi con la scritta ”aperto’ erano circondati da barriere di mattoni e filo spinato. E ogni giorno dal cielo piovevano bombe e colpi di mortaio. Vivevamo rinchiusi. Uscire di casa, per una visita o per lo stretto necessario, non significava camminare ma correre, strisciare lungo i muri, aspettare il momento giusto, accucciarsi, saltare, di nuovo correre. Era la nostra pericolosa coreografia quotidiana”. Sono cose che non si dimenticano. Zeina Abirached, che oggi [...] vive a Parigi ed è un’autrice di fumetti, le ha ricordate e raccontate in una graphic novel delicato e intenso: Il gioco delle rondini: morire, partire, tornare [...] In Francia l’hanno subito ribattezzata ”la nuova Marjane Satrapi”: stesso disegno in bianco e nero dell’autrice iraniana di Persepolis, stesso segno nitido e geometrico senza profondità, stesso sguardo di una donna mediorientale sull’assurdità delle guerre e dei conflitti di religione. ”Ma in realtà siamo molto diverse. vero, entrambe usiamo l’autobiografia come cronaca. Lei però ha narrato anni di storia del suo Paese, io invece ho preferito stringere al massimo l’inquadratura. Nel mio libro racconto una sola sera del 1984, nel nostro appartamento al primo piano di rue Youssef Semaani. Io e mio fratello aspettavamo i nostri genitori, che erano andati a trovare la nonna e tardavano a tornare. Fuori era in corso un violento bombardamento. In casa con noi, poco alla volta, arrivarono i vicini del condominio. Tutti riuniti nell’ingresso senza finestre, che era considerato la stanza più sicura”. Non ci sono reportage o resoconti storici e geo-politici sul Libano, in questo libro, ma la quotidianità della guerra vissuta dalla gente. Si vedono solo civili in una stanza. ”Per me bambina, che non avevo mai visto il mio Paese in tempo di pace, la guerra era la normalità. Tutti avevamo paura, ma ciascun gesto quotidiano diventava un atto di resistenza. Procurarsi l’acqua per lavarsi e innaffiare le piante, trovare la benzina che scarseggiava. Bere insieme un whisky – un rito giornaliero per i miei vicini – senza ghiaccio, perché la corrente elettrica saltava. Aspettare ore per prendere la linea al telefono. C’era una straordinaria solidarietà reciproca, tra noi intrappolati, sparita dopo la fine della guerra”. [...] Quando la guerra civile è finita, Zeina aveva dieci anni. A 24 se ne è andata a Parigi. ”Per studiare arti e animazione ma anche per prendere le distanze da quello che avevo vissuto. Questa lontananza geografica ed emotiva mi ha permesso di raccontare la Beirut dell’epoca. Ho scelto i fumetti anche perché volevo disegnare la memoria della città com’era: dopo quel conflitto i libanesi si sono fatti prendere da una sorta di volontaria amnesia collettiva, e in interi quartieri sono state cancellate tutte le tracce della guerra. Su un muro un certo Florian – non ho mai saputo chi fosse – aveva scritto: ”Morire, partire, tornare è il gioco delle rondini’. Ne ho fatto il titolo del libro. In quella frase c’è il destino del mio popolo, continuamente costretto a migrare per le guerre. Scrivo e disegno per non dimenticarlo”» (Luca Balzazzi, ”l’Unità” 23/4/2009).