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 2009  aprile 23 Giovedì calendario

AGNESE CODIGNOLA PER L’ESPRESSO 23 APRILE 2009

Lui, quel malato molto speciale Un parente del Prozac contro l’eiaculazione precoce. La famiglia del Viagra contro la prostatite. Poi laser e ormoni. Un fiume di nuove terapie: per battere le patologie del sesso maschile. Ecco come

Quando un maschio italiano va dal medico di famiglia, una volta su due lo fa per risolvere un disturbo urologico: piccoli malanni che si risolvono con un antibiotico, come disagi profondi che affliggono la sfera sessuale o malattie molto serie, a volte mortali.
Migliaia di italiani vanno prima dal medico e poi dall’urologo a tutte le età, per curare un calcolo ma anche un tumore, per contrastare l’incontinenza o la prostatite, per ritrovare il desiderio perduto o curare l’eiaculazione precoce. Male ingannevole, quest’ultimo, raramente riconosciuto da chi ne soffre, e sono tanti: una quota che va dal 20 al 30 per cento degli italiani tra i 18 e i 55 anni.
Un disturbo che il più delle volte non viene identificato come tale, ma risulta sempre in un’insoddisfazione di coppia dai risvolti e dalle conseguenze anche gravi. Per questi uomini è la notizia che tiene banco in questi giorni tra gli urologi: un farmaco che è appena stato introdotto in Svezia e Finlandia e che dovrebbe arrivare in Italia nell’arco di qualche settimana, la dapoxetina, prima molecola approvata dall’Emea (l’ente europeo di controllo su farmaci) per la cura dell’eiaculazione precoce.
Francesco Montorsi è ordinario di urologia e responsabile della ricerca del Dipartimento di urologia del San Raffaele, che si candida a diventare un punto di riferimento nazionale per le malattie urologiche e un centro di ricerca che finanzia anche attraverso la Fondazione Aretè, e ha partecipato alla sperimentazione del farmaco: "L’eiaculazione precoce è un disturbo diffusissimo, che colpisce un uomo su cinque al di sotto dei 60 anni e che può pregiudicare la serenità della vita di coppia. Fino a oggi non c’era alcun farmaco, ma una grande sperimentazione internazionale su 7 mila uomini (quasi 2 mila dei quali in Italia) ha dimostrato che la dapoxetina, una molecola della stessa categoria della fluoxetina (meglio nota come Prozac, cioè un un inibitore della ricaptazione della serotonina), funziona, e riesce a triplicare il tempo di tenuta, che passa da 1-2 a 3-6 minuti".
Il farmaco, poi, aumenta molto la sensazione di controllo sull’eiaculazione, e attenua così lo stress legato al disturbo. Gli urologi, del resto, si erano già accorti da tempo di questo effetto inatteso di questi farmaci, e avevano iniziato a usare il Prozac e i suoi simili in basso dosaggio, con risultati empirici definiti molto soddisfacenti, al punto che la pratica, in attesa della dapoxetina, è tuttora diffusa.
Ma i disturbi dell’eiaculazione sono spesso legati a doppio filo a un’altra malattia diffusissima, soprattutto dopo una certa età: l’ingrossamento della prostata, per il quale ci sono novità interessanti ancora una volta provenienti da una classe di medicinali molto nota, quella del sildenafil o Viagra. Spiega ancora Montorsi: "La famiglia degli inibitori della fosfodiestersai comprende tre molecole principali: il sildenafil (Viagra), il vardenafil (levitra) e il tadalafil (cialis); quest’ultimo, a differenza degli altri, ha un’azione diretta sulle cellule dei muscoli lisci della prostata e del collo della vescica e rimane a lungo nell’organismo, circa 37 ore.
Grazie a queste caratteristiche, e se viene dato in bassi dosaggi (5 milligrammi anziché 20) e in modo continuativo, riduce in maniera molto efficace i sintomi infiammatori dell’ipertrofia prostatica quali, per esempio, la necessità di urinare di notte. Oltre a ciò, ci sono prove ormai convincenti che questa modalità di assunzione serva anche a curare l’impotenza spesso associata all’ipertrofia, con maggiore soddisfazione dei pazienti, che non devono assumerlo quando ce n’è bisogno, ma per i quali diventa una terapia quotidiana".
Il tadalafil potrebbe dunque aggiungersi presto agli altri farmaci usati oggi per tenere sotto controllo i sintomi dell’ipertrofia prostatica, ossia gli inibitori dell’alfa-5-reduttasi, attivi anch’essi sui sintomi, nonché essere impiegato in modo diverso da quanto previsto oggi per l’impotenza, e cioè non al momento del rapporto ma in modo cronico. E le novità non finiscono qui: entrambe le terapie, che agiscono solo sui sintomi, potrebbero infatti essere presto affiancate - quando non sostituite - dal dutasteride, un farmaco che, come il suo parente più famoso finasteride, inibisce la trasformazione del testosterone e riesce a ridurre il volume della prostata del 20-30 per cento, nonché a dimezzare il valore di antigene prostatico specifico (Psa).
E ancora: la Bioxell, azienda biotech italo-svizzera, ha concluso una sperimentazione dell’elocalcitolo, un derivato della vitamina D che ha dato buoni risultati proprio nell’ipertrofia prostatica e che è al momento in studio anche per la vescica iperattiva e per l’infertilità maschile.
L’ipertrofia prostatica si risolve il più delle volte per via chirurgica: il laser a holmio sta ormai sostituendo le tecniche chirurgiche tradizionali, sia mininvasive che a cielo aperto, perché assicura lo stesso effetto sul volume della prostata con alcuni vantaggi che vanno dalla diminuzione del periodo nel quale si deve tenere il caterere al minore sanguinamento fino alla pressoché totale assenza di dolore.
In attesa che il laser diventi routine, comunque, la Turp, cioè la Transuretral Resection of the Prostate, una delle modalità chirurgiche mininvasive più praticate, regge alla prova del tempo: secondo uno studio pubblicato nei mesi scorsi su ’Urology’ e condotto su quasi 300 operati, consente di mantenere la potenza sessuale virtualmente per tutta la durata della vita; i pazienti sono stati seguiti per 12 anni e non hanno avuto conseguenze negative.
Quando invece si verificano danni alla funzione erettile, sempre più rari grazie alle tecniche che non toccano i nervi, cosiddette nerve-sparing, è importante ricordare che possono non essere definitivi. Spiega infatti Montorsi: "Nel nostro come in altri centri sono attivi veri e propri protocolli per la riabilitazione sessuale. Per prima cosa bisogna che l’uomo e la coppia sappiano che l’impotenza o la difficoltà possono essere temporanei e si pongano in un atteggiamento di non passività, se necessario con l’aiuto di uno psicologo.
Poi, nel tempo, con il giusto mix di terapia comportamentale, farmaci quando necessario e allenamento - non dimentichiamo che stiamo parlando di muscoli - si riesce a recuperare una vita sessuale piena e soddisfacente in percentuali molto elevate di pazienti, che arrivano anche a superare l’80 per cento degli operati negli uomini con meno di 60 anni".
L’impotenza che invece non deriva da un intervento, ricorda ancora Montorsi, e per la quale sono allo studio anche farmaci diversi dal Viagra e i suoi fratelli, non deve essere comunque mai trascurata, perché può essere la prima avvisaglia di una patologia cardiaca, come hanno scoperto, tra gli altri, gli urologi del San Raffaele: è bene dunque rivolgersi a uno specialista per migliorare la propria vita di coppia, ma anche per verificare quali sono le vere cause del disturbo.
Ma un intervento, un trauma, o semplicemente il passare degli anni possono lasciare un altro segno tanto diffuso quanto trascurato: l’iperattività della vescica, che spesso diventa vera e propria incontinenza. Secondo un grande studio presentato al recente congresso europeo di urologia di Stoccolma in Europa e in Italia ne soffre il 17 per cento delle persone con più di 40 anni, ma spesso chi ne è vittima fa passare anche più di un anno prima di recarsi da un urologo.
Eppure le soluzioni non mancano: dà buoni risultati la riabilitazione perineale, così come possono risultare efficaci farmaci tra i quali il trospio, l’ossibutinina, la tolterodina, mentre in casi rari si può addirittura posizionare un pacemaker nel retto, per controllare meglio il nervo che presiede alla funzione vescicale. Ma, come riferito a Stoccolma dai ricercatori dell’Università di Zurigo, c’è anche un’altra possibile terapia: quella a base di tossina botulinica.
Nello studio presentato al congresso 220 persone che non rispondevano ai farmaci sono state trattate con un’iniezione di botox nella parete vescicale; alla fine, l’86 per cento ha avuto un miglioramento significativo e durevole ed è passato da 15 a 7 minzioni giornaliere. L’iniezione è stata ripetuta dopo più di un anno e solo 17 pazienti hanno avuto bisogno di un terzo trattamento.
Infine, ci sono novità importanti anche per quanto riguarda la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale: gli infettivologi dell’Università di Washington hanno appena pubblicato, sul ’New England Journal of Medicine’, i risultati di una sperimentazione effettuata in Uganda nell’ambito di un programa di prevenzione dell’Aids nella quale oltre 3.300 bambini sono stati circoncisi. L’intervento, oltre a ridurre del 60 per cento il rischio di contrarre l’Hiv, abbatte quello di infettarsi con il papillomavirus (responsabile di tumori e condilomi) del 35 per cento, e con gli herpesvirus genitali del 28 per cento, mentre non sembra efficace contro la sifilide.
Come sottolineato dagli autori, non è chiaro come mai l’intervento contrasti queste infezioni, ma forse l’effetto dipende dal fatto che la cute rimossa è quella più vulnerabile all’attacco degli agenti patogeni. Nel mondo è circonciso un uomo su tre; l’American Academy of Pediatrics finora ha ritenuto di non dover raccomandare la circoncisione, ma ha annunciato di essere in una fase di ripensamento, dal momento che nel paese ogni anno ci sono almeno 2.800 casi di herpes genitale trasmesso dalle madri ai figli, con gravi rischi di disabilità e perfino di morte del neonato.